IL NULLA

Mano a mano che la data della riapertura si avvicinava, i soci, a piccoli gruppi, avevano cominciato a frequentare lo spazio antistante l’ingresso del Bar, nei pressi dell’aiuola che ospitava l’albero che aveva dato il nome al bar, l’olmo quasi centenario che costituiva uno degli elementi di maggior richiamo di quell’angolo di piazza. Anche per via del muretto sormontato da una larga base piatta, comoda per sostare brevemente sedendo. E chiacchierando, naturalmente, come avviene tra amici, quando ci si incontra per la via e per caso.

Ecco un giorno Pancrazio – uno dei più assidui frequentatori – che arriva e pone subito, a tutti e a nessuno, un problema di non facile soluzione.

Ho letto, disse, un libro che mi ha molto interessato, anche se non ci ho capito niente; si parlava di nulla e di tutto in questo libro, spiegando che il nulla è quando non c’è più nessuna cosa, il contrario di quando invece c’è tutto. Io già non capisco come possa esserci un nulla in una stanza dove non c’è niente, ma ancora di più come possa esserci tutto. Chi stabilisce che quello che c’è è tutto? Poi si dice una cosa inutile che cioè niente è meno di nulla. Certo, dico io, se nulla è nulla, cioè una cosa che non esiste, niente che esiste, può essere inferiore al nulla. Ma niente, non è già nulla? Ecco questa è una cosa che mi fa impazzire. Niente e nulla non sono la stessa cosa? Ma che dico cosa? Se non è nulla, non posso dire cosa! E poi, dire nulla è meno di nulla, che senso ha? E’ chiaro, no? Che nulla è sempre nulla, non può essere né inferiore, né superiore a nulla, cioè a se stessa. Ma mi chiedo, ancora, allora, questo nulla, esiste? Aiutatemi per favore, perché io in questo guazzabuglio mi sto perdendo e sarebbe la prima volta.

Mauritius e Licius erano un po’discosti e mostravano di non essere interessati all’argomento. In realtà non sapevano cosa rispondere.

Ottavio, forte delle sue radici culturali affondate nella Magna Grecia, (siciliano delle parti di Siracusa, aveva sentito parlare dei presocratici, Platone e un poco pure di Aristotele), azzardò una risposta generica, ma pregna di grandi e gravi sviluppi:

Voi sapere, principiò, che noi uomini (e donne) veniamo dal nulla e nel nulla siamo destinati a tornare. Il nulla è nulla, come giustamente dice Pancrazio; noi ci possiamo porre il problema di come lo possiamo immaginare, visto che non esiste. Lo vogliamo vedete come un vuoto? Ma cos’è il vuoto? Se ci affacciamo ad un balcone, vediamo il vuoto, ma è anche il nulla? Oppure pensiamo che sia come il buio? Ma cos’è il buio? Di notte, senza luna siamo al buio e contempliamo il nulla? Ovvero, forse ci sono, con l’aiuto della matematica: il nulla è come uno zero assoluto. Lo zero, in effetti è niente. Rispetto a tutti gli altri numeri, che esprimono un valore, lo zero non vale un accidente. Ma, attenzione, lo zero è il più misterioso dei numeri, ammesso che sia un numero e non una invenzione teorica, da solo non vale niente, con altre cifre può valere l’infinito.

Bibi Andersson e Liv Ulman in “Persona” film diretto da Ingmar Bergman, 1966

Prendendo la palla al balzo, Per me questa è la parola, intervenne Licius, che poco alla volta si era avvicinato a Pancrazio, attratto da quei problemi teorici, l’infinito che è grande come il nulla, e che ora nel discorso di Ottavio potrebbe risolvere molti problemi che hanno travagliato l’umanità fin dagli albori.

Ho sempre saputo che la nostra conoscenza si ferma a quello che potremmo vedere dal buco di una serratura, una porzione molto limitata di quello che è contenuto nella stanza che è il mondo, per dire tutto il creato, mentre ci sfugge tutto il resto, che è la maggior parte.

Dovremmo allora concludere – si decise ad intervenire Mauritius, più che altro per non mettere a repentaglio la sua autoproclamazione a capo di quei cervelli illuminati – che il nulla è la stessa cosa dell’infinito, due concetti puramente virtuali, di cui abbiamo una visione parziale ed arbitraria che non ci porta a nulla di concreto.

Ciò cozza, però, con ogni criterio di razionalità, che invece costituisce la base di quel poco o di quel tanto che abbiamo finora scoperto, obiettò Licius, con una serietà senza dubbio eccessiva, ben conscio come era lui stesso, che, certo di fronte alla invasione della pandemia che aveva occupato negli ultimi tempi, tutte le nostre energie fisiche e spirituali, quella concione sul nulla, costituiva un puro passatempo.

Permettetemi di concludere, amici miei, con un’idea che non è mia, ma che ho tratto da qualcosa che ho letto sull’argomento, adattandola a modo mio a quello che stiamo discutendo, che, mentre sembra buttare un po’ di luce sul buio che abbiamo evocato con questi ragionamenti, mi sembra una buona pezza, per dare una risposta, provvisoria fin quanto volete, alla domanda di Pancrazio.

Che cos’è dunque il nulla? Il nulla dal quale proveniamo e al quale torneremo? Diciamo che è una proiezione poetica della nostra mente su quello che non conosciamo razionalmente. Cioè sul prima della nostra nascita e sul dopo della nostra morte, che ci sfuggono. Mentre la vita, quella che si svolge dalla nascita alla morte, costituisce la parentesi di razionalità che ci è dato di possedere come esseri intelligenti ed agenti.

Questo discorso, pur essendo abbastanza semplicistico, sembrò accontentare tutti, il che dava conto, stavo per dire, rendeva giustizia, al livello di qualità ormai raggiunto dai riuniti, per quanto riguardava la profondità e l’acutezza dei loro ragionamenti.

Quel giorno, uno dei più prossimi alla riapertura del consacrato circolo, quando il gruppetto si sciolse, i vari componenti si allontanarono dal muretto dell’olmo, con fare incerto, quasi circospetto come congiurati, non sapendo quale direzione prendere, le bocche chiuse sotto le mascherine, neanche un saluto, gli occhi ed il volto illuminati da una strana luce (cosa non può fare la conoscenza!). A guardar bene ad alcuni di loro, i piedi camminando, non toccavano per terra.

Il virus? Di fronte al nulla? Vuoi mettere?

Commenti

  1. ...Rimiratore (un soprannome affibbiatogli dagli amici per la sua mania di stare in disparte ad osservare gli altri ed ascoltare le chiacchiere), poco discosto dal gruppetto, aveva ascoltato tutto e, bofonchiando tra se e se sotto la mascherina, diceva: "ma quale nulla se non conosciamo nemmeno tutto il conoscibile, è solo una questione di scelta delle parole. Le parole, che poi dietro ciascuna si nasconde una congerie di altre parole che la significano e definiscono, a loro volta significate da altre parole ancora, vanno scelte con cura altrimenti il discorso si complica sempre più; io avrei usato il termine "ignoto" in luogo "del nulla", perché mentre il nulla non è facilmente definibile l'ignoto definisce ciò che non sappiamo e che potremmo conoscere." Anche lui si mosse e se ne andò, preso dal rovello che si era innescato nella sua mente di polemico...

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