EMMAUS
Secondo l’evangelista Luca, Emmaus (accento sulla E) era un sobborgo a pochi (circa 11) chilometri da Gerusalemme. Oggi l’originaria Emmaus non si trova più ed il posto dove sorgeva è di difficile localizzazione perché l’evangelista si è dimenticato di aggiungere quale direzione prendere, una volta fuori da Gerusalemme per raggiungerla.
E’ famosa per un passo del suo Vangelo, in cui si narra della prima apparizione di Gesù in corpo, dopo la sua morte. Al suo nome è anche legato un modo di dire della nostra lingua, andare a Emmaus, intendendo alludere ad una situazione nella quale si cerca affannosamente qualcosa che si ha sotto gli occhi, senza vederla. Questo perché, ad Emmaus due discepoli di Gesù incontrarono un uomo col quale si intrattennero a conversare, senza riconoscere in lui il Salvatore.
Undici chilometri a piedi non sono molti, ma con il caldo (il nome Emmaus, in ebraico significa Primavera Moderata, ma è da immaginare che nelle ore centrali del giorno, il caldo fosse comunque notevole), la polvere e il peso dei propri pensieri, rendevano il cammino faticoso. Quando le prime case dell’abitato apparvero ai due viandanti dopo l’ultima curva, come un’oasi di salvezza, essi se ne rallegrarono non poco. Erano usciti da Gerusalemme con la morte nel cuore, reduci da una grave malattia che li aveva condotti fin quasi sul punto estremo, ma poi si erano ripresi ed ora erano lì, fuori dalla pazza folla che aveva seguito con entusiasmo il processo, la condanna e la immediata messa a morte del Profeta Gesù, in quel modo infamante della croce. Non esisteva nulla di peggio in tema di esecuzioni capitali e i romani erano maestri di ferocia e di crudeltà nell’applicarla.
Camminavano trascinando i piedi per terra e sollevando molta polvere. Non si erano accorti di un uomo che li seguiva ed ora era arrivato al loro fianco e si era accostato, salutandoli.
Vi dispiace se vi accompagno fino al paese? Chiese cortesemente. La strada è ancora abbastanza lunga e viaggiare da soli mette melanconia.
Figurarsi, per noi è un piacere, rispose uno dei due.
Non è neanche che noi siamo tanto allegri, per la verità, aggiunse il secondo, forse ci puoi risollevare; siamo stati a Gerusalemme, dove ci siamo ammalati di una cattiva malattia e dove sappiamo che sono successe cose molto brutte.
Il nuovo arrivato aveva l’aspetto di un giovane bene in arnese, educato e vestito in maniera sobriamente elegante, ispirava fiducia e simpatia.
Come ti chiami? Gli chiese il primo.
Il mio nome è…in quel momento si udì un tuono che coprì la sua voce.
Sembra che stia per venire un temporale, commentò il secondo. Scusate ma non abbiamo inteso.
Mi hanno chiamato maestro, per via di certe lezioncine che ho dato nel Tempio, a dei bambini, disse l’uomo e tacque.
I due decisero di non insistere.
Quando giunsero alle porte del villaggio, era ormai notte e cominciavano a cadere gocce di acqua dal cielo.
Conosciamo una locanda dove potremo trovare cibo e riparo dalla pioggia, disse uno dei due.
Se vuoi, possiamo cenare insieme e conoscerci un po’, ti pare? aggiunse il secondo.
Veramente ero diretto altrove, ma data la vostra generosità, accetto con piacere cari amici.
La locanda era una stamberga, ma i tre trovarono conforto dalla stanchezza nel tepore della stanza e nell’odore di cucinato che vi ristagnava. Sedettero ad un tavolo un po’ appartato e si guardarono intorno. Il locale era mediamente affollato ed il brusio delle voci non disturbava, anzi faceva compagnia. Un uomo, seduto solo ad un tavolo di fronte, accennò un saluto, poi si mise a guardare in un’altra direzione.
