ESIBIZIONISMO

Ci sarà un momento in cui noi siamo veramente noi stessi? Si chiese Mauritius a voce alta, camminando nel chiostro del convento di S. Francesco ad Assisi, dove insieme a Licius erano ospiti di quella comunità, dopo che si era saputo del loro viaggio in Terra Santa, sulle orme del fondatore dell’Ordine, San Francesco, il quale nel 1219 si era recato laggiù mentre era in corso la quinta Crociata, e nella speranza di essere di aiuto nella riconquista del Santo Sepolcro, aveva incontrato il sultano Melek el Kamel, discendente del Saladino. Nello stesso momento, diversi frati, ognuno per conto suo, camminavano lungo il porticato, leggendo un breviario, assorti in profonda meditazione.

Molti a questa domanda si faranno cadere le braccia, interloquì Licius, ma come sarebbe? Noi siamo sempre noi stessi! A meno di non essere pupazzi o manigoldi.

So di non dire nulla di nuovo, se affermo che noi abbiamo a nostra disposizione un numero pressoché illimitato di maschere da indossare per le più svariate occasioni. Maschere come facce, insisteva tra sé Mauritius, una faccia per ogni circostanza, quando stiamo al lavoro, ai giochi, con gli amici, con i superiori, con le donne, quando facciamo l’amore. Sei stato mai sincero fino in fondo, nella tua vita? Con l’altra parte di te stesso che ti osserva? Con la donna che stringi fra le braccia, che ti guarda nel profondo dell’anima?

Scssssss…sibilò un frate, passando loro a fianco con sandali ciangolanti, lanciando sguardi di disapprovazione: Signori…la preghiera…disturbate la meditazione.

Da quando erano tornati da Israele, i due, avevano preso l’abitudine di passeggiare lungo sentieri polverosi, fermandosi soltanto ogni tanto ad una sorgente per bere un poco di acqua fresca e mangiare un tozzo di pane secco, e di ragionare di cose morali, questioni etiche, la felicità, la vita, la morte, la carità ecc. sull’esempio, fatte le dovute prese di distanza per l’abisso che li divideva, del santo dei Fioretti, quando, in pellegrinaggio col buon padre Leone, discutevano lungo le vie dell’Umbria, domando lupi di Gubbio, o convertendo uccelli ed altri animali, mentre parlavano di perfetta letizia.

San Francesco e il lupo

E che c…si trattenne appena in tempo dal dire Mauritius rivolto all’importuno frate che li aveva ripresi. Dai, Licius, usciamo di qua, sennò questi non saranno mai santi.

L’improvvido intervento di quel frate intollerante, fece scemare di molto la loro devozione, riportandoli a più umani ragionamenti.

Appena fuori del severo convento, i due presero per un sentiero tra gli alberi, che menava nel bosco.

Insomma che mi dici a proposito di questa pantomima? Non ti sembra che sia tutta una recita? Una finzione?

Ma la pantomima non è quel tipo di recitazione che si fa stando fermi e senza parlare?

Frate Leone, indipendentemente da quello che è stata e da dove è nata la parola pantomima, a me interessa il suo significato odierno, più ampio e figurato di quello di un tempo, di messa in scena, di rappresentazione, burlesca o satirica, anche triviale di una simulazione ad arte per fare apparire ciò che non è. Più o meno, siamo tutti sulla scena e recitiamo la nostra parte, indossando più vestiti e più maschere.

L’origine è sicuramente greca, intervenne Licius, che quando sapeva una cosa, o credeva di saperla, ci teneva a dirla. Poi, guardando in volto il suo interlocutore, Conosci qualcuno che non ci tenga? Aggiunse, come leggesse nel suo sguardo, l’obiezione che in quel momento gli passava per la mente.

C’è troppa vena di protagonismo, sentenziò Mauritius, di presenzialismo, guarda Facebook, tutti ci tengono ad apparire, non contano i contenuti, basta esserci ed allora qualsiasi cosa è buona per tener vivo il ricordo di sé. Molti poi credono di essere necessari per indicare la strada agli altri che navigano nel buio. Si credono guru, maestri, santoni e personal trainer. E’ tutta vanità, illusione, finzione.

Puro esibizionismo, ammise Licius. Tolti pochi che sanno il fatto loro, gli altri ciangottano come uccelli nel folto della chioma di un albero dalla mattina alla sera e sono soddisfatti di ciò, perché pensano che dia loro lustro.

Senti padre… volevo dire Mauritius, ci fermiamo a quella fonte e facciamo riposare i nostri piedi stanchi e ci rifocilliamo un poco? che porti tu nel sacco appeso alla tua spalla? Ti sei fatto preparare il cestino dal padre cuoco e dispensiere, visto che non saremo in orario per partecipare alla loro mensa?

Ho fatto di meglio, caro Licius; ho pensato che, quanto a te, puoi ben fare penitenza, vedrai che un po’ di digiuno non può che farti bene, io non ho preso questo sentiero a caso; poco avanti c’è una casina piccina piccina, dove abita una donna che alla beltà del volto e alla gradevolezza della persona, aggiunge una rara arte di preparare cibi raffinati. Mi sono premurato di prenotare da lei, prima di uscire, stamattina e mi sono assicurato un pranzo coi fiocchi…per due naturalmente! Che, ti sei spaventato? Sei diventato pallido di colpo. Pensavi davvero che ti avrei lasciato a guardare, mentre io mangiavo?

Il sospiro di sollievo del buon Licius, a queste parole, fu interrotto da un singhiozzo, per l’acquolina che rischiò di andargli per traverso. Anche il suo stomaco rumoreggiò sordamente per la fame e lui, con un colpo di tosse, dissimulò una finta difficoltà dovuta forse ad un insetto che inopinatamente si fosse insinuato nelle sue vie respiratorie.

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