CHIARA
Non che me ne fotta un accidenti, pensò Pancrazio, ma questa
questione tra Maurizio e Chiara si deve risolvere in un senso o nell’altro, per
il bene del Circolo. Maurizio non è più lo stesso da quando è successo anche se
adesso dicono di avere fatto pace, lei non si fa veder mai e Maurizio sta sempre
col muso. Io lo so quella gli ha messo le corna e Maurizio non ci sta a fare la
parte del cornuto e sclera; lo posso capire, anche io con Giulia, semmai
sapessi che Giulia… Dio ne scampi farei succedere il finimondo.
Qui interviene l’io parlante; Pancrazio non lo sa e pensa di
essere ancora lui a raccontare.
Cosa è successo effettivamente quella sera della festa a
casa di Maurizio e Chiara? Fino ad un certo punto si può sapere. Una parte,
quella finale, è avvenuta al buio e nemmeno l’io parlante è riuscito a vedere
niente. Per cui bisogna lavorare di fantasia.
I sogni son desideri
I sogni son desideri
Vediamo. Avevano bevuto tutti ed erano un po’ brilli. Solo
che mentre alcuni dalla sbronza avevano tratto forza ed erano in vena di fare
qualcosa fuori del comune, altri si erano abbacchiati ed erano intristiti, si
sentivano stanchi e scontenti.
Chiara sprizzava allegria ed era tutta un fuoco.
Forza Maurizio, svegliati, gli diceva, andiamo a fare una
corsa in macchina fino al lago. Un po’ di aria fresca ti farà bene. La notte è
ancora giovane.
Sono stanco da morire, fu la risposta, preferisco andare a letto.
Allora io vado da sola, asserì provocatoriamente Chiara.
Mai lasciare una donna andare da sola intervenne Marcello.
Ti accompagno io. Maurizio se ne va a letto a fare la nanna e noi andremo al
lago a spassarcela. Vero Maurizio che si può?
Maurizio conosceva Marcelo da quando erano bambini e sapeva
che non era capace di fare male ad una mosca, per cui, non se la prese, andate
pure, tanto domani faremo i conti. Dentro di sé, però era notevolmente
contrariato. Avrebbe voluto che Chiara rinunciasse a quella idea balorda.
Invece lei, con fare intraprendente, uscì per prima di casa, seguita da Marcello.
Così salirono in macchina e scomparvero nella notte,
Maurizio, non poco incazzato, se ne andò a letto e col mal di testa che aveva
non ci mise molto ad addormentarsi. Ad un certo punto della notte, si svegliò e
vide che Chiara non era ancora tornata. La sua inquietudine si accrebbe ed egli
ricadde di nuovo in un sonno profondo, che era quasi un coma.
Era una bella serata d’estate, l’aria della notte entrava
dai finestrini aperti della macchina, inebriante, la macchina scivolava sulla
strada a velocità controllata, ma comunque notevole.
Chiara, esaltata dall’alcool e dalla novità della
situazione, eccitata dal rombo costante e potente del motore, sedeva a testa
alta e sembrava decisa a tutto.
Il lago apparve dopo l’ultima curva, con uno spicchio di
luna tra le cime degli alberi, come uno specchio d’argento. Marcello raggiunse
un punto della sponda che conosceva bene e posteggiò l’auto in una piazzola e
loro scesero. Marcello le dette la mano per farle attraversare un punto un po’
impervio del sentiero, e sentì come un fremito venire dal braccio di lei. Si
fermò, attirandola a sé e la fissò dritto negli occhi che erano lucenti come
due stelle. La baciò senza che lei facesse nulla per schermirsi, ma nemmeno partecipò
al raptus erotico della bocca di lui, in cerca delle sue labbra. Marcello esitò
ed a questo punto fu lei a cercare la bocca dell’altro. Il bacio fu lungo e
ripetuto. Marcello aveva preso dalla macchina una copertina che stese sull’erba
ed entrambi si sdraiarono per terra.
Da questo momento in poi, quello che avvenne, nemmeno l’io
narrante lo sa. Nonostante fosse appostato tra i cespugli, a poca distanza da
loro e tenesse gli occhi bene aperti, per dovere di cronaca, perché avrebbe
voluto essere molto preciso su questo punto, a fini di giustizia, non fu in grado
di vedere granché. Dopo un altro abbraccio da sdraiati, che i due si dettero,
un po’ sommariamente, essi restarono una accanto all’altro come indecisi sul da
farsi. In realtà erano presi da un problema di coscienza: tutti e due avrebbero
esplorato ancora il sentiero nuovo che si apriva davanti a loro, ma temevano di
non sapere quando fermarsi. Sapevano che quella è una strada che una volta
presa, è difficile lasciare a metà. L’oggetto, anzi il soggetto delle loro remore
era lo stesso per entrambi ed era rappresentato da Maurizio, lei per il dovere
di fedeltà nei confronti del fidanzato, lui di lealtà verso l’amico. Questa
naturalmente fu una considerazione che l’io parlante fece tra sé e sé in un
secondo momento, quando vide come andarono a finire le cose.
