Immuni o non Immuni? Un bel dilemma...

Molti miei amici appaiono confusi davanti alla questione dell’app Immuni e ne parlano con toni che ricordano più che altro due categorie: il “tecno-ottimismo” ottuso e il “tecno-oscurantismo” complottista. Proviamo a fare chiarezza.

Il tecno-ottimismo (illusorio)

Si è diffusa la convinzione che installare un’app possa essere la soluzione per la maggior parte dei problemi della vita. C’è un’app per trovare casa, una per trovare l’amore e una per ubriacarsi se l’amore finisce (male). Nell’attesa che che questa tecno-ingenuità si attenui un po’, cominciamo col dire che Immuni si inscrive nel solco di queste tecno-illusioni e cioè l’illusione che si possa dare una risposta semplice ad un problema complesso.

Purtroppo, come spesso accade, ciò che suscita entusiasmo sul piano tecno può rivelarsi una ingenuità nel mondo reale e la situazione peggiora, comprensibilmente, quando non si ha un quadro chiaro, perché si tende a fare il tifo, per le idee che si hanno già, invece di ragionare...

Immuni, come qualsiasi altra app sbaglia. Produce falsi positivi, cioè allarmi immotivati, dato che non può sapere ad esempio se stai indossando la mascherina o altri DPI, oppure oppure perché non sa se c’è un muro o il famoso foglio di plexiglas tra te ed il soggetto che poi risulterà positivo, ecc. E produce falsi negativi, cioè allarmi mancati, come ad esempio se uno starnutisce mentre passi, oppure se non c’è collegamento, ecc. In generale la valutazione della distanza tramite Bluetooth è molto imprecisa, come molti hanno dimostrato. Questi errori, uniti al fatto che l’app sarà utilizzata solo da una parte della popolazione, renderanno i dati prodotti inaffidabili. A questo proposito, quindi, c’è da chiedersi solo questo: è meglio avere dati inaffidabili o è meglio niente? Secondo molti esperti è meglio niente.

Il teatro

Attorno alla questione COVID si è scatenata una campagna di comunicazione che non ha precedenti in questo paese. Le discussioni, il Governo, i comunicati della Protezione Civile, persino la scenografia con arredamento in stile sovietico, si è creata un’atmosfera di proclami che si concluderà con la gente che installa l’app dei miracoli. Ma è teatro; e genera false sicurezze. Si ha la sensazione di “stare facendo qualcosa per la comunità” (per giunta di poco sforzo) ma per molti il risultato sarà solo quello di abbassare la guardia.

Forse non c’è bisogno di ricordarlo, ma molti credono di “fare qualcosa” non appena condividono il post fasullo del bambino malato, oppure firmano una petizione (che è comunque un passo avanti visto che almeno ci metti la faccia). Un numero sparuto di persone si spinge fino a fare una donazione in denaro ma la maggioranza, sui social, si sente “attiva” con pochissimo. È falso. È sempre teatro.

Hai capito come si risolve il problema della privacy? Basta smettere di pensarci!

A proposito del tracciamento governativo di milioni di individui messo in atto da app come Immuni, molti sintetizzano la questioni della privacy più o meno così: “siccome usiamo i social network, allora la privacy è già persa; quindi non ha senso usare questo argomento contro Immuni”. A me pare che sia come dire che “siccome pochi ricchi hanno già il 90% delle risorse, allora gli diamo anche il restante 10”. Oppure che “siccome ho perso le chiavi di casa allora lascio direttamente la porta aperta”. Nella vita reale nessuno ragionerebbe così, mentre quando si parla di privacy, succede ed anche piuttosto spesso. Fa parte di una errata convinzione secondo la quale quello virtuale sia un mondo meno normato di quello reale, una specie di far-West dove si può agire indisturbati. Ma è una convinzione che cozza con l’esperienza comune: è noto, infatti, che sono state fatte molte leggi per regolare il cyberspazio, ma in molti casi non ce n’era neanche bisogno. Nessuno crede davvero, infatti, che un reato che avvenga nell’Internet, sia meno grave di per sé (ad esempio rubare); è solo una percezione alterata della realtà. E non credo che il cittadino medio pensi di essere al sicuro perché riesce a “non lasciare tracce”. Tutti lasciamo non solo tracce ma spesso anche la nostra firma su quello che facciamo nell’Internet ma solo pochi se ne rendono completamente conto ed hanno contezza delle conseguenze.

