L'OMBRA DEL GIGANTE

 

                                                                     

 

Adamastor quel giorno spingeva il suo sguardo corrucciato, ben oltre la laguna dell’ampia foce del fiume e del canale che sfociava nell’oceano intemerato, non lui, che non aveva nulla da perdere, ma chi lo affrontava, come il gigante di pietra sapeva, essendo stato sempre dalla sua parte.

 

E’ sulla superficie del grande mare che i suoi occhi correvano, sfiorando le creste spumose delle onde, inseguendole lungo i crinali  e negli avvallamenti della massa d’acqua, che già si gonfiava di rinnovata potenza, ad ogni passaggio, più fonda la valle, più erta la cima.

 

L’aria mattutina intrisa di salsedine, si tingeva di un rosa pallido per l’umidità proveniente dal gran respiro dell’acqua entro cui, i raggi del sole filtravano a stento. Lisbona risplendeva nel suo fascino sbiadito e polveroso di capitale un tempo  gloriosa. Un po’ demodè, un po’ fatiscente, ma bella e attraente.

 

L’odore del sigaro che sentì nell’aria, non era tipico dei sigari portoghesi, direi piuttosto italiani; questa fu la constatazione fatta da Licius, mentre attraversava la piazza ed avvertiva che esso era sempre più intenso mano a mano che si avvicinava al monumento.

 

Aveva già sentito quell’odore e non poteva confondersi: apparteneva a quell’italiano di cui aveva sognato, che era stato cooptato nel gruppo di Pessoa e Saramago, in quella straordinaria situazione fantasmagorica in cui si era trovato a parlare con spiriti dell’aldilà, non sapendo con chi egli allora avesse effettivamente a che fare. E si era sentito così impacciato, da convincersi di aver fatto con loro una pessima figura.

 

Il pensiero di trovarsi di nuovo al loro cospetto, lo intimidì alquanto, ma nello stesso tempo era curioso di sapere cosa c’era dietro l’angolo della grande statua e se, come pensava, si fosse trattato proprio di loro, l’occasione di essere a contatto con spiriti magni era troppo sconvolgente per non accettare di incontrarli.

 

    La cultura della sensibilità di Antonio Tabucchi — Cattedrale ...

                                                                Antonio Tabucchi

Con passo deciso andò verso l’angolo della base del monumento e sporse il capo, arrestandosi. Non vide nessuno, ma l’odore del sigaro era sempre più pungente. Ebbe allora un’idea pazza.

 

Alfredo? Chiamò forte.

 

Da dietro una grande pietra, qualcosa si mosse.

 

Qualcuno mi chiama? Rispose una voce garbata.

 

Sono io, Licius, si ricorda?

 

Certo che mi ricordo, riprese la voce. Licius, come no? L’autore di quella bella novella in cui si narra di un uomo che muore per uno scherzo del destino. Vieni avanti, fatti vedere, è un pezzo che non parlo più con un uomo di lettere.

 

Licius si fece avanti, verso la pietra da cui proveniva la voce.

 

Letterato a me? Vuole prendermi in giro? Sono un elettrotecnico iscritto alla FIOM di Landini. Faccio l’allitterato per gioco, ma mi piace raffrontarmi con chiunque, qualunque cosa faccia e su qualsiasi argomento.

 

Benvenuto nella Repubblica dei Pazzi, disse ridendo, e lo invitò a sedere su una pietra di marmo inutilizzata.

 

Cominciamo bene, disse, con una espressione che emanava simpatia, l’allitterazione è una figura retorica che mi è sempre piaciuta. C’è tutto il gusto dell’onomatopeia. “E un incalzar di cavalli accorrenti, scalpitanti, /sugli elmi a’ moribondi”. Oppure “Titiyre tu Patulae, recubans sub tegmine fagi”.     

 

O, veramente l’ho detto per scherzo, allitterato, come si dice acculturato, no?, nel senso che tutt’al più posso avere un’infarinatura di cose letterarie, perché non sono mai stato un grande lettore di libri, nè uno studioso. Ma c’è un mio cognato che ne ha letto molti di libri, almenno così si dice in giro, il quale non si lascia sfuggire occasione per richiamarmi alla mia pochezza culturale ed intellettuale ogni volta che gli passa il ghiribizzo.

