CHI LO E' DI PIU'
1) Caro Licio, se anche io, come te, sono attratto dalla figura di Gesù? Ma io lo sono molto più di te e da molto più tempo!
La prova? Sono diversi anni che a Natale e Pasqua, ripercorro i sentieri della Giudea con le mie poche forze in cerca di una qualche traccia impressa nella polvere dai suoi calzari, col pensiero che se potessi raccogliere anche solamente un poco di quella polvere, ne sarei estremamente felice.
Mentre tu è da ieri che fai professione di qualcosa che si avvicina alla fede, per il tramite di Gesù.
Temo però che tutt'e due noi pecchiamo di carenza di originalità; sai quanti, credenti e non credenti fanno la stessa cosa? I non credenti più dei credenti, perché hanno nostalgia del credere e vorrebbero non condividere, ma addirittura appropriarsi di quella figura, ritenendo di avere diritto a parlarne e ad amarla, più di altri che si professano genericamente cristiani, mentre loro hanno il gran merito di capirlo, di condividerne le idee, pur non dichiarandosi cristiani.
Qui poi vengono i distinguo. Come tu sai, secondo i credenti, la figura di Cristo è duplice, egli è contemporaneamente figlio di Dio e figlio dell’uomo. Noi invece parliamo solo di Gesù uomo, non di Cristo, l’Unto del Signore. Non perché non ci crediamo, ma perché non sappiamo. Vorremmo limitare il nostro discorso e quindi anche la nostra ammirazione all’uomo che ha fatto le predicazioni, indipendentemente dal suo eventuale essere figlio di Dio ed essere stato mandato dal Padre, per la salvezza dell’umanità.
Quello che ci attira è il Gesù rivoluzionario (qualcuno ha detto addirittura Gesù, primo socialista). Gesù sempre dalla parte dei poveri, dei diseredati, dei disagiati, dei malati, dei peccatori, degli ultimi degli ultimi.
Il Gesù che dice non sono venuto per portare la pace, ma per la guerra. La guerra tra padre e figlio, tra marito e moglie, Gesù per le sue parabole criptiche, per le sue risposte non chiare, per i discorsi paradossali e tutti da interpretare. Che mettono in difficoltà, ma aprono la mente e il cuore.
Gesù del discorso della montagna, quello delle beatitudini, il Gesù umanissimo dell’orto degli ulivi, quando per la prima volta dubita di se stesso e della missione che il Padre gli ha affidato, quella di immolarsi come ostia sacrificale. Allontana da me, se puoi questo calice e si macera nella disperazione, uscendo fuori di sé e sudando sangue; ma subito dopo, pentito della dimostrazione di debolezza data, si riprende e dice: ma se non puoi, sia fatta la tua volontà e non la mia.
Un altro momento di cedimento, di obnubilazione, è quello in cui, sulla croce, agonizzante, si rivolge al Padre quasi ribellandosi, perché mi hai abbandonato? Qui la dimensione umana risalta con forza ed ha il sopravvento su ogni altra cosa. La sua sofferenza è tutta umana e comprensibilissima. Di meno lo sarebbe se considerassimo il suo lato divino.
Ché, se volessimo prendere in esame anch’esso, cosa che non ci competerebbe, direi solo che, in attesa della sua seconda venuta, preannunciata nell’Apocalisse di Giovanni, per tirare le somme, e vedere chi è promosso e chi bocciato, sarebbe ora che, nel frattempo, le sue belle predicazioni trovassero applicazione nunc et hora, in questa vita mortale, per migliorare le condizioni di questa umanità, senza nulla togliere al valore salvifico che esse promettono a favore di chi avrà creduto, da godersi nell’altra vita, quella ultraterrena.
2) A Vittorio devo una risposta al quesito posto sulla figura di Giuda, non più traditore di Gesù, ma suo alleato nel disegno divino, come anello necessario a far sì che il suo destino si avverasse. Dice mio fratello, se fosse vera l’ipotesi di Giuda prescelto da Gesù per il compimento del suo destino, come si potrebbe spiegare il suo successivo pentimento e perché si sarebbe suicidato appendendosi ad un albero (secondo alcuni di fico, nella simbologia, quel fico maledetto da Gesù perché sterile)?
