CAMUSO

 

                                                                                  

 

Non fu difficile individuare Aristo, pistolero di mezza tacca, che si aggirava ai margini del web, con la fama di tiratore infallibile, campicchiando con piccoli incarichi di killeraggio da parte di internauti di pochi scrupoli, in attesa del colpo buono per passare ad una vita più dignitosa. Un piccolo ranch-sito tutto suo, facilmente raggiungibile, pochi capi files ma buoni, una donna e tanti figli. Parola chiave Morde più il padrone e sotto la figura del cane.

Aveva scoperto da poco la passione per Aristotele, donde il nome affibbiatogli dagli amici per beffa, per via di un benedett’uomo di nome Walter, quello sì, gran filosofo con le palle, il quale non faceva che alimentare le sue brame di facile conoscenza, parlandogliene così familiarmente, che a lui sembrava di averlo sempre conosciuto (Aristotele).  Già con quella distinzione tra filosofia prima e filosofia pratica, quel filosofo (Aristotele), se lo era conquistato totalmente, tanto coincideva con il suo (di Aristo) modo di vedere il mondo e le cose che in esso avvengono.

Sotterrata la pistola (Glenn Ford, “La Pistola Sepolta”) , il povero Aristo aveva pensato di poter realizzare il suo sogno con un ultimo colpo, quello ai danni dello Zibaldino, commissionatogli dalla combriccola di Licius e Rimiratore, passando per tutti gli altri eteronimi da essi assunti, perché pensava che se fosse riuscito con un’ OPA, ad acquisire per quel gruppo la titolarità del circolo, a lui sarebbero venuti bei soldi da investire in e-coin e fare così la sua fortuna.

Non sapeva, il meschino, contro chi avrebbe dovuto combattere, ma se ne accorse alla sua prima mossa. L’appuntato Cajola, ormai schierato apertamente con la controparte da lui (Aristo) rappresentata, seguendo la pista della Loggia Segreta dei Maestri Muratori, da lui condotta contro i complottisti di tutte le risme, aveva individuato due personaggi che la sera, di loggia in loggia passeggiavano disquisendo, di Aristotele ed altri filosofi, ma sarebbe apparso chiaro anche a bambini di due anni, che essi stavano tramavano, usando nomi di filosofi, per coprire quelli di ben altri accoliti, facenti parte, a vario titolo, della congiura.    

Aveva notato che i due, dopo avere parlato a lungo tra loro, abbassando la voce ogni volta che passavano vicino a lui, che era appostato in un angolo poco illuminato del portico, per non farsi notare, fingendo di leggere un giornale, con una spalla appoggiata ad una colonna, ad un tratto sparivano per entrare non visti, in un portone che dopo il loro passaggio, subito si richiudeva.

Avvicinatosi, Cajola notò che l’elenco delle targhette con i nomi di coloro che vi abitavano, o lavoravano, al centro aveva un vuoto. Un appartamento dunque era vacante, oppure i titolari di esso non ci tenevano a far sapere chi aveva colà un rifugio.                                  

                                  

                          Cavalluccio marino camuso - Biologia marina del Mediterraneo

                                                                  Cavalluccio marino camuso

 

Non mi chiamassi Cajola cercherei un mandato di perquisizione al Procuratore, ma qui bisogna agire di astuzia e passare sopra a certe formalità. D’altro canto, chi potrà criticare l’operato di un vincente, una volta ottenuto il successo dell’azione?

Dunque decise di fare un accesso non autorizzato nell’appartamento che immaginava vuoto, ed attendere che i due, come facevano ogni sera, dopo la passeggiata, si recassero nel covo per studiare i loro piani criminosi ed ivi sorprenderli in flagrante.   

Mediante l’uso di un passepartout che gli aveva regalato tempo addietro un ladro di appartamenti, per aver chiuso un occhio su un furto di poco conto, non gli fu difficile entrare nel portone che aveva tenuto d’occhio per lungo tempo e salendo lungo la scalinata, individuare ed aprire la porta accanto alla quale mancava l’indicazione del nome degli occupanti. 

