PROTRETTICO

Personalmente ritengo che i paradigmi platonici, le famose Idee, abbiano una natura essenzialmente politica, quella di spingere le persone e, per loro tramite, le collettività stesse, a distaccarsi  dall'oppressione della mera contingenza (raffigurata con la celeberrima immagine della caverna), ad alzare lo sguardo da ciò che siamo nell'immediato per interrogarsi su ciò che dovremmo essere, come singoli e come gruppi sociali.
Una conseguenza immediata di tale impostazione sta nel fatto che non sarà mai automaticamente vero e giusto ciò che torna utile al tiranno di turno, posizione questa che il filosofo fece sostenere da Trasimaco nella Repubblica, per poi contestarla in maniera alacre e puntuale. Ciò fa di Platone probabilmente il pensatore più antiautoritario di tutti i tempi, non solo il primo grande democratico ma anche, come sostenuto dall'amico studioso Gabriele Zuppa, "uno dei pochi".

Compito precipuo del filosofo per Platone è infatti sempre e solo quello di mostrare la distanza esistente tra ogni sistema di governo concretamente dispiegatosi nel presente e il paradigma ideale.
Naturalmente, riuscire a delineare il modello ideale è compito estremamente arduo, a cui Platone stesso dedicò una vita intera, probabilmente senza essere mai perfettamente soddisfatto dei risultati raggiunti. Tuttavia, se si rinuncia al concetto stesso dell'esistenza di un modello ideale, di un paradigma, la conseguenza immediata è l'appiattimento del reale sul contingente, sul presente. E, a quel punto, chi controlla il presente controlla il reale.

Obiettivo del Partito nella società futuribile immaginata da George Orwell in 1984 è esattamente quello di eliminare del tutto il riferimento ad ogni paradigmatico "dover essere" dell'uomo e della società, per inchiodarlo all'essere immediatamente sperimentato in un eterno presente che viene ferreamente delimitato, controllato e imposto dal Partito. Controllare il presente significa, infatti, controllare anche il passato e il futuro.


Come rimarca velenosamente l'illustre esponente del Partito Interno O'Brien, tra l'una e l'altra delle sedute di tortura da lui inflitte all'eretico Winston Smith, il passato non è qualcosa che esista concretamente: il passato persiste, in maniera flebile e distorta, solo nella memoria delle persone che lo hanno sperimentato direttamente e nei documenti che in qualche modo lo attestano.
Chi controlla il presente ha tuttavia il pieno dominio su tutto l'apparato documentale, che può essere e viene, nel mondo immaginato da Orwell, sistematicamente riscritto in modo da renderlo sempre perfettamente aderente al disegno del presente di volta in volta più consono agli obiettivi del Partito.

Non basta, potendo agire sulle leve dell'educazione e del condizionamento sociale sin dalla più tenera età, in 1984 il Partito esercita già un controllo pervasivo sulle coscienze e si accinge a renderlo sempre più esteso, con il pieno dispiego degli strumenti del bipensiero e della neolingua che, abbattendo un altro dei capisaldi della filosofia greca classica, il principio aristotelico di non contraddizione, mirano a eliminare alla radice la possibilità stessa di ogni pensiero di opposizione.

Una volta che si controlli il presente e il passato, si controlla giocoforza anche il futuro.
In qualche misura, nella società orwelliana pienamente dispiegata, ne viene meno il concetto stesso. Il futuro, come il passato, non ha infatti un'esistenza in sé. Esso si manifesta nei piani del Partito e nelle coscienze degli individui, entrambe saldamente in mano al Potere.
Scompare quindi del tutto il concetto stesso di speranza. Si spera se si ritiene che altro e diverso dal presente sia possibile. Ma nel mondo di 1984 non esisterà mai alcuna distanza tra il futuro pianificato e il presente realizato, perché questi due poli vengono costantemente tenuti allineati dalla riscrittura permanente dei piani passati, al fine di renderli costantemente aderenti al presente di volta in volta perseguito dal Partito.
Scompare il concetto stesso di delusione, insuccesso, frustrazione. Il mondo, e la vita di ognuno, sono quello che, istante per istante, il Partito stabilisce che siano. Alternative non se ne danno.