Bisogna risalire a Giuda membro di una setta segreta che aveva per scopo la liberazione della Giudea dal giogo romano. Giuda, sentendo i discorsi di Gesù, li aveva interpretati politicamente, come preordinati ad un’azione rivoluzionaria contro il regime, mediante la costituzione di una forza clandestina, pronta ad uscire allo scoperto nel momento opportuno ed aveva creduto che Gesù volesse assumere la funzione di capo di questo movimento.
Una volta constatato che le intenzioni di Gesù erano di tutt’altra natura, egli, nell’intimo si era sentito tradito ed aveva cominciato a nutrire un forte senso di avversione per il suo ex maestro, per cui, quando si sentì additare da lui come l’uomo che lo avrebbe tradito, fece buon viso a cattivo gioco ed accettò di buon grado il suo incarico.
Solo dopo si rese conto di essere caduto così in basso da non riconoscersi: da congiurato politico a traditore del suo ispiratore; i trenta denari, il prezzo del tradimento, il disprezzo che si sarebbe accumulato su di lui, capì di avere agito non per l’avverarsi di un evento voluto da Dio, ma per se stesso, per soddisfare la sua sete di vendetta. Egli voleva, sì, punire Gesù per averlo tradito nelle sue aspettative, ma non accordandosi con gli uomini contro i quali pensava di portare Gesù a combattere.
Preso dalla disperazione, si uccise, dimostrando così di non essere il traditore odiato da tutti, né l’uomo senza principi e venale al punto di vendere un uomo per trenta denari. Il suo ultimo gesto fu quello di buttare ai piedi di coloro che lo avevano corrotto, il frutto obbrobrioso della sua caduta.
Così redimendosi, almeno in parte.
La prova? Sono diversi anni che a Natale e Pasqua, ripercorro i sentieri della Giudea con le mie poche forze in cerca di una qualche traccia impressa nella polvere dai suoi calzari, col pensiero che se potessi raccogliere anche solamente un poco di quella polvere, ne sarei estremamente felice.
Mentre tu è da ieri che fai professione di qualcosa che si avvicina alla fede, per il tramite di Gesù.
Temo però che tutt'e due noi pecchiamo di carenza di originalità; sai quanti, credenti e non credenti fanno la stessa cosa? I non credenti più dei credenti, perché hanno nostalgia del credere e vorrebbero non condividere, ma addirittura appropriarsi di quella figura, ritenendo di avere diritto a parlarne e ad amarla, più di altri che si professano genericamente cristiani, mentre loro hanno il gran merito di capirlo, di condividerne le idee, pur non dichiarandosi cristiani.
Qui poi vengono i distinguo. Come tu sai, secondo i credenti, la figura di Cristo è duplice, egli è contemporaneamente figlio di Dio e figlio dell’uomo. Noi invece parliamo solo di Gesù uomo, non di Cristo, l’Unto del Signore. Non perché non ci crediamo, ma perché non sappiamo. Vorremmo limitare il nostro discorso e quindi anche la nostra ammirazione all’uomo che ha fatto le predicazioni, indipendentemente dal suo eventuale essere figlio di Dio ed essere stato mandato dal Padre, per la salvezza dell’umanità.
Quello che ci attira è il Gesù rivoluzionario (qualcuno ha detto addirittura Gesù, primo socialista). Gesù sempre dalla parte dei poveri, dei diseredati, dei disagiati, dei malati, dei peccatori, degli ultimi degli ultimi.
Il Gesù che dice non sono venuto per portare la pace, ma per la guerra. La guerra tra padre e figlio, tra marito e moglie, Gesù per le sue parabole criptiche, per le sue risposte non chiare, per i discorsi paradossali e tutti da interpretare. Che mettono in difficoltà, ma aprono la mente e il cuore.
Gesù del discorso della montagna, quello delle beatitudini, il Gesù umanissimo dell’orto degli ulivi, quando per la prima volta dubita di se stesso e della missione che il Padre gli ha affidato, quella di immolarsi come ostia sacrificale. Allontana da me, se puoi questo calice e si macera nella disperazione, uscendo fuori di sé e sudando sangue; ma subito dopo, pentito della dimostrazione di debolezza data, si riprende e dice: ma se non puoi, sia fatta la tua volontà e non la mia.