Per chi non ha capito cosa sia la privacy e pensa di non avere nulla da nascondere, qualcuno disse che “la libertà di parola è importante anche per quelli che in questo momento non hanno niente da dire”. Ebbene, Immuni è la prima grande operazione di sorveglianza fatta dal nostro Governo sulla popolazione: è questo, quindi, il momento di fare una discussione approfondita sulla privacy e rimettere in discussione lo status quo che ha portato governi e popoli in una condizione surreale e distopica di sudditanza davanti a 4-5 grosse società tutte americane.

Se ne parla da anni: Morozov, Chomsky, la Electronic Fronteer Foundation, il progetto GNU, Stallman e molti altri e si è creata una vasta comunità di persone consapevoli del fatto che abbiamo un grande problema con la privacy ma è un movimento ancora troppo sotterraneo, con troppi esperit e pochi cittadini comuni e nel suo agire si scontra con una potenza economica semplicemente mostruosa.

Per tornare ad una delle metafore iniziali, è necessario pensare che “nel mondo ci sono disuguaglianze inaccettabili e per questo è arrivato il momento di cambiare”; mi pare decisamente più ragionevole.

È il momento di pretendere di più sulla privacy, non di meno. Chi è sicuro che va tutto bene non sa di cosa si sta parlando, vaneggia...

Immuni?

Il nome stesso dell’app è fuorviante. Immuni, infatti, non farà nulla per immunizzare la gente e questo lo capiscono anche i meno edotti. Però la non netta demarcazione tra quello che è marketing e quello che non lo è, mi infastidisce, in questo caso. Si potrebbe parlare di marketing disonesto, come si fa per i detersivi e la “pubblicità ingannevole” a maggior ragione deve valere per le attività di uno Stato, che non è un semplice venditore di applicazioni.

Inoltre il codice sorgente di Immuni è stato rilasciato ed è a disposizione della comunità cosa che è certamente un elemento molto importante per guadagnare la fiducia del pubblico ma non basta. Per prima cosa la stragrande maggioranza della gente non sa nemmeno cosa questo voglia dire. Ma anche ad avere le conoscenze necessarie, occorre molto tempo per capirne il funzionamento. Immuni, poi, è stata basata su di un framework pubblicato dallo stesso produttore Bending Spoons, una scelta tecnica di per sé innocua, ma che obbliga ad estendere lo studio anche ai componenti. Senza contare che questo dovrebbe essere fatto nel tempo, cioè valere anche per gli aggiornamenti. In sintesi molto bene per la teoria ma poco utile per la pratica.

Infine vorrei citare quelle che al momento di scrivere appaiono come domande che non hanno ancora trovato una risposta convincente. Perchè è stata fatta gratis? Perchè non è stata affidata ad un Consorzio in cui l’Università avesse almeno un ruolo di controllo? Vogliamo essere così ingenui da credere in un atto di bontà? Che ruolo avrà Sogei? Come saranno raccolti ed utilizzati i dati raccolti? Come funzionerà la manutenzione (cioè gli aggiornamenti)?

La fiducia nel governo

Con le premesse precedenti un discorso sulla fiducia nelle Istituzioni risulta già ampiamente compromesso, tuttavia io voglio averne e mi sento di dire che il nostro è uno Stato di Diritto in cui possiamo confidare pienamente. A questo proposito, la domanda che tutti si fanno è: chi potrà accedere ai dati raccolti? Quanti e quali sono? Si potranno usare per finalità differenti (un esempio su tutti, l’ordine pubblico)?

