SORA NOSTRA MORTE CORPORALE

Se non parlo, anche se solo brevemente, della morte, non sarò in grado di andare avanti, con i miei pensieri disordinati. E’ morta mia sorella Rita e la notizia ci ha colto, mia moglie e me, la mattina di domenica 3 maggio, e ci ha colpiti con la violenza di un terremoto, senza darci la possibilità di elaborarla, con quella immediatezza, imprevedibilità e naturale imposizione, che appunto incombono quando ci si trova di fronte ad un evento di cui non si può prevedere lo scatenamento e che, quando accade, ci blocca con la sensazione di non potere fare niente, per arrestarlo, limitarne i danni e la portata, ripristinare l’ordine precedente, così brutalmente scomposto. Impotenti di fronte alla forza della natura che si riprende il sopravvento, su di noi e la nostra arroganza, quanto meno ce lo aspettiamo, forse per ristabilire le priorità, umiliare la nostra superbia, farci tornare con i piedi per terra e considerare quello che realmente siamo. Poca, pochissima materia sensibile, in un universo immenso ed incommensurabile, che non si ferma di fronte alle nostre lacrime. 


Maria, S. Giovanni e Maria di Cleofa, part. del "Compianto" di Niccolò dell'Arca, Bologna 1463-90



L’ineluttabilità di certi avvenimenti, come appunto la morte, “da la quale nullu homo vivente po' scappare” dice Francesco nel suo “Cantico delle Creature”, è dato di fatto da tutti accettato come scontato. Ci ripetiamo Siamo nati e dobbiamo morire, con fatalismo indolore, facile filosofia, che sembra non toccarci.

Quasi non ci crediamo; chissà, forse per me non succederà…in ogni modo c’è tanto tempo, meglio non pensarci. Questo in genere accade quando a morire non siamo noi. O qualcuno molto vicino a noi. Al quale vogliamo molto bene e senza il quale ci sembra di non poter vivere.

Quando invece la cosa accade (non ancora a noi, altrimenti non saremmo qui a scriverne), ma ad una persona cara, l’avvenimento ci ferisce, ci offende…proprio a noi…così all’improvviso…senza nemmeno un preavviso (nel mondo giuridico almeno esiste la diffida che precede l’atto giudiziario).

Prima di chiederci cos’è la morte, dovremmo interrogarci su cos’è la vita. Ma questa non è l’ora pe

r certi sofismi: questa è l’ora del dolore. Il dolore di cui il cosmo non si cura. Nel nostro piccolo mondo, invece, il dolore è grande. Lo strazio, il pianto, lo sconforto, sono i modi di manifestare quello che proviamo per la cara persona che ci ha lasciato e per il vuoto che la sua scomparsa ha creato in noi. Piangiamo per lei, che avrebbe potuto vivere ancora, ma anche per noi, che siamo stati privati della sua presenza, sulla quale facevamo affidamento per affrontare determinate situazioni che da soli non sapremo come risolvere.

Rita ha avuto una vita piena di affetti, soddisfazioni, gioie e dolori come tutti gli altri. Come tutti gli esseri dotati di ragione, sentimenti e senso etico della vita, ha cercato di attenersi ai principi principali del vivere onesto. Ha profuso affetto e amore, a figli, marito, fratelli e nipoti in quantità. Ed ha raccolto molti frutti. Ha avuto la fortuna di raggiungere un’età in cui non si possono avere rimpianti.

Con lei va via una parte di noi, quella che abbiamo condiviso, da ragazzi e poi da giovani e da adulti, le pene gli affanni che insieme abbiamo vissuto, le gioie di ognuno, godute collegialmente. Con quel tanto di più che lei, essendo la primogenita, ci ha donato nella sua generosità.

Parlo di me, cara sorella, che da te ho preso tanto. Tu mi hai sempre apprezzato più di quanto meritassi ed io nella vita ho avuto costantemente te per modello, il sottile filo che ci univa, che poi si è protratto nel rapporto del tutto particolare che io, come zio, ho avuto con i tuoi figli, esperienza unica, con reciproco profitto, di cui non potrò mai dimenticare le ricadute, che continuano tuttora, nonostante il tempo ci abbia in qualche modo allontanati.

Lei certo non avrà recriminazioni da fare per quanto capitatole, né rivendicazioni da avanzare. Non ci sono resti da avere indietro. Per parte nostra, dobbiamo essere grati alla sorte di aver potuto godere della sua amicizia e della sua presenza, per il tempo stabilito. Ce lo ripetiamo per non contraddirci. Ma quello che per il cosmo è nulla, per noi è tutto. Viviamo di affetti in un micromondo tutto nostro e soffriamo in maniera spaziale. Perché il nostro spirito non ha confini, nel bene e nel male, nella felicità e nell’abbattimento.

Tra le nostre pratiche consolatorie, di esseri appartenenti al genere homo, dotati di intelletto e resi quindi sensibili a tutte le meraviglie del mondo, usiamo dire che la morte è un viaggio, anzi IL viaggio verso la luce.

Io voglio dire invece che la vita è un continuo viaggio, che ci porta in un posto che è quello che vogliamo ignorare, ma è quello al quale siamo destinati. La morte è l’arrivo, non la partenza.

La nostra sorella ha varcato la soglia che noi pure varcheremo, quella della verità di ogni cosa. E tutto sarà composto nel modo migliore.

Ciao, Rita, ci troveremo tra le nubi, nel vento, o chissà, sulla scia cosmica di qualche cometa
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Commenti

  1. Rimiratore lascia il posto a Lucio che ti porge le condoglianze per la morte di Rita, tua sorella. Voi tutti fate parte della mia vita fin dai tempi che ci trovammo a vivere nel Palazzo Dei Maestri. Da reminiscenze scolastiche ricordo questa massima ma non so di chi è:"LA MORTE DI OGNI UOMO MI DIMINUISCE", io aggiungo che la morte di una persona cara spegne un pezzetto del nostro cuore, una parte di noi muore con essa. Possiamo filosofare quanto vogliamo dimostrando anche che la morte non esiste, illudendoci o sperando nell'esistenza di un io trascendente perenne, desiderando come tu dici e sperando fortemente in "quel dopo" che potrebbe consentirci di ritrovarci tutti. Ma al dunque temo che vacilleremo di fronte all'ignoto che ci aspetta. Più che cognato sei per me sempre stato un fratello maggiore e come tale ti voglio bene.

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