L'ELMO DI MAMBRINO

Torneremo a respirare ha detto ieri il Presidente del Consiglio. Sui prati torneranno a fiorire le margherite è il messaggio che ci ha lasciato il regista Ermanno Olmi con il suo ultimo film sulla guerra. Tutto passa e le ferite inferte a questa nostra terra, guariranno, questo è l’augurio.

Un uomo giusto e saggio, pazzo per la sua ingenuità e genialità, piena di fiducia sulle sorti dell’umanità, ha voluto onorare il nostro sodalizio il giorno prima del discoro di Conte e ci ha preso in pieno con la sua anticipazione sull’amore e il desiderio, lui combattente infaticabile fedele solo al suo ideale immarcescibile (le parole sono sue, io mi limito a riferirle) legato all’onore di una dama di grande bellezza, la rinomata Dulcinea del Toboso. In che senso? Nel senso che nel discorso di Conte il tema era tutt’altro e tra i due, sinceramente…chi non preferirebbe l’amore?

Ma quale non fu la sorpresa, il giorno dopo la sua visita, quando nell’ambiente già vivace del circolo, (le parole di Conte erano state interpretate come un parziale ritorno alla normalità e già più gente si aggirava dalle parti dell’Olmo), nelle ore centrali del mattino, uno strano postino, vestito in abito a dir poco demodè, si presentò all’ingresso del bar, non ancora riaperto, ma con la saracinesca sollevata a metà, segno che dentro qualcuno lavorava a predisporre l’occorrente per l’evento a breve , recando un grosso pacco.


Il gorgo - Foto dal web


Sul destinatario nessun dubbio, il pacco era chiaramente indirizzato a quel Faro di conoscenza che era Lo Zibaldino, guida sicura per i “Rari nantes in gurgite vasto” (credevate che Il Lungo ignorasse Virgilio?), che tanto rari non erano ed affollavano gli ambienti vasti della più soave insipienza.

Nella lettera di accompagno che era legata ad esso, era detto, sempre in termini aulici e sopra le righe, che si trattava di un omaggio fatto dal Cavaliere Don Chisciotte all’esimio circolo, consistente in un prezioso cimelio della cavalleria, nientemeno che il famoso Elmo di Mambrino, il re moro, pagano (in realtà musulmano, ma per Don Chisciotte chi non era cristiano non poteva che essere pagano, come i gentili all’epoca di Saulo-San Paolo), fiero avversario dei guerrieri crociati. Alla sua morte, l’elmo divenne un trofeo ambito dai cavalieri cristiani.

Don Chisciotte aveva giurato di conquistare l’elmo, al momento introvabile, ed aveva creduto di averlo riconosciuto, un giorno, sulla testa di un cavaliere della Mancia, cosa per cui, immantinente, aveva sfidato l’ignaro possessore di quel tesoro, in un leale duello, e, sconfittolo, l’aveva costretto a cederglielo.

Sembrava impossibile che l’allampanato cavaliere, cui l’elmo era così caro, lo avesse donato al circolo, per cosa poi? Neanche una conferenza stampa gli avevano fatto fare, né una gara in un torneo cavalleresco, a comprova del suo alto valore, con la scusa che in paese c’era il virus. E perché, egli non si sarebbe battuto anche contro di esso? Come aveva già fatto contro tutti i diavoli dell’Inferno?

Fatto sta che Mauritius, firmata la ricevuta e preso il pacco, in qualità di primus inter pares di quel gruppo scalcagnato di pseudo-intellettuali, usò ogni cautela nell’aprirlo, così avvolto com’era in un involucro formato di più fogli di una pesante carta, che certamente non era di Fabriano. Sfoglia, uno, sfoglia due, tre, alla fine apparve in tutta la sua lucentezza di coccio smaltato, un bacile di dimensioni piuttosto grandi e profonde, da poter contenere la testa, se capovolto. Sancio disse a suo tempo che si trattava di un tipico arnese da barbiere, anche se la foggia non era attuale e sembrava un reperto d’altri tempi, in uso forse alcuni secoli prima.

Don Chisciotte, una volta conquistato il prezioso cimelio, lo aveva calcato in testa ed aveva constatato che era molto ampio, d’altronde Mambrino era una specie di gigante, epperò, mancava della celata che era la parte inferiore dell’elmo.

Fosse stato anche un elmo dimezzato, Don Chisciotte, nel farne dono al circolo, certo doveva aver fatto un grande sacrificio e Mauritius se ne sentì particolarmente onorato.

Manca una cosa…disse subito Pancrazio.
Sì, lo so,rispose Mauritius…
Il manico, aggiunse subito il primo.
Come il manico? Chiese costernato il secondo.
Per essere un vaso da notte, manca il manico, rispose Pancrazio senza esitazione.

Dopo la riapertura del circolo - precorriamo i tempi, in attesa di un futuro migliore - e dopo molte discussioni, la decisione fu di collocare la bacinella con tutti gli onori, in una teca posta dietro il bancone e alle spalle di Sebastiano, a ricordo dell’evento eccezionale: un semplice ritrovo di desocupatos lectores aveva vissuto un momento memorabile e irripetibile, da celebrare per un tempo almeno pari a quello trascorso dalla scomparsa dell’elmo di Mambrino, al suo ritrovamento e al suo miracoloso approdo al circolo.

Per la scelta della didascalia, da apporre alla teca, fu deciso di indire un apposito concorso al quale avrebbero potuto partecipare tutti gli affezionati frequentatori, esclusi i componenti della giuria, individuati fin da subito, in Pancrazio e Sebastiano, più tre altri componenti da nominare al momento della indizione. Segretario Ottavio.

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