La risposta a queste legittime preoccupazioni non è semplice perché attualmente viviamo in uno Stato di diritto, ma chi verrà dopo, cosa farà? E soprattutto se io mi fido delle Istituzioni posso fidarmi anche del loro singolo operatore? Il processo Cucchi ha dimostrato che il sistema è sano perché i cattivi sono stati scoperti, ma ha dimostrato anche quale estesa possibilità di manipolazione delle prove abbiano avuto gli imputati perché appartenenti alle Forze dell’Ordine. E con i dati digitali questa cosa avviene in proporzione ancora maggiore. Snowden, ad esempio, ha scritto che poteva accedere ad informazioni riservate molto oltre la necessità che il suo lavoro alla CIA prima e all’NSA poi, effettivamente richiedevano. Da noi possiamo stare tranquilli? Non lo so ma credo di sì SOLO perchè non siamo ancora stati capaci di fare un mostro come l’NSA.

Ci sono paesi EU dove non sarei tranquillo ad installare un'app governativa (Ungheria, Polonia, ecc.) e per quanto riguarda il resto del mondo non ci penserei nemmeno dai farlo se vivessi in Egitto, Israele, Cina, Brasile, Russia e molti altri posti. Le forze dell’ordine hanno già a disposizione i dati provenienti dai social network e anche questo viene usato come argomento a sostegno in modo analogo a come abbiamo detto in precedenza. Secondo alcuni, questa grande disponibilità di dati renderebbe un’app specifica poco utile per tracciare le persone mentre questa è proprio la nuova frontiera della sorveglianza come si è visto nel caso Regeni oppure ad Hong Kong, dove la polizia riuscì perfino a farsi pubblicare un’app con la quale tracciava le proteste nell’appstore della Apple la quale la cancellò tardivamente, quando il danno era già stato prodotto.

In conclusione: installeresti Immuni se ci fossero altri al governo, o se il variopinto Pappalardo fosse ancora in servizio? Forse non dobbiamo nemmeno chiedercelo e, di certo, è venuto il momento di pensare più seriamente alla privacy ed alla riservatezza dei nostri dati.

Commenti

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  2. Molto interessante e chiaro. Ottimo. Mi sembra che una delle conclusioni sia di usare la app con criterio, tenendo in conto incertezze e bias. Come in tutti gli oggetti complessi - o sennò non usarla.

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  3. Grazie mille, articolo interessante.

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  4. Si sono assolutamente d'accordo sul tema privacy. Io Immuni non la installo per le stesse ragioni che hai detto, chi di fatto la controlla, chi accede ai dati, quale è la regia che segue questo applicativo? Con il Bluetooth aumenta la possibilità di localizzarti e seguirti in continuo, cosa che già succede con la posizione GPS e con la triangolazione dei ponti. Qualcuno dice: "ma a me non mi interessa, tanto ... "; la prima riflessione è che interessa così tanto alle grandi aziende e ad alcuni governi governi, mbè allora conviene che ci pensi meglio.
    Questa è la declaratoria privacy di Google:

    Dati elaborati quando si utilizza Google
    Ad esempio, quando cerchi un ristorante su Google Maps o guardi un video su YouTube, elaboriamo le informazioni relative a quella attività, che possono includere il video visualizzato, gli ID del dispositivo, gli indirizzi IP, i dati dei cookie e la posizione.
    I tipi di informazioni sopra descritti vengono elaborati anche quando utilizzi app o siti che ricorrono a servizi Google, come gli annunci, Analytics e il video player di YouTube.

    In soldoni, io ti dico dov'è il ristorante o il video che ti interessa, ma mi segno dov'eri, i tuoi codici dispositivo, il tuo IP, poi prendo questi dati, li incrocio, li studio e ti profilo. Ma non sarebbe meglio cercare il ristorante con il vecchio libro delle osterie d'italia?

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    1. Si poteva fare ma non è stato fatto. Si poteva avere una Internet libera e non spiona, sarebbe bastato pagare per servizi come Google e Facebook. Ora la digitalizzazione è diventata un'altra forma di privatizzazione e non esiste una Internet pubblica. E' ora che ce ne rendiamo conto.

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