ABBORRACCIARE

 

                                                                          

 

Da quando stai con questo Circolo, Pancra, hai sempre la testa tra le nuvole, non fai altro che cercare nuovi termini strani e ti accanisci a dargli un significato che magari neanche ce l’hanno, disse Giulia.

Forse ti tracuro? Domandò Pancrazio, guardando la moglie negli occhi.

Non dico questo, è soltanto che una volta parlavamo di tante cose, mentre ora…

E questo cosa sarebbe? Si inserì Evelina, di passaggio, Un letto di giustizia? Come diceva Sterne nel Tristam.

Ecco la nostra acculturata, l’accolse il padre con un sorriso. Erano effettivamente a letto, con le coperte piuttosto scompigliate. Vediamo se sai il significato del verbo abborracciare da cui viene il termine abborracciato. Forse ha a che fare con la borraccia, un uomo con la borraccia, chessò, che rassomiglia  ad una borraccia?     

Ma che dici, come può un uomo rassomigliare ad una borraccia?

Perché non ci sono uomini che sembrano damigiane? Donne con le gambe a fiaschetto?

Sì, ma che vuol dire…

Vuol dire che non lo sai, saputella. Allora sappi che se qualcuno ti dice che sei abborracciata, non devi offenderti; non è un insulto, significa soltanto che ti sei vestita con troppa fretta.

Era successo che il giorno prima, arrivando al Bar dell’Olmo, come tutte le mattine, Maurizio lo aveva apostrofato in un modo strano che non gli era piaciuto. Apostrofato? Così si era espresso lo stesso Maurizio, ma lui, Pancrazio, di apostrofi non aveva avuto alcun sentore.

La scena gli ronzava ancora nel cervello, anche se si era convinto che nei "verbi non c’era l’insulto" (quante volte Maurizio l’aveva ripetuto, ma in latino). 

Pancrazio, dove te ne vai, così tutto bello abborracciato, che sembri Totò e Peppino a Milano? Ve li ricordate sì? Aveva detto, rivolto agli altri, Vestiti da esquimesi che chiedevano al pizzardone l’indirizzo della via per andare là dove dovevano andare? Al manicomio forse? Aveva chiesto il vigile.

Perché tu non ti sei visto, vestito da Milanese? Aveva avuto la prontezza di ribattere Pancrazio, facendo intendere che ricordava bene la scena del film evocata dall’amico.

 

                   Borracce - UsArmy1944 Militaria Americana Seconda Guerra Mondiale

Pancrazio aveva poca voglia di scherzare. Aveva avuto una discussione con Giulia, prima di uscire, e per la verità si era vestito piuttosto distrattamente ed uscito di fretta, senza fare caso a quello che indossava, per non sentirla più. D’altro canto, non è che di solito vestisse in modo propriamente elegante, specie per quanto riguardava l’abbinamento dei colori, per cui aveva quasi sempre un aspetto raffazzonato, anche se non proprio disordinato, solo un pochino bohemien.

L’abborracciamento non gli era piaciuto, però, per cui protestò subito: Ora o mi spieghi cosa volevi dire con quel termine oppure mi vedrai molto incazzato.

Sorridendo divertito, Maurizio si accinse all’opera, calcando un po’ sulle righe allo scopo di far capire che stava mettendo su un teatrino che aveva lo scopo di solleticare le aspirazioni letterarie dell’amico.   

Due parole si contendono l’origine di questo verbo, dotato di una corposità particolare, borra e borraccia. Si chiama borra un tessuto fatto di una lana grossa, o di cascami di lana e pelo animale in genere. La parola borraccia invece ha un doppio significato, a seconda che venga usata come dispregiativo di borra, con il significato di un tessuto eccezionalmente grossolano, o come parola non modificata, con la quale si indica un oggetto che si usa nel campo dello sport e del corredo militare, come contenitore di liquidi, di solito   dotato di alcuni accorgimenti atti a conservare la temperatura del liquido contenuto.