L’oste, un uomo nerboruto e tarchiatello, si avvicinò asciugandosi le mani nel grembiule che indossava, con un’ampia pettorina.
I signori desiderano mangiare? Chiese con tono professionale.
Fatte le ordinazioni, i tre si rilassarono sulle sedie, e cominciarono con il presentarsi.
Io mi chiamo Mauritius, disse il primo e il mio compagno è Cleofa, o Cleopa, ma tutti lo chiamano Licius, per il fatto che ficca il naso dappertutto.
Io ho un nome strano, disse l’ospite, che tradotto significa Colui Che Viene. Ma non preoccupatevi, chiamatemi Mess.
E’ da pensare che l’uomo avesse le mani coperte, fino quasi all’attaccatura delle dita, forse per le maniche della tunica troppo lunghe, perché altrimenti non sarebbe stato difficile per i due discepoli, riconoscere in lui il Messia, dai buchi che doveva avere sulle mani, dal palmo al dorso, lasciati dai chiodi della croce.
Arrivò l’oste e depose sul tavolo un grosso pollo arrostito, un cesto di frutta, brocche e bicchieri per il vino e l’acqua, oltre ai pani.
Da dove vieni? Chiese Mauritius a Mess. Hai sentito quello che è successo a Gerusalemme?
Sono stato assente qualche giorno, rispose l’interrogato con fare misterioso…Ho perso qualcosa?
L’uomo più buono del mondo è stato ucciso sulla croce. Disse Licio, con le lacrime agli occhi.
Voi lo conoscevate? Chiese il Mess.
Siamo stati diverse volte ai suoi raduni e l’abbiamo sentito parlare. Ti posso assicurare che faceva venire i brividi.
Per il freddo o per la paura? Chiese egli sorridendo.
No, caro amico, per il coraggio. Personalmente non ho mai sentito nessuno parlare così apertamente e dire cose che nessuno avrebbe avuto il coraggio di ripetere.
Gli ultimi saranno i primi, ama il prossimo tuo come te stesso, se uno di dà uno schiaffo tu porgi l’altra guancia, hai presente? Mi meraviglio che le guardie non lo abbiano preso prima.
Sembra che Giuda, l’apostolo che lo ha denunciato, si sia impiccato ad un albero, la sera stessa dell’arresto.
Io non ci credo, disse ad un tratto Mauritius, Giuda non era mica tanto stupido! Lo hanno accusato delle cose peggiori, perfino di rubare dalla cassa comune che era incaricato di custodire e di aver venduto Gesù per trenta miseri denari. Ma Giuda veniva da buona famiglia e non avrebbe avuto motivo di rubare. Penso che ci sia sotto qualcosa di più grande, che non sappiamo.
Licius ascoltava meditabondo.
L’albero al quale si sarebbe impiccato Giuda, dicono che fosse un fico. Ma il fico è un albero traditore: ha rami robusti ma, fragili che si schiantano con facilità. E allora, sapete che vi dico? Per me Giuda è ancora vivo. La messa in scena dell’impiccagione è stata una farsa. Si è appeso al suo ramo per far vedere, ma subito dopo il ramo si è rotto e lui se l’è filata alla bene e meglio. Sotto falso nome, chissà dove starà, ora. E noi qui a recriminare sulla morte del nostro maestro.
Siete sicuri che fosse vostro? Disse il Mess. Siete sicuri di avere capito quello che lui ha detto? Tutto vi convinceva delle sue teorie? E se lo vedeste, ora, qui con voi, lo riconoscereste?
Io sì, rispose subito Mauritius.
Io dovrei sentirlo parlare, esitò Licius.
Siamo tutti uomini di poca fede, sentenziò lo straniero. Io non l‘ho conosciuto e non parlo per me; ma credo che se egli tornasse, tutti quelli che ora ne piangono la morte, lo farebbero uccidere di nuovo.
L’uomo non è fatto per la verità, concluse Mauritius.