I filosofi (e che cos'è il Winston Smith orwelliano se non un filosofo?), assai mal visti persino ad Atene, che mise a morte Socrate, dopo aver costretto alla fuga Anassagora (sorte che, in seguito, sembra sia toccata allo stesso anziano Aristotele), costituiranno quindi i primi e i più pericolosi avversari del sistema di potere immaginato da Orwell: perché una sorta di incomprimibile istinto li costringe a interrogarsi sull'esistenza di traiettorie storiche possibili e alternative rispetto a quelle perseguite e professate dal Potere.
In quanto tali, essi saranno perseguitati in maniera spietatamente feroce. Dai filosofi non si pretenderà solo una formale rispetto delle regole, dovranno con ogni mezzo essere indotti non solo a ubbidire ciecamente al Grande Fratello, ma ad amarlo e venerarlo.

Alla lucida e spietata analisi orwelliana, un solo aspetto era mancato per delinearsi come perfetta profezia: il concetto, formulato successivamente da Herbert Marcuse, di tolleranza repressiva (su questo punto era stato più lungimirante Aldous Huxley ne Il mondo nuovo, scritto quasi vent'anni prima).
Gli organismi al potere nelle moderne società di massa avrebbero infatti non solo tollerato, ma finanche esaltato, il diverso, l'eterodosso, l'individuo immaginifico, a patto però di vederlo ridotto alla più completa irrilevanza.
I "creativi" infatti sono perfettamente funzionali a un sistema consumistico che si nutre del continuo, del tutto superficiale ma indispensabile, ricambio delle mode.
La vera società chiusa avrebbe allora assunto le sembianze delle moderne liberal-democrazie capitalistico-consumiste, dove tutto è consentito a patto di rimanere nel regno della chiacchiera e della curiosità, e soprattutto di non ostacolare, e possibilmente favorire, il flusso perennemente crescente delle merci e degli scambi.
Va detto tuttavia, a onor del vero, che allorquando dovesse accadere che, per qualche scherzo del destino, un manipolo di "creativi" uscisse dal seminato, finendo per porre seriamente in discussione i meccanismi del Potere, allora, statene ben certi, vedremmo tornare puntualmente all'opera il Ministero dell'Amore  orwelliano, con la sua psicopolizia e tutto il suo apparato repressivo da manuale.

Esistono, come nel caso di ogni opera letteraria di spessore, diverse chiavi di lettura di 1984. Personalmente, alla luce di quanto detto, tendo a vederci soprattutto un grande valore protrettico (1), di invito alla filosofia, alla speculazione critica e aperta.
Un implicito omaggio al più grande pensatore critico di tutti i tempi, quel Platone che per primo ci ha spinti a chiederci se il tetro antro dove ci vediamo spesso confinati giorno per giorno rappresenti davvero il migliore dei mondi possibili.


(1) protrèttico (o protrèptico) agg. e s. m. [dal gr. προτρεπτικός, der. di προτρέπω «promuovere, stimolare»] (pl. m. -ci), letter. – Che tende a esortare, a stimolare: scritti, discorsi p.; come sost. (con quest’uso è più com. la forma Protrèpticon, traslitt. del gr. Προτρεπτικόν), è stato usato quale titolo di opere greche che esortavano allo studio della filosofia (in partic., di un’opera giovanile di Aristotele, di cui si conservano alcuni frammenti).   (Vocabolario Treccani)

Commenti

  1. Un grande ritorno: grazie, Valter.
    Più protrettico di così...complimenti.

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  2. Grazie mille, Bruno. E' un piacere e un onore.

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