E quello che vide, fu che il maschio fece un tentativo, di
stringersi al corpo di lei, ma trovò che lei aveva ceduto al sonno, all’alcool,
o forse fingeva. La situazione ristette, fino a diventare monotona, lui
leggermente sollevato sui gomiti, curvato su di lei, lei inerte, sembrava un
monumento funebre etrusco. Il povero io, che stava zitto come un muto, perse la
cognizione del tempo e si distrasse. Ad un certo punto si accorse che la luna,
la quale era, al momento inziale della scena, sulla cima di un albero, quando riprese
coscienza, era vicino alla sommità di un colle, con una inclinazione di diversi
gradi rispetto alla concavità del cielo e prossima a tramontare. Doveva essere
passato un bel po’ di tempo e i due erano ancora lì, ma si apprestavano ad
andare via. Si muovevano come sonnambuli,
alquanto discosti uno dall’altra, lui raccolse la copertina e tutt’e due si avviarono
all’auto senza dire una parola.
Cosa era avvento nel frattempo nessuno lo sa; c’è da
dubitare che anche gli interessati, entrambi poco lucidi e per motivi diversi,
non si siano resi conto di quello che avevano fatto o avrebbero potuto fare o
non fare.
Con un lampeggiare di luci rosse posteriori ed una
sventagliata di fari abbaglianti tra i fusti degli alberi sullo sfondo ora nero
del lago, la macchina si allontanò e scomparve sulla stradina dalla quale era
arrivata.
Pancrazio credeva che il sogno che aveva fatto quella notte,
fosse realtà: egli aveva visto una macchina in riva al mare, una coppia scendere,
e sdraiarsi sulla sabbia, scambiarsi
effusioni amorose, poi, di colpo lei, si è alzata e, toltesi le scarpe, era
corsa fin sulla riva, entrando nell’acqua, trillando come un canarino. Si teneva la gonna sollevata
per evitare che si bagnasse e si divertiva con i piedi, a sgambettare, schizzando
spruzzi tutt’intorno. L’uomo l’aveva seguita, ma si era fermato sul bagnasciuga.
Lei si era data una calmata. Con una lentezza studiata, si
era sfilata la gonna dalla testa, e l’aveva
buttata all’uomo che l’aveva presa senza farla cadere, e si era immersa completamente,
facendo una specie di balletto erotico di fronte a lui.
Sul più bello il sogno si era interrotto e Pancrazio aveva
creduto di vedere la macchina andare via, ma aveva perso tutto il seguito della
scena precedente.
Fedele al suo proposito di fare da rabberciatore di quella
storia dolorosa, la notte stessa, svegliò Giulia, sua moglie e le raccontò il
sogno, collegandolo al fattaccio di Chiara e Marcello che lei già conosceva.
Dobbiamo fare qualcosa per aiutare Maurizio, le disse poi,
sta perdendo la testa per questo fatto.
Se permetti allora, tu aiuta Maurizio, io penso a Chiara. Mi
sembra giusto sentire la versione di Chiara. Mi può aiutare anche Evelina che la
conosce, le ha fatto scuola più di una volta e sono diventate amiche.
Non metterci d mezzo Evelina, obiettò Pancrazio, è una bambina.
Bambina? Rispose lei. Ha 14 anni e sa più cose di quante non
ne sappia tu.
Sfido, è la scuola materna.
E’ la scuola della vita, caro mio, il mondo va avanti sei tu
che vai indietro. Anzi, se proprio lo vuoi sapere, ne abbiamo già parlato io e
lei, di questo fatto, e lei mi ha detto che ha notato un cambiamento nella sua
insegnante, tra un periodo e l’altro e in mezzo, guarda caso, c’era proprio il
rovello di Chiara col marito.
Non è il marito, ma solo il fidanzato, ma che cosa è il
rovello?
Tua figlia parla così, che ci posso fare? E’ una specie di
questione intricata che non si riesce a sciogliere e che fa male alla testa ed
al cuore.
Senti, ma non potremmo chiedere direttamente a Marcello se se
l’è fatta oppure no?
Non mi sembra delicato…
Però è risolutivo. Oggi lo vado trovare, so dove abita. Mi
invento una scusa, chessò, che gli offro un posto allo Zibaldino, e glielo
chiedo. Vediamo se mi dice la verità o mi manda affanculo.
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