 

E’ di lui che volevo parlarti, disse il personaggio misterioso che Licius aveva conosciuto in circostanze del tutto particolari, in compagnia di due fantasmi di scrittori e poeti. Non era nemmeno sicuro che l’incontro non fosse stato il frutto di un sogno, ma per essere tale, lui avrebbe dovuto dormire, mentre non ricordava di aver chiuso occhio in quella occasione.  Di questo stesso Alfredo ignorava la natura, se era cioè di quelli che vivono, o di quelli che sono trapassati. E non si nascondeva di aver un certo timore.

 

Si tratta di un’ottima persona, si affrettò a dire, per paura che il discorso prendesse una piega dalla quale, sarebbe stato impossibile recedere, nel caso non improbabile che egli anche nella presente circostanza stesse parlando con un fantasma, nell’ipotesi che si fosse fatto sfuggire qualcosa di sconveniente contro il cognato.

 

Siamo stati amici per una vita, disse l’altro, assumendo un aspetto di grande dignità. Sono quattro anni che non ci vediamo e sono un poco in ansia per lui, perché so che non stava tanto bene. Non vorrei che le sue condizioni fossero peggiorate.

 

In famiglia siamo tutti preoccupati per lui, perché effettivamente non sta troppo bene. Ma egli sembra non dare molta importanza alle sue condizioni di salute. L’unica cosa che sembra stargli a cuore, attualmente, oltre il benessere dei suoi cari, sembra che sia la cura di un blog sul web, al quale tiene molto e nel quale sta riversando sotto forma di una narrazione ininterrotta, sia tutto quello che di nuovo può accadergli, sia i ricordi del passato, così, mano a mano che gli vengono in mente.  Con effetti a volte gradevoli.

 

IL sigaro dell’uomo, che sembrava quasi spento, di colpo, si accese di brace vivissima e il su viso scomparve per qualche attimo dietro la nuvola di fumo che ne seguì.

 

Il blog, il web, sono parole che non conosco, disse senza animosità. Ai miei tempi usavamo la penna e il taccuino. Ma il mio amico ha seguito sempre un po’ la moda e non mi stupisce che si sia tenuto al corrente dei nuovi mezzi e si sia impratichito nel loro uso.  

 

Mi potrebbe dire qualcosa a proposito della vostra grande amicizia?

 

Così, su due piedi? Ci siamo conosciuti in prima media. Io, a seguito di un incidente, avevo subito l'asportazione del setto nasale ed avevo un aspetto piuttosto singolare, con il naso schiacciato e gli occhi un po' a mandorla, per cui ero facilmente vittima di scherni e sfottò da parte dei compagni di scuola. Ecco, sta arrivando il cinese, e tutti ridevano. Maurizio invece, ma sì è così che si chiama i mio  amico, stava sempre dalla mia parte ed era pronto a battersi, per solidarietà verso la mia menomazione, che per la verità a me non dava grande fastidio.

Più tardi, superata l'età della crescita, fui di nuovo sottoosto ad intervento chirurgico, di ricostruzione, questa volta, del setto nasale e la mia faccia tornò ad avere un aspetto normale.   

 

C'era tra voi molta affinità di carattere?

 

Tutt'altro: Maurizio era il mio rovescio: in lui trovavo tutto quello che in me faceva difetto, per esempio la riflessione. Io ero impulsivo e facciatosta, estroverso al massimo, cosa che infastidiva gli altri. Lui meditativo ed introverso, se lo vuoi sapere anche un po' timido, con tutti i pregi e i difetti dei  timidi, comprese alcure reazioni eccessive, tipiche di chi è chiuso, compresso. 

 

Per scherzo lo chamavo Amleto, per i suoi dubbi, cosa che a lui non dispiaceva, anche se aggiungeva con orgoglio, sì sono un Amleto moderno, interprete della complessità della società attuale. 

 Per quanto riguarda la qualità e  solidità del rapporto di amicizia, basti dire che in circa settanta anni di vita, non si è mai incrinato, ma col passar del tempo, affinato e nobilitato estendendosi alle rispettive famiglie con vincoli affettivi durevoli. 

