IGNAVIA

L’ignavia non è una scelta. Se lo fosse, infatti, dovremmo rivedere per intero la stessa nozione che dell’ignavia abbiamo, che è quella del marchio che contraddistingue il modo di agire di chi, di fronte ad un dilemma, che obbliga di stare da una parte o dall’altra, non sceglie, per inerzia, comodità, o interesse personale.
 
Scheggia di una bomba della II Guerra - Bologna 2018


Può essere una maledizione. E’ l’atteggiamento di chi, anche di fronte ad una scelta radicale, qual è quella tra il bene e il male, sceglie di non pronunciarsi, e non perché ignori da quale parte si trovi la verità, oppure perché non sappia che con un piccolo sforzo si possa raggiungerla; si comporta così in quanto il suo interesse non è di dichiarare il vero ma di salvaguardare quello che lui ritiene essere il proprio bene. 

L’ignavia non è un cappotto che si porta solo quando fa freddo, o un vestito per determinate occasioni. L’ignavia è un abito di pelle che si porta addosso sempre. La differenza fra diversi tipi di ignavia consiste nel diverso spessore della pelle e quindi nella capacità di ognuno di atteggiarsi nei confronti di questo importante aspetto del carattere delle persone.

Mauritius (qua ci vuole proprio l’ ‘ius’, simbolo di caratura dottrinale), aveva iniziato da poco la sua lectio magistralis (che ti dicevo?) per fare un processo con tutte le regole, all’umanità così poco versata secondo lui a determinare il proprio destino, piuttosto che a subirlo, quando Pancrazio intervenne autorevolmente, con la foga che gli era solita.

Io, per esempio non ignavio mai, affermò con convinzione. Se c’è da menare a qualcuno, sono sempre il primo. Perché aspettare? Meglio buttarsi subito nella mischia. Così sono sicuro di avere la meglio.
Mauritius si tolse un momento gli occhiali e guardò con occhi miopi verso il punto dal quale era arrivata la voce ben nota.

Grazie Pancrazio del tuo intervento ad adiuvandum, anche se non ce n’era bisogno. La parola ignavia è un sostantivo e non si declina come un verbo. A parte questo, qui stiamo parlando di cose un tantino più elevate delle tue baruffe. Quindi ti prego di desistere e lasciarmi parlare. Con gli occhiali di nuovo sul naso, gli occhi del relatore, riacquistarono la solita vivacità, che non senza. E puntarono dritto lo sguardo sull’ingombrante interlocutore, per leggerne le reazioni sul volto largo.

Sì, volevo dire soltanto…

Abbiamo capito le tue buone intenzioni, caro Pancrazio, ma le tue osservazioni erano alquanto inopportune. Converrai…

Sono già qui, se hai altro da dirmi, dillo subito, senza aspettare che venga un’altra volta e rimandare, che fa ignavi?

Va bene, signori, disse Maurizio (ridimensionato e quindi privo dello ‘ius’), per oggi mi sa che abbiamo finito prima di cominciare. Da questo momento Pancrazio può dire quello che vuole. Ora posso continuare, così, tanto per concludere?

A me non dai nessun fastidio; sei tu che per ogni cosa che dico, caschi dalle nuvole, si intestardì Pancrazio.

Maurizio ignorò le ultime parole del Panca e riprese: Stavamo parlando dell’ignavia, che è una brutta bestia. Si comincia col non rispondere alla domanda vuoi più bene a mammà o a papà? Per paura di perdere i privilegi della preferenza accordata all’una o all’altro dei due genitori, fino ad arrivare a non scegliere fra destra e sinistra, tra ciò che è bene e ciò che è male.

L’odiosità della posizione di chi, di fronte ad una scelta importante, che determinerà il successivo corso della vita, non prende partito per opportunismo, per vedere come si mettono le cose e trarne vantaggio, schierandosi dalla parte vincente immediatamente dopo, non suscita pietà, o commiserazione, ma solo disprezzo. 

L’ignavia può essere figlia della paura del debole, o della furbizia del meschino, ma in ogni caso induce rifiuto da parte di chi l’osserva.

