INGHIPPO IMPACCIO IMPICCIO

 

                                                        

Tre belle parole, argomentava tra sé e sé Pancrazio in quell’ora meridiana in cui era rimasto solo nella sala del circolo, mentre l’unico rumore che accompagnava, senza peraltro, arrecare disturbo ai suoi pensieri, era dato dagli acciottolii provenienti dal bar, dove Sebastiano e Silvana si erano ritrovati occasionalmente insieme dietro al bancone, a sciorinare i panni in Arno. La metafora era nata inaspettatamente nella mente di Pancrazio, dopo che aveva sentito dall’altra parte della parete, una momentanea sospensione del lavoro di lavaggio delle stoviglie, cui aveva fatto seguito un parlottare concitato e un trapestio, di passi affrettati subito cessato e conseguenti risolini trattenuti e respiri affannosi.

 

                                                

                                              Paperino e il losco inghippo della mappa | PaperPedia Wiki | Fandom

 

Beata gioventù, fu il commento mentale dell’uomo nell’ombra, che in quel momento si sentiva molto saggio e anziano. Fu tentato di fare cucù nell’altra stanza e sorprenderli, così, tanto per ridere, ma poi si vergognò di averlo pensato e, temendo che anche i suoi pensieri potessero essere intesi dai due focosi amanti, decise di sedere – piano, per carità – ed attendere che la bufera passasse.    

Inghippo, impaccio, impiccio, seguitavano a mulinare entro la sua testa ed egli si chiedeva se la coincidenza non fosse figlia del caso, ma invece uno strumento programmato per ottenere determinati risultati.

Certo Maurizio avrebbe saputo argomentare meglio la casualità del fatto, ma nemmeno di lui stesso, a suo modesto parere, vi sarebbe stato motivo di lamentarsi, se dal fortuito accostamento delle tre parole fatidiche, alla situazione che stava vivendo, trattenuto, non senza imbarazzo nella sala conferenze dalle espansioni amorose di Sebastiano e di Silvana –buoni amici per carità, ma un po’ di discrezione, che diamine… - potesse nascere qualcosa di utile per la comunità, visto che loro, gli aderenti al circolo, erano lì per apprendere i diversi modi di uso delle parole della lingua madre.

Per essere un inghippo, era un inghippo. Un uomo come lui costretto a nascondersi per non imbarazzare i due pronubi, ci poteva essere ingorgo peggiore? Una volta poi che si fosse aperta la porta, lui scambiato per un guardone!? avrebbe dovuto uccidere qualcuno, per riabilitarsi!

Ma anche vista dall’altra parte, la cosa non era bella. Con quale impaccio, i due avrebbero affrontato il giudizio di Pancrazio? Non che a lui gliene fregasse niente, ma a loro, sì! Quello era un impiccio che non ci sarebbe voluto, né per l’uno, né per gli altri.

A Pancrà, adesso non cominciamo ad esagerare! Pensò in fin dei conti Pancrazio. Era seduto al tavolo e guardava nel vuoto, con un vago sorriso compiacente. Però, quanta strada! Non era stata una cattiva idea quella di scegliere la cultura, con tutte le sue lungaggini e quei discorsi astrusi, invece del non far niente. Non era stato facile, ma ora che si sentiva colto era soddisfatto:

Vorrei vedere chi può capire la sottile differenza che passa tra tre parole come quelle che ho usato io così appropriatamente. Nel circolo, Maurizio, forse. Degli altri nessuno. Aspetta, Chiara senz’altro, ma da quanto tempo non viene più da noi, Chiara? Maurizio che fa la notte? Dorme? A guardarlo non sembrerebbe, pare un morto di sonno, ma che ne possiamo sapere noi? Se mi ricordo le faccio una telefonata, con la scusa di chiederle se sa dove si trova la chiave del cassetto di questa scrivania. A proposito, se la troviamo la terrò per me, voglio un posto dove mettere le mie cose.

D’impulso si alzò e in un attimo fu alla porta. Comicamente bussò, poi aprì.

Avete finito? chiese prima di entrare e vedere come andassero colà le cose.

Ci sono ancora unna cinquantina di tazzine da lavare ed sciugare. Rispose Sebastiano senza scomporsi da dietro al bancone, Ti trattieni? Potresti darci una mano. Io e Silvana dovremmo andare a casa per un pò. Silvana non si sente tanto bene e allora l’accompagno a mettersi a letto.

Se devi andare via prima che torniamo, chiudi pure e metti la chiave dove sai. Non dimenticare di esporre il cartello Torno subito. Grazie.

Andiamo, Silvana, che Pancrazio è così gentile che ci dà il cambio.

Solo in quel momento Silvana face capolino dietro al bancone, alzandosi. Aveva l’abito un po’ stropicciato, i capelli in disordine e le gote chiazzate di rosso.

Ma tu hai la febbre, figlia mia, disse Pancrazio, mi raccomando, curati bene.

Non ti preoccupare, disse, non richiesto Sebastiano. Penserò io a farla stare bene.

Uscirono di corsa, ma non sembravano avere alcuna malattia.       

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