IL FINE ULTIMO


                                                                 
Il fine ultimo di ogni io narrante è quello di raggiungere la verità e saperla comunicare ai lettori, non spiattellata, così come una frittata, ma sotto un velo più o meno spesso, che consenta di capire senza eccedere in spiegazioni. Una parte della verità va tenuta nascosta per dare libero sfogo alla fantasia di chi legge.

Il nostro non fa eccezione; cerca di essere scrupoloso nello svolgimento del suo compito, fino alla pignoleria del ragioniere, senza offesa.
Eccolo all’opera


                      Il pensatore - Wikipedia
                                                Auguste Rodin : Il Pensatore   Foto dal web       

I due avevano da poco finito di fare l’amore (lo so, questo non competerebbe di rilevarlo all’io narrante, ma tant’è: l’amore non si fa, ma si prova, quello che si fa è l’atto sessuale, ma è amore quello? Cazzo, sennò! Sempre l’io che parla e dice la parolacce), insomma si erano riappacificati da poco, nel letto para coniugale, lui steso supino, ancora un poco affannato, come un guerriero stanco e in parte disarmato, lei adagiata di fianco a lui con una gamba di traverso su quelle di lui, come una cacciatrice che ha abbattuto la preda e poggia un piede sul suo trofeo, appagata ma non docile, portentosa con la sua massa di  capelli davanti agli occhi.

Allora sei convinto ora? Diceva al suo uomo, dopo una simile dimostrazione di affetto?

Come simile? Quando e dove? A cosa si riferiva? All’amore appena fatto e provato? O forse al fatto che dopo la prova documentale fornita da Licius, ma guarda un po’ questo intrigante, va bene che non era lui in quel momento, ma la sua controfaccia, il Rimiratore, buono quello! ma solo dopo – non era bastata nemmeno la testimonianza autentica di Pancrazio a farlo decidere, si era finalmente mosso dalla sua posizione di ostinato offeso, per un presunto tradimento che non c’era mai stato.

Tu però il bacio glielo hai dato, rispose lui, con un sorrisetto che se non voleva riproporre, la questione sotto questa forma derubricata, era però ugualmente pericoloso.

Non uno, due o tre, ma erano baci quelli? A me non sembravano nemmeno acqua fresca.

Ora dici così perché non è successo nulla, lui non se l’è sentita, sapevo che io lo avrei sfregiato se mi avesse fatto un torto del genere. Ma se lui avesse voluto, tu…

Non dire questo fetente, sennò ni riprendo quello che proprio ora ti ho dato e non te lo darò più. (Che era? L’amore forse, pensò l’io).

Ma se ti sei tolta anche la gonna…

Stupido, faceva parte del gioco e avevo voglia di bagnarmi, tanto si capiva che lui…

Allora lo ammetti, lo hai appena ammesso.

Solo per vedere come reagivi, stupidone.

A me sembra che questo gioco sia stato molto pericoloso ed ora basta, non voglio più sentirne parlare.

Vi sono più stelle in cielo di quante non siano le vostre filosofie, rispose Chiara piuttosto sibillinamente.

Oh, piuttosto hai sentito il Licius? Vorrebbe che andassimo con gli amici; quali?  A festeggiare alla trattoria di Porta Romana, portandoci dietro libri di Dante e Cicerone. Ma è impazzito? Capisco l’amore per la lettura e la voglia di esibire la propria cultura, ma inframmezzare mazzarelle e Quarto Trattato e chi lo regge? o tagliatelle con …Cicero che parla di amicizia mentre sfugge ad un attentato, mi sembra proprio un’idea balorda.

Il saggio sa come compenetrare il cibo, per esempio, come dicevi mazzarelle? vada per le mazzarelle, alimento per il corpo, con il nutrimento della mente e del cuore, dissezionando l’amore, come fa Dante, per conoscerne fin l’ultima vibrazione, proprio come si taglia una mazzarella pregustandone il sapore, o mandar giù un piatto di tagliatelle mentre si ragiona del verum che ci può essere nell’animo dell’amico, specie nei momenti di disgrazia,  come era per Cicerone, come linimento con la più dolce delle medicine, la consolazione data dalla vicinanza dei veri amici.

Un momento di pensoso silenzio nella camera dei due innamorati (sette secondi, cronometrati dall’io).

Tornerai allo Zibaldino, cara? Chiese dolcemente Maurizio all’orecchio di Chiara. Verrai ancora ad illuminare le nostre serate?

Ma certo che verrò, rispondeva lei chetamente. Con un dito giocherellava con un ciuffetto di peli del pube di lui.

L’io narrante, notando l’effetto prodotto su di lui, ritenne opportuno alzarsi, lasciare quel posto, peccato però, quei discorsi gli stavano piacendo, ma non volle assistere al secondo round di quella pace rifatta. Ormai la cosa era acclarata e non c’era bisogno di ulteriore dimostrazione, né testimonianza.

Alla faccia del fine ultimo, pensò quella volta. Fate pure quello che vi pare. Nessuno spione andrà a raccontare se l’avete fatto oppure no.

Commenti

  1. CONVIVIALE O CONFERENZA ?
    Rimiratore essendo altrove per lavoro interviene l'io narrante in risposta alla perplessità di Mauritius circa i temi della conviviale, scritti sulla lettera ricevuta da Licius : "ma il guardone vi ha dato solo uno spunto e un poco di materiale mica per fare una conferenza, ma per un discorsetto d'apertura con qualche accenno, per abbinare il convivio letterario a quello mangereccio e tra un brindisi e l'altro un breve accenno a Cicerone, ma solo per parlare di amicizia e ricomporre st'associazione culturale. Siete o no persone di cultura, buongustai, pure buone forchette e soprattutto amici? Rimiratore l'ha capito che invece di mangiare ciarlando solo di futilitá vi piace pure qualche accenno letterario adatto alla circostanza. Anzi questa potrebbe essere una scusa per far uscire allo scoperto lui e quell'Evaristo invitandoli al convivio; il professore a fianco di Mauritius e Rimiratore a fianco di Pancrazio che lo tiene a bada così gli molla qualche poderosa pacca sul groppone per zittirlo. Ma temo che sti due pusillanimi non avranno il coraggio di accettare l'invito che nasconde pure qualche frecciata di confronto culturale".

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