SPOGLIARE LA PRIMAVERA

La postina aveva un’aria sbarazzina sulla sua motoretta e sorrideva sotto la mascherina, mentre per la seconda volta faceva il giro dell’aiola intorno all’olmo, dove erano asserragliati, a debita distanza uno dall’altro, gli accoliti del circolo, tutti a loro volta con la mascherina sul volto. 

Alta via dei Parchi - 2017



C’è tra di voi uno che si chiama Licius? chiese infine, fermandosi e poggiando i piedi per terra. C’è qui una lettera indirizzata a lui, presso il circolo, al bar dell’olmo.

Sono io, disse l’interessato e si accostò per vedere. La postina gli porse la busta, si accertò che fosse tutto regolare, e partì via accelerando al massimo il suo mezzo in modo da lasciare una bella scia di fumo azzurrognolo, molto grato alle nari altrimenti inerte degli astanti.

Licius si guardò intorno, con la lettera in mano, avrebbe voluto un po’ di privacy intorno a sé, per poterla leggere con calma, poi, imbarazzato, rivolto a Sebastiano chiese:
Posso? indicando l’entrata del bar con la saracinesca alzata a metà.
Vai, vai, gli rispose il barista. E Licius, entrò nel locale passando sotto la saracinesca, col busto piegato e le gambe flesse.

Una volta dentro, andò dritto alla saletta sul retro e sedette a tavolino. Posò la busta sul ripiano e la osservò attentamente. Sul lato del destinatario lesse, sig. Licius, presso Circolo della parola, Bar dell’Olmo. Sul verso, destinato all’indicazione del mittente, trovò scritto Rimiratore.
E che cazzo! Pensò, qualcuno mi sta prendendo in giro. In genere non faceva uso del turpiloquio, per non offendere le orecchie degli altri, ma quando era da solo con se stesso, ogni tanto si concedeva una qualche trasgressione che lo faceva sentire meglio. Con mano esitante, strappò il bordo incollato della busta ed estrasse il foglio che conteneva.

Caro Licius, iniziava la lettera, non ti meravigliare se questa volta ho preferito scriverti piuttosto che romperti le scatole a voce. Scripta manent verba volant, ti pare? Ti vorrei proporre un gioco: io ti mostro come immagino si dovrebbe svolgere la lectio di oggi. Con buona pace di Mauritius che nemmeno se lo sogna. Se vuoi potrai rispondermi, dicendo come è stata, o come avrebbe dovuto essere secondo te. Alla fine vedremo di fare una sintesi.

Intento com’era nella lettura dello strano documento, Licius non aveva percepito che nella stanza erano entrati, uno alla volta e con le cautele del caso altri componenti del gruppo, lo stesso Maurizio che si era collocato al suo fianco, Ottavio, Pancrazio e qualche altro. Si guardò intorno stralunato; non riusciva a spiegarsi come ciò fosse avvenuto, sta di fatto che a quel punto, si trovò nella sala dove già tante altre volte aveva assistito al ripetersi dello stesso scenario, tutti tacevano e Maurizio, con voce calma parlava:

E siccome oggi cominciamo ad affrontare un argomento di un certo spessore, la Bellezza, che implica diversi punti di vista, coinvolgendo varie discipline, propongo di fare ricorso, per le successive sedute, all’ausilio di due specialisti di materie collaterali, come l’estetica e la filosofia, per illuminarci su aspetti particolari del concetto di bellezza, che ricadono sotto il magistero di queste due discipline.

Per questo vorrei chiedere la collaborazione di due cari amici, nelle persone rispettivamente di Romolo Bosi, il nostro illustre concittadino, pittore e professore d’arte, politico ed ex amministratore e l’esimio Dr. Valter Di Giacinto, grande appassionato di filosofia, che colloquia quotidianamente con Aristotele, tenendolo al passo con le più moderne teorie, che riesce anche a trasformarsi, in un bluesman del Mississipi, i quali potrebbero, ove accettassero l’invito, illuminarci su aspetti particolari del concetto di bellezza, che ricadono sotto il magistero delle loro discipline.

Cominciamo dal titolo di questa lezione: SPOGLIARE LA PRIMAVERA. Chi ha spogliato la primavera? Spogliare, in sé è un gesto che serve a mettere in evidenza la bellezza di qualcosa, oppure il contrario?

Un albero spoglio non è certo più bello di una pianta con foglie e fiori. Diverso è parlare di un corpo umano al quale l’atto di spogliare o vestire normalmente si applica.

Noi oggi però è solo allo spogliare che ci vogliamo limitare. Spogliare per scoprire la bellezza, che normalmente è nuda.