Guardate voi, amici miei. Se uno vi dicesse che egli è tornato, che è vivo, perché è risuscitato dalla tomba, che voi lo avete incontrato e non lo avete riconosciuto, voi gli credereste?
Licius e Mauritius si guardarono con aria interrogativa. Ma chi è costui? Sembravano dire i loro occhi. Che vorrà da noi?
Ma ora debbo lasciarvi, annunziò con tono fermo. Ho ancora molta strada da fare e debbo rimettermi in cammino.
Ma non di notte! Esclamò Mauritius. Chiediamo un letto anche per te e ci riposeremo. Domattina partirai.
Per me non c’è giorno e non c’è notte, rispose il loro ospite cortesemente.
Per la prima volta i due discepoli notarono che l’uomo aveva capelli e barba biondi e due occhi cerulei che emanavano una strana luce.
In quel momento, l’oste chiuse con fracasso la porta della locanda e i due discepoli distolsero lo sguardo dal Mess, per volgerli alla sala, che nel frattempo si era vuotata. Poi i due tornarono con lo sguardo al posto dove era il loro ospite, ma, con grande sorpresa, si avvidero che la sedia dove egli era stato seduto fino a poco prima, era vuota.
Sbalorditi, chiesero all’oste se per caso, fosse uscito prima che lui chiudesse la porta.
Di qui non è uscito nessuno, rispose l’oste.
Ma allora, dov’è andato? Chiesero.
Chi? Domandò perplesso l’oste.
Solo a questo punto, Licius, si illuminò in viso e, rivolto a Mauritius disse: Lui è stato qui.
Mauritius era stravolto. Ora capisco, disse. Hai visto, quando abbiamo cominciato a mangiare, come ha spezzato il pane? Prendete e mangiatene, ha detto, questo è il pane della eterna alleanza, offerto in sacrificio per voi.
E che vuol dire? Chiese Licius.
Sono le parole che egli ha pronunciato nella cena con gli apostoli.
E tu come lo sai? Mica c'eri!
Me lo ha detto Giuda, quella sera stessa; l’ho incontrato che andava solo e sembrava sconvolto, Tutti gli altri erano con Gesù al Giardino degli Ulivi.
E’ famosa per un passo del suo Vangelo, in cui si narra della prima apparizione di Gesù in corpo, dopo la sua morte. Al suo nome è anche legato un modo di dire della nostra lingua, andare a Emmaus, intendendo alludere ad una situazione nella quale si cerca affannosamente qualcosa che si ha sotto gli occhi, senza vederla. Questo perché, ad Emmaus due discepoli di Gesù incontrarono un uomo col quale si intrattennero a conversare, senza riconoscere in lui il Salvatore.
Undici chilometri a piedi non sono molti, ma con il caldo (il nome Emmaus, in ebraico significa Primavera Moderata, ma è da immaginare che nelle ore centrali del giorno, il caldo fosse comunque notevole), la polvere e il peso dei propri pensieri, rendevano il cammino faticoso. Quando le prime case dell’abitato apparvero ai due viandanti dopo l’ultima curva, come un’oasi di salvezza, essi se ne rallegrarono non poco. Erano usciti da Gerusalemme con la morte nel cuore, reduci da una grave malattia che li aveva condotti fin quasi sul punto estremo, ma poi si erano ripresi ed ora erano lì, fuori dalla pazza folla che aveva seguito con entusiasmo il processo, la condanna e la immediata messa a morte del Profeta Gesù, in quel modo infamante della croce. Non esisteva nulla di peggio in tema di esecuzioni capitali e i romani erano maestri di ferocia e di crudeltà nell’applicarla.
Caravaggio, La Cena di Emmaus |
Camminavano trascinando i piedi per terra e sollevando molta polvere. Non si erano accorti di un uomo che li seguiva ed ora era arrivato al loro fianco e si era accostato, salutandoli.
Vi dispiace se vi accompagno fino al paese? Chiese cortesemente. La strada è ancora abbastanza lunga e viaggiare da soli mette melanconia.