Gli usi più comuni della borraccia vanno dal portare acqua fresca da bere in montagna, durante un’escursione, o il caffè caldo, sul posto di lavoro per la pausa pranzo. In quest’ultimo caso, al posto della borraccia compariva più facilmente un thermos. Di solito la fiaschetta era fatta di alluminio, ma in tempi più vicini a noi (e meno all’ambiente), il sano metallo ha dovuto cedere il passo alla plastica, con effetti deleteri per via della cattiva abitudine dell’usa e getta. La vecchia borraccia, appesa alla cintola per mezzo di un moschettone, era, di solito, rivestita con una sacca di stoffa, che veniva bagnata al momento della partenza, al fine accennato di conservare la temperatura desiderata, del liquido contenuto. Questo tipo di stoffa, in genere di lana, anche piuttosto grezza, poteva benissimo rientrare nel novero di quelle genericamente denominate borra. E il cerchio si chiude.

Dì, e io che c’entro con una borraccia? O forse ti sembra di vedere una borraccia, guardando me? Proruppe Pancrazio.

No, se mi lasci dire, debbo solo aggiungere, che le parole, come tu ben sai, subiscono nel tempo degli scivolamenti semantici, o meglio degli ampliamenti di senso, per cui l’originario significato di esse, si trasferisce su un terreno diciamo così fittizio, metaforico e…

Quello che prima era bianco, diventa nero? Interloquì Pancrazio sempre più nervoso. La vuoi piantare con il tuo spettacolino e dirci, cosa ci devi fare con ‘sta borraccia? Cioè cosa significa abborracciare, che io non avevo inteso finora, mai? Chiese Pancrazio, al quale parlare in questo modo, mentre l’oratore svolgeva la sua bella prolusione, non sembrava né disdicevole, né una mancanza di riguardo, né una scortesia, ma un suo sacrosanto diritto.

Abborracciare, caro Pancrazio, venendo probabilmente da Borra e non da borraccia, secondo te, cosa potrebbe significare? Una cosa fatta bene, o una cosa fatta male? Rifletti…

Tu dici da borra; a me ‘sta borra, non mi piace affatto e io sarei per la borraccia. Mi ricordo di quando ero militare. Il sergente ci ordinava di fare marce di 50 chilometri affardellati come avessimo dovuto conquistare quota 1000 e la gavetta e la borraccia non mancavano mai. Ora a me sembra che abborracciati sia un altro modo di dire affardellati. Solo un pochino più bellino, perché, in fin dei conti, riguardava la parte più piacevole della marcia. Io quando potevo, in campagna, in occasione di una “visita” ai casolari, mi facevo riempire la borraccia di vino e la gavetta di polenta, poi mi facevo trovare al ripasso. Il fardello che dovevamo portare per affardellarci, era composto da coperte, pezze, bende, vanga e piccozza e là c’era poco da scherzare.

Abborracciare non vuol dire né polenta, né vino; ma nemmeno piccozza e vanga. Proprio perché viene da borra, che vuol dire una cosa grezza, grossolana e cucita male, significa cosa preparata in fretta, alla meno peggio.

Se mi lasciavi finire, avresti appreso che abborracciare non è affatto un brutto verbo, riservato al peggio della vita ma può riguardare anche cose alte e nobili.

Tu, per esempio, sere fa, hai abborracciato un discorso sul progresso che è piaciuto a molti. Oggi ti sei abborracciato vestendoti ed hai un pizzo della camicia che ti fuoriesce dai pantaloni e un calzino rosso e l’altro blu.

E’ un po’ come raffazzonare che vuol dire aggiustare alla meglio, che oggi come oggi, significa alla meno peggio, mentre all’origine “alla meglio” aveva un altro significato, e cioè proprio cosa fatta nel modo migliore, comunque con cura.

Maurì, non ti offendere, ma oggi mi hai affardellato l’animo, come quel sergente…

Affardellare, Pancrazio, significa appesantire, perché il fardello che si porta sulle spalle, metti per esempio e qui la voce di Maurizio assunse toni marcatamente melodrammatici, per continuare la farsa, quello della vita che ognuno di noi si porta addosso, è pesante; ma vuol dire anche mettere ordinatamente le cose da portare, distribuendone il peso in modo da rendere più agevole il trasporto.

Allora, Evelina, intesi, oggi quando esci, non ti affardell…no, che dico? non ti raffazzon…, no mannaggia, non ti accappottare, non ti squinternare, non ti accovacciare e sei a posto.

Abborracciare, pà!!!

Ci provassero, gli spacco il muso.   

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