Un altro momento di cedimento, di obnubilazione, è quello in cui, sulla croce, agonizzante, si rivolge al Padre quasi ribellandosi, perché mi hai abbandonato? Qui la dimensione umana risalta con forza ed ha il sopravvento su ogni altra cosa. La sua sofferenza è tutta umana e comprensibilissima. Di meno lo sarebbe se considerassimo il suo lato divino.
Ché, se volessimo prendere in esame anch’esso, cosa che non ci competerebbe, direi solo che, in attesa della sua seconda venuta, preannunciata nell’Apocalisse di Giovanni, per tirare le somme, e vedere chi è promosso e chi bocciato, sarebbe ora che, nel frattempo, le sue belle predicazioni trovassero applicazione nunc et hora, in questa vita mortale, per migliorare le condizioni di questa umanità, senza nulla togliere al valore salvifico che esse promettono a favore di chi avrà creduto, da godersi nell’altra vita, quella ultraterrena.
2) A Vittorio devo una risposta al quesito posto sulla figura di Giuda, non più traditore di Gesù, ma suo alleato nel disegno divino, come anello necessario a far sì che il suo destino si avverasse. Dice mio fratello, se fosse vera l’ipotesi di Giuda prescelto da Gesù per il compimento del suo destino, come si potrebbe spiegare il suo successivo pentimento e perché si sarebbe suicidato appendendosi ad un albero (secondo alcuni di fico, nella simbologia, quel fico maledetto da Gesù perché sterile)?
Bisogna risalire a Giuda membro di una setta segreta che aveva per scopo la liberazione della Giudea dal giogo romano. Giuda, sentendo i discorsi di Gesù, li aveva interpretati politicamente, come preordinati ad un’azione rivoluzionaria contro il regime, mediante la costituzione di una forza clandestina, pronta ad uscire allo scoperto nel momento opportuno ed aveva creduto che Gesù volesse assumere la funzione di capo di questo movimento.
Una volta constatato che le intenzioni di Gesù erano di tutt’altra natura, egli, nell’intimo si era sentito tradito ed aveva cominciato a nutrire un forte senso di avversione per il suo ex maestro, per cui, quando si sentì additare da lui come l’uomo che lo avrebbe tradito, fece buon viso a cattivo gioco ed accettò di buon grado il suo incarico.
Solo dopo si rese conto di essere caduto così in basso da non riconoscersi: da congiurato politico a traditore del suo ispiratore; i trenta denari, il prezzo del tradimento, il disprezzo che si sarebbe accumulato su di lui, capì di avere agito non per l’avverarsi di un evento voluto da Dio, ma per se stesso, per soddisfare la sua sete di vendetta. Egli voleva, sì, punire Gesù per averlo tradito nelle sue aspettative, ma non accordandosi con gli uomini contro i quali pensava di portare Gesù a combattere.
Preso dalla disperazione, si uccise, dimostrando così di non essere il traditore odiato da tutti, né l’uomo senza principi e venale al punto di vendere un uomo per trenta denari. Il suo ultimo gesto fu quello di buttare ai piedi di coloro che lo avevano corrotto, il frutto obbrobrioso della sua caduta.
Così redimendosi, almeno in parte.
Sono in linea con questo tuo pensiero al quale aggiungo un mio modo di vedere: "se privo del velo di sacralità e divinità la figura del Cristo allora scopro la grandezza e la forza di un uomo giusto" che, pagando il prezzo del suo agire con la propria vita, impresse una potente spinta ad una nuova concezione dell'umanità, nel senso che nessuno è superiore ad un altro per cui non devono esservi padroni e schiavi. I suoi insegnamenti sono tanti ed ispirare ad essi la propria vita sarebbe cosa giusta per chiunque. Oggi abbiamo codificato i noti "diritti umani", che credo siano in buona parte ispirati dalle antiche parole di un giusto che per esse fu ucciso in croce, ma disattese ovunque nel mondo in modi manifesti ed anche occulti.
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