VECCHIAIA

                                                                                VECCCHIAIA

                                                                   Seguito a “Vecchio Barbogio”

 

Accadde che qualcuno scrisse sui muri

“La vecchiaia vorrà dire in noi, essenzialmente, la fine dello stupore. Perderemo la facoltà sia di stupirci, sia di stupire gli altri. Noi non ci meraviglieremo più di niente, avendo passato la nostra vita a meravigliarci di tutto".

Firmato Natalia Ginzburg.

 

                                                                                                                                                                          

 

       

Chi, quella del Lessico Famigliare? Chiese Uno.

Proprio lei, rispose Secondo, quella che il marito fu preso dai fascisti ed ucciso, si chiamava Leone Ginsburg ed era una persona famosa.

 

Non sapeva che familiare si scrive senza la “g”? domandò Terzino.

 

Sì che lo sapeva, ma se ne fregava. E molti dopo di lei. Ora si può scrivere sia con, sia senza la “g”.

 

E secondo voi è giusto quello che dice?  A parlare stavolta fu Quartetto. Suo, padre appassionato di musica da camera, suonava in un quartetto d’archi, donde il nome dato al figlio.

 

Che c’è di strano, disse questi a proposito del suo nome e in difesa del padre, allora il mio amico non si chiama Maretto, perché il padre ara appassionato di mare e di vela?

 

Allora il tuo amico ringrazi il padre di non averlo chiamato Fiocco o Rando.

 

A me la Ginsburg piace molto, disse Pancrazio (era la prima volta che la sentiva nominare), ma penso che quello che dice in quella frase non rispecchi veramente il suo pensiero.

 

Maurizio, che se ne stava in disparte, perché non voleva farsi coinvolgere in quel chiacchiericcio fatuo, a questo punto, si sentì tirato per le orecchie ad entrare nella conversazione in corso e disse:

 

Io mi chiedo se su un tema così complesso come quello della vecchiaia, sul quale sono stati versati fiumi d’inchiostro, senza mai dire qualcosa di definitivo, da parte di personaggi autorevoli e non, si possa, in base ad una semplice frase, detta in chissà quale occasione, magari parlando a proposito di altri, fondare una teoria attribuibile a chi quella frase ha pronunciato.

 

Pancrazio, che non aveva capito che la tirata era per lui, disse:

 

Maurizio ha ragione. Può darsi che se glielo chiediamo adesso, lei dia tutt’altra risposta.

 

Si a mezzo di una seduta spiritica; dobbiamo invitare quel tale che dice Licius, lo Scacciadiavoli.

 

Ci fu una risata generale. Maurizio richiamò tutti all’ordine, stendendo un velo pietoso sull’accaduto,

 

Amici fate silenzio per favore e torniamo al dunque.

 

Pancrazio, come qualcuno aveva notato, da qualche tempo era diventato sensibile ai discorsi intimistici e quello sulla vecchiaia in particolar modo, visto che erano stati riscontrati segni in lui di un precoce invecchiamento, di animo, se non di corpo.

 

Il richiamo allo stupore, contenuto nella frase scritta sul muro dello Zibaldino,

era forse la cosa, che sentiva Pancrazio entro se stesso? Perché allora se così fosse stato, avrebbe significato che le due cose erano unite. L’appellativo di barbogio sulla bocca del ragazzo e la vecchiaia della Gingburg richiamavano casualmente nello stesso giorno, per lui, entrambi il tema della decadenza.

 Il vecchio barbogio, demente invecchiato precocemente e la vecchiaia che smetteva di sbalordirsi, per essersi tropo sbalordita per tutta la vita, erano la stessa cosa.

 

Ma in lui le due cose non coincidevano. Egli aveva scoperto da poco che lo Spirito che lo portava ad amare la natura, era quello che altri chiamavano capacità di stupirsi. E quindi lui se fosse stato un vecchio barbogio, non avrebbe saputo mai cosa voglia dire, sbalordire, perché non ne avrebbe fatta l’esperienza, né prima la sua diciamo così conversione al tenero, né dopo.

 

Ti prego Maurizio, chiese accorato all’amico, dimmi: secondo te sono vecchio?

 

Come ti  è venuta in mente una simile sciocchezza? Chiese Maurizio.

 

Da tempo sento di non essere più lo stesso. E’ cominciato quando ho preso a frequentare questo maled… benedetto circolo. Ma adesso quella lenza di Pizza mi ha dato del barbogio e poi, quella scrittrice, per chi ha scritto quella frase, proprio oggi, se non per me?

 

Se vuoi saperlo la frase della Ginsburg mi sembra una boutade passeggera. Se vai a chiederglielo ora può darsi che ti mandi all’Inferno, tanto lei di sicuro è in un posto più confortevole di quel penitenziario.

 

Accertato dunque che egli non era un vecchio barbogio e che Pizza aveva parlato a vanvera, ora doveva districare il problema della vecchiaia, che però non lo riguardava, almeno per il momento.

 

Per parlare di vecchiaia, disse allora a Maurizio, bisognava essere vecchio. Altrimenti si possono fare solo supposizioni. E poi bisogna vedere come si sia arrivati alla vecchiaia. Molti ci arrivano alla grande. Altri mesti e delusi, qualcosa non è andato bene o la salute non ha retto. Se manca anche solo una rotellina del cervello, addio, tutto è finito, si può essere sempre sbalorditi, anche di fronte ai fatti più banali, oppure non essere più capaci di commuoversi neanche di fronte alla fine del mondo.