Pensiamo al corpo di una donna. Spogliarlo è la principale ambizione di un amante, nella fase iniziale dell’attrazione reciproca tra i due corpi. Gli amanti che lentamente si spogliano l’un l’altra, lui che toglie i veli, uno per uno, i capi più intimi, laccio dopo laccio, scoprendo un poco alla volta l’oggetto del suo desiderio. Operazione da erotomane, (tranne arrestarsi di fronte a qualche difficoltà nello sganciare una fibbietta, o sciogliere un ultimo nodo, quando la passione acceca o l’appassionato non è molto esperto…).
Ci si è chiesti: esiste ancora l’opera d’arte, se non ci sono spettatori e ammiratori? Il sorriso della Gioconda, o il fascino della Maja Desnuda, sarebbero ancora tali in un deserto dove non passa nessuno? Il tuono esiste se non ci sono orecchie ad ascoltarlo? O la quinta di Beethoven, così roboante?

Il big bang, posto che sia stato effettivamente l’atto iniziale dal quale è scaturito tutto, avvenne con un gran rumore o si verificò nel silenzio più assoluto, visto che non c’era nessuno ad ascoltare? E poi tutta quella materia me lo dite da dove è uscita?

Per me il bello esiste di per sé. Anche se nessuno lo vede, disse Licius con convinzione. Il bello è bello in assoluto, non è soggettivo, ma oggettivo.

Di fronte ad un uditorio che sempre più si appassionava al tema dello spogliare, accadde allora un fatto straordinario: Licius che si era pronunciato in quel modo, con il suo foglietto in mano, cominciò a parlare senza muovere le labbra, come fanno i ventriloqui.

Questa volta l’hai detta grossa, muggì dentro di sé il Rimiratore che era in lui. Come cazzo (Rimiratore si divertiva a volte a metterlo in imbarazzo di fronte alla gente, usando un linguaggio sboccato) fai a dire queste stronzate? Che ne sai tu del bello, oggettivo o soggettivo? Chi ti dà competenza in questo campo? Qui non si tratta di esprimere opinioni. Non è un problema di libertà. Si tratta invece di esporre delle teorie ed essere coerenti con se stessi. Anche con quello che si dice in altri campi.

Per esempio? Si interrogò Licius con un movimento labiale riconoscibile.
Se affermi, si rispose a bocca chiusa, che tutto è relativo, come fai a dire che l’arte è oggettiva, quindi assoluta?

A conferma di quanto appena detto dal suo alter ego interiore, Licius sentì la voce di Mauritius (aveva visto senza rendersene conto che appena arrivato il capo era venuto dritto al tavolino a riprendersi lo ius e rimetterselo come suffisso al nome, segno che oggi gli giravano), che blandamente (mai fidarsi delle gatte morte) affermava:

Per me la bellezza è relativa, come ogni altra cosa del resto, e lo è non solo nel senso che ho detto sopra, ma anche perché secondo me, il gusto estetico che è personale, è anche legato ad una componente di eros, che è varabile da persona a persona. Voglio dire che il godimento estetico non è puramente platonico, estatico, ma anche in parte erotico. Quando una cosa ti piace veramente, ti si muove qualcosa dentro che non riesci a trattenere, una specie di pulsione che ha molto di sensuale. Mano a mano che parlava Maurizius si riscaldava tutto e sembrava eccitarsi come nel bel mezzo di una erezione, per fortuna invisibile, perché era dietro il tavolo.

Ecco perché, proruppe Pancrazio, ai gay non piacciono le donne. Ora ho capito; grande Maurì!

Questo non è assolutamente vero, ai gay le donne piacciono come soggetto estetico, però senza avvertire la carica erotica, che investe invece l‘eterosessuale in presenza di una donna. La voce era di Ottavio che aveva in mente il modello di bellezza della Grecia classica, che vedeva le donne come dee.

Ancora una volta, mi avete portato fuori tema, lamentò Mauritius: torniamo alla primavera.
Mentre il corpo della donna si spoglia per ammirarne la bellezza, la primavera si riveste per essere bella. Ed ora, a questo punto della stagione è al culmine della sua bellezza.

Allora perché ho titolato spogliare la primavera? Perché quest’anno la primavera, rigogliosa come mai, non la possiamo godere per colpa della pandemia che ci ha costretti a rimanere chiusi nelle nostre abitazioni e quindi la primavera è come se non ci fosse. Certo le foglie sono sugli alberi, i fiori per terra, l’erba, le nuvole, il sole e il mare esistono, le rondini, sempre di meno, stridono nei nostri cieli, ma noi non possiamo goderne. Allora è come non esistessero.

La primavera reca con sé anche un risveglio dei sensi, come noto è la stagione più propensa alla nascita degli amori. Gli uccelli fanno le nidiate. I mari rigurgitano di flottiglie di avannotti. Tra gli umani rifioriscono i sentimenti più belli.