Dante, nella Commedia, pone gli ignavi nell’Antinferno, perché non li ritiene degni neanche dell’Inferno: sono schifati anche dai diavoli. Anche se proprio tra di essi si verificò la prima manifestazione di ignavia, secondo il racconto biblico, quando, all’atto della ribellione di Lucifero contro Dio, alcuni angeli non seppero schierarsi né con i rivoltosi, né con quelli rimasti fedeli a Dio e andarono a costituire il primo nucleo degli ignavi, reietti invisi a tutti, anche ai condannati delle bolge infernali.

Molti si sono chiesti il motivo per cui Dante, in quel suo Antinferno, ricettacolo degli ignavi, non abbia messo Ponzio Pilato, che di quella categoria avrebbe dovuto essere un antesignano. Proprio lui che di fronte alla scelta di condannare o assolvere Gesù, che da lui interrogato era risultato esente da qualsiasi colpa, decise, con il suo plateale gesto di lavarsi le mani di fronte al pubblico, di non decidere e lasciare Gesù nelle mani dei suoi oppositori.

Su Ponzio Pilato si è detto tutto e il contrario di tutto. Anche da parte dei cristiani, tra i quali si trovano alcune frange di credenti, per i quali egli sarebbe addirittura stato dichiarato santo. In ogni modo, per Pilato, la questione posta dai sacerdoti del Sinedrio su Gesù, fu una bella gatta da pelare.
Gesù era ebreo e Pilato un gentile romano, Procuratore della Giudea ebraica, quindi il Romano ritenne che fosse una buona soluzione lasciare una questione religiosa insorta tra gli ebrei in mano agli ebrei. C’erano di mezzo la ragion di stato e la sua permanenza in loco come Procuratore. Cesare Augusto non voleva grane con i fanatici religiosi del medio oriente.

Ma i Grandi Sacerdoti non si accontentarono di una punizione qualsiasi da impartire al presunto eretico, essi lo volevano morto, e le autorità civili ebraiche, sotto l’occupazione romana, non avevano la potestà di condannare a morte, quindi occorreva una decisione dell’autorità occupante. La decisione di condannare a morte Gesù fu dunque tutta di Pilato, anche se presa in maniera indiretta e forse anche questo rientrava nel grande disegno di Dio che aveva deciso di sacrificare suo figlio sulla croce. 

E’ un’ignominia, intervenne a questo punto Licius ed hanno ragione tutti quelli, atei o credenti di altre fedi, che ritengono la crocefissione dell’uomo Gesù, uno scandalo della religione cristiana.

Anche se poi costoro esagerano affermando anche che i cristiani, con l’istituzione dell’Eucarestia, prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, compiano ogni giorno atti di cannibalismo assumendo con la comunione l’ostia consacrata.

E’ un’ignavia o un’ignominia? Brontolò Pancrazio. Mi sa che qui state facendo un casino grande così – e fece il gesto con la mano – alla fine non ci capiremo più niente. Abbiamo detto che l’ignavia è quando uno non sa che dire e l’ignominia allora che sarebbe? Quando uno dice una cazzata?
Pancrazio girava gli occhi intorno in cerca di consensi, ma nella stanza si fece uno strano silenzio e tutti gli occhi erano abbassati a terra, o guardavano da un’altra parte.
Va bene, ho detto una stronzata, continuò Pancrazio, ma voi tutti belle statuine, che avete fatto? Che forse il gatto vi ha mangiato la lingua?

Ma, no Pancra, disse Licius, vedi com’è…

Un paio di palle, sbottò alfine l’energumeno (guai a dire questa parola davanti a lui!), è che siete tutti degli ignomini e non avete il coraggio di…

Sentite amici – questa volta la voce di Maurizio era forte e chiara (aveva preso in mano il microfono immaginario) - per questa sera credo che abbiamo discusso abbastanza, possiamo chiuderla qui.

Ringrazio tutti e specialmente Pancrazio, senza il quale le nostre riunioni non sarebbero quello che sono.

Scusate maestro, si levò in fondo una vocina da Pierino della prima elementare, perché, che sono?

Il brusio del liberi tutti che si levò presto nella sala, coprì per fortuna la risposta pepata dell’oratore che ne aveva fin sopra le orecchie. Si tolse lo ius dal nome come ci si toglie un cappello e lo posò sul tavolo, quindi si alzò: aveva un bisogno urgente di una buona boccata d’aria. Si sentiva Maurizio più che mai.

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