 

Non è una scelta. Rispose pacatamente Maurizio. C’è chi ha detto non finirò mai di stupirmi, fino all’ultimo respiro; come fa a dirlo, se non sa come sarà quando si avvicinerà l’ora? Non è questa presunzione? Altri dicono il cervello e il cuore non invecchiano mai…ma sappiamo invece che questi organi sono i primi ad ammalarsi e a mandare tutto a puttane.

 

Altrimenti, perché, se si sta bene e non si hanno acciacchi oltre un certo limite tollerabili, perché mai chiudersi allo stupore e per quale ragione? L’aver visto troppo prima, ma se è per questo, anche nel corso della vita, da giovani, a forza di vederne di tutti i colori e di assistere a cose tremende che accadono continuamente sotto i nostri occhi, dobbiamo girarci dall’altra parte ed essere insensibili al dolore, almeno fino a quando non colpisce noi. Non serve arrivare alla vecchiaia per questo.

 

Quante cose sono accadute da quando siamo nati e quante non ne abbiamo dimenticato?

 

E poi, non si è sempre detto che con la vecchiaia si diventa contemplativi? Ed è possibile contemplare senza stupirsi?

 

Sai che ti dico? Concluse Pancrazio; un mio caro amico, arrivato all’età di 80 anni, si è ammalato, lo hanno operato una volta, due volte, ed egli niente, non voleva morire. Ogni volta si rimetteva dalla debolezza che gli derivava dagli interventi subiti e ricominciava a vivere come faceva prima, senza privarsi di niente.

Hai voglia a dirgli i medici non mangiare questo, non bere alcoolici ecc. e la moglie e gli amici a raccomandargli di attenersi alle prescrizioni del medico curante.

Io voglio vivere, rispondeva egli con forza, intendendo che voleva godersi anche tutti i piaceri della vita, altrimenti la sua non sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.

 E’ morto che si era scritto il necrologio da sé, preparato il manifesto funebre e disposto per la cremazione del suo corpo.

Non ho rimpianti, non ho dispiaceri; ho fatto tutto quello che potevo fare, senza torcere un capello ad alcuno. Ora posso anche morire. Non saprò se anche quest’anno la Juve vincerà lo scudetto, ma non importa.

 

Al funerale è spuntato un uomo con una tromba che ha eseguito per lui l’Inno dell’Internazionale socialista. Era stato da lui ingaggiato all’insaputa di tutti. L’esecuzione lasciava a desiderare, ma il sentimento c’era tutto. Credo che il committente ne sia rimasto soddisfatto.

 

Possiamo dire che quest’uomo non aveva perso la facoltà di stupirsi neanche di fronte alla Morte?     

 

 

Commenti

  1. Non c'è età per stupirsi, ma attitudine.
    Ci sono ragazzi che oggi non sono stupiti e/o meravigliati da nulla.
    Non dico che sia colpa loro.
    E ci sono anziani lucidi, pronti a contemplare. Io oggi facevo una riflessione sul cambiamento di ciò che proietta lo schermo.
    Come sono cambiati i cartoni animati dagli anni 80/90 ad oggi! Oggi sono più positivi, fanno ridere ed è una gran bella cosa.
    Ma per strada abbiamo perso qualcosa.
    Gli spunti realistici di prima ora sono fuori luogo. Ed anche la tristezza, la riflessione e la profondità d'animo sono superficialmente trattati.
    Insomma prima si riproduceva la vita in tutte le sue sfaccettature, gioia tristezza e rabbia.
    I protagonisti perdevano persone care
    Come la vita reale...
    Oggi non ci si pensa proprio a rappresentare la sorella morte nei cartoni.
    No, oggi non c'è neanche una storia, un intreccio nei cartoni.
    Mi sembrano giusto delle gag.
    simpatiche e spassose gag.
    Tipo Zig e Sharko (lo adoro e lo ammetto)
    Ma non lo cambierei mai con Heidi, esempio.
    Heidi scopre che la sua vita è felice solo sui monti. Ma per capirlo deve sperimentare la città.
    Un superamento hegeliano.
    Esplora le differenze di vita ( Clara che è malata)
    Oggi chi mi sa dire un cartone dove si parla di salute e della malattia?
    Ahimè non c'è spunto..,
    I bambini capiranno che c'è un mondo altro
    Artificiale, quello dello schermo
    Opposto al mondo reale, molto meno fantasy.
    Dicotomia.
    Ho bisogno di miyazaki, lui si che tratta tutto!
    Senza tralasciare il fantasy artistico
    Parla di realtà e ci apre ad un mondo di intrattenimento e insegnamento

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  3. Consoliamoci con un poco di saggezza antica, estratto da:

    De senectute Cato Maior
    di Marco Tullio Cicerone.

    «Ciascuna parte della vita ha un suo proprio carattere, sì che la debolezza dei fanciulli, la baldanza dei giovani, la serietà dell'età virile e la maturità della vecchiezza portano un loro frutto naturale che va colto a suo tempo.»

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