Con la pistola tenuta con entrambe le mani, come aveva visto fare dai detective dei film americani, puntò al buio prima a destra, poi a sinistra, quindi accese la luce ed iniziò l’esplorazione del covo. Deserto: l’appartamento, modestamente ammobiliato, sembrava disabitato da molto tempo, polvere dappertutto e nessuna traccia. I soliti trucchi; in ogni modo si convinse che aveva a che fare con professionisti del crimine.

Spense tutte le luci e si appostò in un bagno, dentro una doccia. Qui debbono per forza entrare, si disse fra sé. Si mise comodo, seduto sul piatto-doccia, disposto ad affrontare un’attesa anche lunga, ma sicuramente fruttuosa. Ben presto si addormentò.

Santissimo cielo, si sono aperte le cataratte del Nilo!!! La pioggia a dirotto che scendeva dall’alto lo soffocava ed egli temette di morire affogato.

Cosa fai tu qui dentro? si sentì apostrofare, senza poter vedere anima viva.

Schermandosi gli occhi con un braccio, alfine vide attraverso il vetro, un volto di uomo; di uomo? Il diavolo sembrava, in persona ed egli temette per la sua anima. Aveva la testa di una capra, la voce blesa, occhi spenti, un naso lungo e schiacciato con orribili narici rossastre, lunghi peli che gli pendevano dal muso, e rideva follemente.

Camuso, cosa c’è da ridere, urlò una voce sgraziata da un’altra parte della casa. Ricordati che se domani qui non è tutto pulito, non ti darò nemmeno un cent.

Dunque, pensò terrorizzato Cajola, hanno deciso di farmi fuori, distruggere il cadavere e fare sparire tutte le tracce. Maledetti assassini! Intanto quello che era stato chiamato Camuso, si era deciso a chiudere l’acqua della doccia e il policeman poté respirare.

Ti dichiaro in arresto, disse subito appena poté e fece per estrarre la pistola, che però, con gli abiti bagnati appiccicati addosso, faceva resistenza ad uscire dalla fondina sottoascellare. Finì col rinunciare, mentre cercava di alzarsi dal piatto doccia sdrucciolevole, per uscire da quella trappola.

Camuso, mi senti? Vieni qui!

Aristo non posso, sono in arresto! 

Se vengo lì ti rompo le gambe, così l’arresto te lo dò io.

Aiutami, Aristo, sono prigioniero.

A sentire quel nome,

Aristo, eh? Che ti dicevo? pensò Cajola, appena fuori dalla cabina doccia, ancora tutto grondante d’acqua e coi capelli spiaccicati sulla fronte.

Una volta “arrestato” anche il secondo malvivente, purtroppo a piede libero perché non aveva con sé né catene né manette, il solerte tutore dell’ordine, riunì in un’unica stanza i suoi prigionieri e cominciò un interrogatorio informale di essi.

Riconoscete di essere colpevoli di congiura, tradimento e malaffare contro Maurizio e lo Zibaldino? Fu la prima domanda.

Camuso rispose subito

Sì. Aristo e altri due mi hanno detto di andare a rubare delle carte al Bar dell’Olmo, ma io non l’ho mai fatto. Ho solo portato tre fogli che ho lasciato in un cestino. 

Mi sai dire come si chiamano gli altri due?

Licius e Ruttatore.

Bene, è quello che volevo sentire. Firma qui per conferma e gli porse un foglio in bianco.

Ma non c’è scritto niente?

E che volevi un romanzo? Tu firma, al resto ci penso io.

Camuso, ingenuo firmò. Cajola fu promosso vice-brigadiere…vorrei vedere, pensò l’uomo della strada, fu radiato dai ranghi della Polizia e dovette lasciare il Comando. Aristo, appena libero, fuggì all’estero e nel covo dove aveva abitato negli ultimi tempi, furono trovati numerosi post apocrifi, pronti per essere inseriti fraudolentemente nel blog Lo Zibaldino, che a sua volta fu invitato ad usare maggiore cautela nella programmazione dei post e di fornirsi di una più sicura chiave di accesso.

Tornata la calma dunque al glorioso circolo culturale letterario Lo Zibaldino?

Maurizio, mestamente, da vecchio, ripensandoci,

Il peggio doveva ancora venire! Pensò per la prima volta. E cadde in un sonno pernicioso.

 

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