Ma noi vediamo una primavera spogliata, privata dei suoi orpelli, foglia dopo foglia, fiore dopo fiore, senza veli questa stagione è brutta. Pensate a cosa sarebbe successo se così non fosse stato, la primavera prorompente avrebbe acceso gli animi di amorosi sensi ed il fuoco della passione si sarebbe impossessato dei corpi nudi e splendenti, con un crescendo di desiderio e di sospiri.
Ah le notti odorose, le albe radiose, i temporali repentini, le sere interminabili, le lucciole, le stelle, l'amore...

Acc….!!! Ma non era vietato anche questo per tutto il tempo del lockdown? Cosa sospirare? No, fare l’amore. Sì, ma con la mascherina si può. (Parola di Steph, funzionario della Protezione Civile venuto da poco ad aggregarsi con noi).

Le ulime parole risuonarono nella stanza, con un’eco lontana, che sembrava non finire più. Licius aprì gli occhi e si guardò intorno e non vide nessuno. Erano andati tutti via, quando era successo? Non ci capiva più niente. Riprese il foglietto che aveva posato sul tavolino e lesse. In fondo, a piè di pagina era scritto:

Che ne dici, lo facciamo ‘stò pastrocchio?

Commenti

  1. L'Amico

    Rimiratore, seduto all'esterno del caffè Grande Italia, in attesa dell'arrivo di Evaristo, rilegge la lettera destinata a Licius, che nel gruppo degli intellettuali dello Zibaldino era la giusta vittima da manipolare, per intervenire nelle riunioni restando in incognito. "Aaaah, ben arrivato cornuto d'un romanaccio spione!" Disse, con espressione faceta e falsamente seria, mentre Evaristo, appena giunto con il solito borsello anacronistico sotto l'ascella, gli si si sedeva di fronte a un metro di distanza. Entrambi con le mascherine. "A morè che te sei arzato co la luna storta stamatina?" Replicò Evaristo posando il borsello sulla sedia accanto. Intanto si era avvicinata la cameriera con il palmare per la comanda e la mascherina calata sotto al mento. "Buon giorno Giusi, due caffè e due cornetti alla marmellata, paga il professore oggi e pure domani!" - Disse Rimiratore in perfetto italiano rivolto alla cameriera, una gradevole figura di giovane donna con una sfumatura di grazia e di attraente fragilità. Evaristo, amante della grazia e della gentilezza in una donna stravedeva per Giusi, s'alzò in piedi trattenendola con garbo: " Fija fermete'n momento, fatte vede: ma quando sei bella oggi con quel tenue rossetto e sto faccino grazioso!" Accennò un antiquato baciamano al ché Giusi sorrise ritirandosi dicendo - "Grazie professore lei è sempre così gentile, mi mette in imbarazzo. Però teniamo la distanza c'è il virus, abbiamo appena riaperto." - "A professo' e piantala de fa sempre il Don Giovanni che tanto nun ce cavi gnente, è pure maritata!" - Sbottò Rimiratore un poco seccato. - "A Evarì, ma che gnente gnente te sei 'ncontrato co quelli de lo Zibaldino sotto l'arbero vicino al Bar Dell'Olmo e ijai spifferato tutto quello che t'ho riccontato l'altro giorno?" Disse Rimiratore con tono tra il contrariato e il preoccupato. Seguì un lungo e imbarazzante silenzio - "Allora professo'?" - "...che dire...ero seduto vicino a un gruppo di sconosciuti che facevano interessanti discorsi di filosofia, tranne un certo Pancrazio che le sparava grosse, e allora sono entrato garbatamente in conversazione e mi è capitato, senza volerlo, di parlare di te e delle tue osservazioni mentre ascoltavi in disparte ... " arrivò Giusi con il caffè e i cornetti. Evaristo, sperando di far cadere l'imbarazzante conversazione, prese a mordere un cornetto. - "Ma non potevi farti gli affari tuoi e lasciarmi perdere?" disse Rimiratore serio e preoccupato sollevando la tazzina di caffè e proseguì - "ora per colpa tua mi hanno coinvolto e tu sai bene che non ho fatto studi umanistici, quelli mi si giocano a dadi! Sono un elettrotecnico, ho frequentato l'ITI, la cultura umanistica per me è un hobby, sono autodidatta. Devo ringraziare Eugenio, un mio compagno di collegio, l'unico che frequentava le Magistrali in una camerata di studenti dell'ITI. Lui era affascinato dalla tecnologia ed io da letteratura e filosofia". - "Conoscevo Eugenio, l'ho preparato io per l'esame di stato. Mi raccontò che tu facevi incazzare l'ingegnere di elettrotecnica perché mandavi a fuoco gli esercizi di montaggi sperimentali e na volta dovette pure prendere l'estintore...annamo da me và, me devi vedè ch'è successo al PC, non mi s'accende." Disse Evaristo alzandosi, mentre Rimiratore lo guardava torvo e si ripassava mentalmente l'intero vocabolario di parolacce all'indirizzo del suo amico.

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