PAROLACCE
Maurizio aveva letto su FB un piccolo post di Luciana la
grande, con il quale la stessa stigmatizzava la cattiva moda di molti, di
discutere di argomenti di comune interesse, infarcendo il discorso con parolacce
ed insulti, pensando forse di dare così maggiore forza alle loro idee che spesso
non ne hanno, e propone invece un civile scambio di opinioni col metodo
dialettico, che comporta occasioni di maggiore comprensione ed arricchimento
culturale per tutte le parti in causa.
La Torre di Cerrano, Pineto, Foto di Luciana Del Grande
Si riprometteva pertanto di fare quanto prima di questo argomento, oggetto di discussione al circolo,
ma fu anticipato da Pancrazio che un giorno, disse:
Mia figlia Evelina, ogni volta di più, tornando dalla scuola,
parla in modo sboccato, davanti a me e a
sua madre, senza la minima esitazione né vergogna e la cosa a noi genitori non sta bene, ma come si
fa a farglielo capire?
Maurizio, in difficoltà, rispose:
Questo è un fenomeno del mondo moderno, facilitato da una
falsa idea della libertà di espressione e dal lassismo di tutti i mezzi d’informazione
ed ora anche della politica, che credono di ottenere consensi, mettendosi a
livello di quella massa di cittadini che invece dovrebbero formare e informare.
Prendo lo spunto da quanto affermato dalla brava e cara
Luciana, che condivido in pieno, a proposito del turpiloquio per dire la mia,
non perché debba apportare qualcosa di nuovo sull’argomento, già trattato in
maniera esaustiva da altri che si sono pronunciati in merito, a seguito della
prima, ma solamente perché credo di essere invischiato anch’io in questo
discorso, per via delle mie frequenti esternazioni (o non è così?).
Usare un linguaggio scurrile, quando si sta facendo una
civile conversazione tra persone garbate, è un segno di inciviltà e di cattivo
gusto. Luciana probabilmente si riferisce a qualche episodio in particolare che
io ignoro, ma il discorso sul turpiloquio è importante porlo, per sapere che
cosa siamo e cosa vogliamo. Mi permetto di intervenire sull’argomento da lei
avviato, in modo quanto più possibile educato, tenuto conto della scomodità
della materia, allargando il discorso alla moda di fare del turpiloquio un
mezzo espressivo, secondo alcuni, più valido di quello asettico di lontana
memoria, che escludeva a priori l’uso di certi termini, per motivi di decoro.
Quello delle parolacce è un problema serio; si tratta di un
imbarbarimento dei costumi o di una conquista di libertà, con l’abbattimento di
certi tabù? Anche nel passato ci sono stati casi di trasgressioni. Certo Henry
Miller e neanche Manzoni usavano parolacce, ma per esempio, è noto che un giovanissimo
Mozart, si compiaceva di usare, nello scambio fitto di una corrispondenza molto
hard, che intrattenne con una sua cugina, un linguaggio veramente da trivio.
Ripeto di non essere affatto d’accordo con la moda di infarcire
il discorso, parlando o scrivendo, di una sequela di parolacce, come avviene in
certi casi, ma mi rendo conto che ormai la cosa è andata tanto avanti da non
poter più essere arrestata. Tanto che
anch’io adesso, ogni tanto nei miei post, diretti tendenzialmente ad un
pubblico molto vasto (… che nessuno nutra dubbi al riguardo), ma letti in
realtà da pochissimi (ahimè) ci “calo” al momento opportuno (opportunità
valutata dal personaggio che parla o scrive, non da me) qualche parolaccia, per
non apparire troppo barbogio e dare maggiore forza a quanto affermato (così si
dà ragione a quanti propugnano il contrario, avrebbe ragione di obiettare Rimiratore).
Ma no, è che anch’io, dopo molti esempi da parte di grandi della letteratura contemporanea,
alle scelte dei quali non posso che attenermi supinamente, ho allentato un poco
i freni inibitori (se è consentito affiancare gli gnomi ai giganti).
Nella vita di ogni giorno, tutti, anche persone insospettabili,
usano un linguaggio quanto mai libero e svincolato da regole, nessuno si scandalizza
ormai più.
Nel cinema poi, se si trovasse un film che dopo dieci minuti
di programmazione non abbia al suo attivo almeno una parolaccia, meriterebbe
l’oscar.
IL paravento dietro cui ci si nasconde è quello dell’arte,
che deve essere quanto più possibile vicino al reale e questa sarebbe una ben
strana forma di verismo (Verga permettendo).
Naturalmente bisogna distinguere. Le parolacce possono essere
le stesse, ma è ben diverso l’effetto prodotto, a seconda di chi le usa. C’è
anche chi dice certe parole, nel corso di un discorso colto, con grande
signorilità e la cosa non fa scandalo. La cosa peggiore è quando il turpiloquio
esce dalla bocca di una persona volgare che, con arroganza, ha detto qualcuno,
cerca di imporre un suo modo di vedere le cose, facendo leva sulla grossolanità.
Baricco nell’ultimo libro suo che ho letto, The Game,
parlando anzi facendo lezione agli studenti della sua scuola, sui nuovi
progressi nel campo dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, introduce
ogni tanto una parolina come intercalare, che avrebbe potuto omettere e non l’ha
fatto, ma non fa scandalo, e sono fatti suoi.
Di fronte a questo dilagare senza freni è pensabile tornare
indietro? In fondo sono parole e chi ha paura delle parole? Naturalmente chiunque
è libero di parlare, scrivere e raccontare, senza farsi prendere da falsi pregiudizi
o modernismi e accettare o non accettare le scelte degli altri, senza criticare
chi si comporta diversamente.
Allora, secondo te, dovrei stare zitto, davanti a mia
figlia, anche quando dice con la massima ingenuità ed innocenza, ma non mi
rompere i… che c…vuoi, o addirittura ma va af…? Chiese Pancrazio.
Non dico questo, direi di non drammatizzare troppo. Parlale
gentilmente e cerca di farle capire che non si addice ad una bambina educata un
linguaggio del genere.
Ma fammi il piacere, mi risponderebbe che questa è una
rivoluzione culturale, una conquista sulla strada della parità uomo-donna, che
il modello Piccole Donne è ormai superato ecc.ecc.
E allora, vada come vuole il mondo, in fondo non muore
nessuno di parolacce, disse una voce da dietro la porta.
Chi ha parlato? Chiese Pancrazio.
Nessuno di vostra conoscenza, ancora la voce.
Pancrazio aprì di colpo la porta, facendo saltare la
maniglia.
Porcaccia di una miseria, disse, chi era qui dietro poca fa?
Sebastiano era lì che serviva un caffè all’unico cliente del
locale. Nessuno dei due rispose.
Qui è urgente chiamare un Ghostbuster, disse e prese il
cappello per andare via.
Rimiratore concorda con la perplessità qui esposta. Personalmente ammette di doversi controllare con attenzione per non lasciarsi andare a questo malvezzo. Egli ritiene che l'uso garbato e poco frequente di parolacce aggiustate e adattate alle circostanze ci può anche stare, ma il rischio di apparire grezzo è elevato, ancorchè si dimostri di essere relativamente colti e di buone maniere. Questo comportamento egli cerca di tenere ma purtroppo inavvertitamente talvolta sgarra, specie se scade nel gergo romanesco che fa incazzare (ops, sgarrato) il suo amico professore Evaristo.
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