Figurarsi, per noi è un piacere, rispose uno dei due.
Non è neanche che noi siamo tanto allegri, per la verità, aggiunse il secondo, forse ci puoi risollevare; siamo stati a Gerusalemme, dove ci siamo ammalati di una cattiva malattia e dove sappiamo che sono successe cose molto brutte.
Il nuovo arrivato aveva l’aspetto di un giovane bene in arnese, educato e vestito in maniera sobriamente elegante, ispirava fiducia e simpatia.
Come ti chiami? Gli chiese il primo.
Il mio nome è…in quel momento si udì un tuono che coprì la sua voce.
Sembra che stia per venire un temporale, commentò il secondo. Scusate ma non abbiamo inteso.
Mi hanno chiamato maestro, per via di certe lezioncine che ho dato nel Tempio, a dei bambini, disse l’uomo e tacque.
I due decisero di non insistere.
Quando giunsero alle porte del villaggio, era ormai notte e cominciavano a cadere gocce di acqua dal cielo.
Conosciamo una locanda dove potremo trovare cibo e riparo dalla pioggia, disse uno dei due.
Se vuoi, possiamo cenare insieme e conoscerci un po’, ti pare? aggiunse il secondo.
Veramente ero diretto altrove, ma data la vostra generosità, accetto con piacere cari amici.
La locanda era una stamberga, ma i tre trovarono conforto dalla stanchezza nel tepore della stanza e nell’odore di cucinato che vi ristagnava. Sedettero ad un tavolo un po’ appartato e si guardarono intorno. Il locale era mediamente affollato ed il brusio delle voci non disturbava, anzi faceva compagnia. Un uomo, seduto solo ad un tavolo di fronte, accennò un saluto, poi si mise a guardare in un’altra direzione.
L’oste, un uomo nerboruto e tarchiatello, si avvicinò asciugandosi le mani nel grembiule che indossava, con un’ampia pettorina.
I signori desiderano mangiare? Chiese con tono professionale.
Fatte le ordinazioni, i tre si rilassarono sulle sedie, e cominciarono con il presentarsi.
Io mi chiamo Mauritius, disse il primo e il mio compagno è Cleofa, o Cleopa, ma tutti lo chiamano Licius, per il fatto che ficca il naso dappertutto.
Io ho un nome strano, disse l’ospite, che tradotto significa Colui Che Viene. Ma non preoccupatevi, chiamatemi Mess.
E’ da pensare che l’uomo avesse le mani coperte, fino quasi all’attaccatura delle dita, forse per le maniche della tunica troppo lunghe, perché altrimenti non sarebbe stato difficile per i due discepoli, riconoscere in lui il Messia, dai buchi che doveva avere sulle mani, dal palmo al dorso, lasciati dai chiodi della croce.
Arrivò l’oste e depose sul tavolo un grosso pollo arrostito, un cesto di frutta, brocche e bicchieri per il vino e l’acqua, oltre ai pani.
Da dove vieni? Chiese Mauritius a Mess. Hai sentito quello che è successo a Gerusalemme?
Sono stato assente qualche giorno, rispose l’interrogato con fare misterioso…Ho perso qualcosa?
L’uomo più buono del mondo è stato ucciso sulla croce. Disse Licio, con le lacrime agli occhi.
Voi lo conoscevate? Chiese il Mess.
Siamo stati diverse volte ai suoi raduni e l’abbiamo sentito parlare. Ti posso assicurare che faceva venire i brividi.
Per il freddo o per la paura? Chiese egli sorridendo.
No, caro amico, per il coraggio. Personalmente non ho mai sentito nessuno parlare così apertamente e dire cose che nessuno avrebbe avuto il coraggio di ripetere.
Gli ultimi saranno i primi, ama il prossimo tuo come te stesso, se uno di dà uno schiaffo tu porgi l’altra guancia, hai presente? Mi meraviglio che le guardie non lo abbiano preso prima.