Dopo una breve interruzione, Alfredo, accarezzando con lo sguardo la superficie mutevole del mare, disse:

Nella sostanza, non credo di avere parole che siano capaci di descrivere cos’è stata la nostra amicizia,

Licius fece fatica a capire le ultime; un brontolio sordo di tuono si fece strada lungo le vie del mare, propagandosi poi verso l’interno della città ed occupando tutto il cielo sovrastante. Adamastor aguzzò lo sguardo verso l’orizzonte dove sagome di navi si muovevano nel muro di nebbia con alberi impennati, vele e sventolio di bandiere. Forse il passaggio al largo di una regata di grosse imbarcazioni a vela.

 

Sono ancora loro sembrò borbottare il gigante, scrollandosi di dosso secoli di immobilità pietrosa, scavata dalle piogge e dal vento; li sbaraglierò con un soffio.

 

All’ombra della grande statua, Licius guardava intensamente negli occhi chiari il suo interlocutore; aveva un’espressione lievemente ironica, le labbra ben modellate, prominenti come per un pensiero inespresso, il volto incorniciato da una corta barba, la figura evanescente nell’aria brumosa, dove il rotolio di un altro tuono, più vicino e più perdurante del primo, fece tremare il velo di nebbia che offuscava l'orizzonte.

 

Quella sera a Vecchiano di Pisa, un paese non lontano dalla Tenuta di S.Rossore a fianco della linea ferroviaria che lo attraversa, il Teatro intitolato al suo cittadino più illustre, Antonio Tabucchi chiuse in anticipo, interrompendo l’ennesima rappresentazione del Pereira, appena si seppe della morte dell’autore, avvenuta quel giorno,  il 25 marzo 2012 a Lisbona.

 

All’ombra del gigante, sul Mirodauro di Santa Caterina di Lisbona, Licius si ritrovò solo, lo sgardo perso sul Tejo e il porto fluviale. Tutti i grandi che avevano ruotato intorno al maestro Fernando Pessoa, dopo la sua morte, per merito di Antonio Tabucchi, anch’essi in gran parte defunti, erano stati convocati d’urgenza al capezzale dell’Ospedale dove il suo più grande estimatore aveva esalato l’ultimo respiro.

 

Nel Pantheon dove sono custoditi i ricordi delle grandi amicizie, portato da Alfredo era stato deposto anche il ricordo di quella che si era svolta tempo addietro tra due persne, di cui Licius, ignaro di essere stato il medium di un sì grande evento, ormai vicino alla conclusione, era rimasto l'unico testimone.

Commenti

  1. Bello questo racconto e bello l'abbinamento alla figura mitica. Ho fatto da medium per suscitarti ricordi? Forse si, inconsapevolmente. Leggendo i tuoi scritti quasi sempre sono stato colto da un senso di "assenza e nostalgia" che che intuitivamente sento in te: sovente, se non quasi sempre, la figura del tuo amico Alfredo, al quale eri molto legato, si è presentata nella mia mente, per quel poco che io posso ricordare della sua fisionomia, della voce e per come tu talvolta ci raccontavi di lui. Da qualche parte hai narrato di come discorrevate piacevolmente con l'aroma dell'immancabile sigaro che si spandeva intorno. Sarebbe stato bello vedervi schermagliare in interessanti discussioni in questo tuo blog. Le nostre schermaglie narrative e le tue osservazioni a certi miei pensieri, di cui prendo autocriticamente atto, non potranno mai darti cio che solo i dialoghi con Alfredo ti davano. La consapevolezza di questo mi rattrista al ricordo di amici che anche io ho perduto e dei dialoghi che ora non ho più. Che sia solo io ad essere occasione di dialogo e fonte di ispirazione come "spiritello insolente e saccente" tramite questo blog mi pare riduttivo. Giuseppe e Walter dormono o non hanno fantasia per interagire? Cerca pure nel passato della mia pagina FB e troverai altri spunti per muovere critiche che suscitano ricordi e argomentazioni. Leggi l'ultimo mio racconto della sera, certo coglierai spunti. Il prossimo racconto autobiografico sarà il ricordo di quando mi hai salvato dall'annegamento; troverai intetessante venire a conoscere i pensieri che mi passarono nella mente e le emozioni che provai essendo consapevole che forse sarei morto. Ciao.

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