Sembra che Giuda, l’apostolo che lo ha denunciato, si sia impiccato ad un albero, la sera stessa dell’arresto.
Io non ci credo, disse ad un tratto Mauritius, Giuda non era mica tanto stupido! Lo hanno accusato delle cose peggiori, perfino di rubare dalla cassa comune che era incaricato di custodire e di aver venduto Gesù per trenta miseri denari. Ma Giuda veniva da buona famiglia e non avrebbe avuto motivo di rubare. Penso che ci sia sotto qualcosa di più grande, che non sappiamo.
Licius ascoltava meditabondo.
L’albero al quale si sarebbe impiccato Giuda, dicono che fosse un fico. Ma il fico è un albero traditore: ha rami robusti ma, fragili che si schiantano con facilità. E allora, sapete che vi dico? Per me Giuda è ancora vivo. La messa in scena dell’impiccagione è stata una farsa. Si è appeso al suo ramo per far vedere, ma subito dopo il ramo si è rotto e lui se l’è filata alla bene e meglio. Sotto falso nome, chissà dove starà, ora. E noi qui a recriminare sulla morte del nostro maestro.
Siete sicuri che fosse vostro? Disse il Mess. Siete sicuri di avere capito quello che lui ha detto? Tutto vi convinceva delle sue teorie? E se lo vedeste, ora, qui con voi, lo riconoscereste?
Io sì, rispose subito Mauritius.
Io dovrei sentirlo parlare, esitò Licius.
Siamo tutti uomini di poca fede, sentenziò lo straniero. Io non l‘ho conosciuto e non parlo per me; ma credo che se egli tornasse, tutti quelli che ora ne piangono la morte, lo farebbero uccidere di nuovo.
L’uomo non è fatto per la verità, concluse Mauritius.
Guardate voi, amici miei. Se uno vi dicesse che egli è tornato, che è vivo, perché è risuscitato dalla tomba, che voi lo avete incontrato e non lo avete riconosciuto, voi gli credereste?
Licius e Mauritius si guardarono con aria interrogativa. Ma chi è costui? Sembravano dire i loro occhi. Che vorrà da noi?
Ma ora debbo lasciarvi, annunziò con tono fermo. Ho ancora molta strada da fare e debbo rimettermi in cammino.
Ma non di notte! Esclamò Mauritius. Chiediamo un letto anche per te e ci riposeremo. Domattina partirai.
Per me non c’è giorno e non c’è notte, rispose il loro ospite cortesemente.
Per la prima volta i due discepoli notarono che l’uomo aveva capelli e barba biondi e due occhi cerulei che emanavano una strana luce.
In quel momento, l’oste chiuse con fracasso la porta della locanda e i due discepoli distolsero lo sguardo dal Mess, per volgerli alla sala, che nel frattempo si era vuotata. Poi i due tornarono con lo sguardo al posto dove era il loro ospite, ma, con grande sorpresa, si avvidero che la sedia dove egli era stato seduto fino a poco prima, era vuota.
Sbalorditi, chiesero all’oste se per caso, fosse uscito prima che lui chiudesse la porta.
Di qui non è uscito nessuno, rispose l’oste.
Ma allora, dov’è andato? Chiesero.
Chi? Domandò perplesso l’oste.
Solo a questo punto, Licius, si illuminò in viso e, rivolto a Mauritius disse: Lui è stato qui.
Mauritius era stravolto. Ora capisco, disse. Hai visto, quando abbiamo cominciato a mangiare, come ha spezzato il pane? Prendete e mangiatene, ha detto, questo è il pane della eterna alleanza, offerto in sacrificio per voi.
E che vuol dire? Chiese Licius.
Sono le parole che egli ha pronunciato nella cena con gli apostoli.
E tu come lo sai? Mica c'eri!
Me lo ha detto Giuda, quella sera stessa; l’ho incontrato che andava solo e sembrava sconvolto, Tutti gli altri erano con Gesù al Giardino degli Ulivi.
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