PANDEMIA

Da quando per colpa del coronavirus il Circolo sedicente linguistico-letterario del Bar Dell’Olmo non può più riunirsi nella sua sede che ha assunto il pretenzioso nome di Zibaldino, i soci senza tessera, perché il Circolo non conosce tesseramento, essendo aperto a tutti, si sono organizzati per tenersi in contatto e proseguire, per quanto possibile la normale attività, in via telematica con lo smart working. Ciascuno da casa sua collega il proprio computer con quello di altri partecipanti e con l’uso si Skipe, tutti colloquiano vicendevolmente.

Non sono mancati interventi di persone sconosciute, le quali hanno espresso molto liberamente il proprio pensiero, con tesi a volte aberranti, o quanto meno pazzoidi. Il tema era quasi sempre lo stesso: la pandemia che sta facendo vittime in tutto il mondo, facendo crollare quelle che fino a poco fa erano le nostre certezze, basate sulle conquiste scientifiche da noi fatte e i progressi nel campo della tecnologia, che oltre a renderci la vita più facile piacevole, forse un po’ presuntuosamente ci avevano convinti di essere in una botte di ferro e di non poter essere attaccati in nessun modo da un evento di tale natura.

L’altro giorno, nel momento del maggiore ascolto, una persona anziana, cappelli bianchi lunghi, anello all’orecchio sinistro, sguardo penetrante, se n’è uscito con questo ragionamento.

Sulla terra siamo troppi. Sei miliardi e mezzo, tanti siamo, vero? di uomini, cresciuti in pochi secoli da un numero molto più piccolo che si aggirava nei tempi della nostra storia intorno a circa un miliardo e mezzo. Questo mondo, in pieno boom demografico, meno che da noi, dove il numero delle nascite è inferiore a quello delle morti, con la progressione che ha preso, le cui proiezioni prevedono una crescita entro breve tempo di una popolazione pari ad otto miliardi, non può reggere. Tra poco per i nuovi arrivati, bisognerà mettere il cartello con l’avviso: solo posti in piedi.

Non bastano i terremoti, gli tsunami, i cicloni, le guerre e i genocidi, a far diminuire o quantomeno a contenere il numero di questa umanità ed allora ecco che la terra in qualche modo si deve difendere e manda una bella pandemia, col compito di riequilibrare un poco la situazione sull’orlo del collasso.

Un altro soggetto, ancora più pazzo, andava cianciando a proposito dei nomi, mescolando pandemia, con pandemonio e sentite che tesi originale proponeva, per entrambi termini.

Perché seguire la massa e dare al pan di pandemia il significato di tutti? Che poi unito a demos, popolo darebbe tutto il popolo, quando possiamo dare a Pan con la maiuscola il significato del Pan, il dio dei boschi, dei campi, e della vita agreste che è all’origine di tutte le cose? Egli è un dio benevolo, giovane, allegro, amico degli uomini e soprattutto delle donne, le quali tutte incanta con il suono del suo flauto di canna.

Per come la vedo io Pan è all’origine di due parole quasi uguali, pandemia e pandemonio. Nella pandemia si annida una malattia che colpisce tutto il popolo; nel pandemonio Pan assume sembianze demoniache.

Come è possibile questo? La spiegazione è semplice, Pan, il dio dei boschi e dei ruscelli, ha le zampe caprine, come il diavolo ed ecco allora che la pandemia, diventa anche pandemonio, che è quanto di più terribile vi sia: tutto è in mano al demonio (pan, tutto, daimon, demonio). E il gioco è fatto.

L’Inferno è vuoto – disse Don Chisciotte - i diavoli sono tutti qui.

Non è più il tempo di ascoltare le melodie del flauto incantatore, ma le stonature dell’Inferno, che ci assordano con una sarabanda scatenata; al Pan armonico si è sostituito il pan tonitruante delle catastrofi. Che hanno il vizio di non venire mai da sole. Basti guardare la Croazia colpita contemporaneamente anche dal terremoto. Se ci sono forze che presiedono ai disastri, rivolgiamo ad esse una raccomandazione, mettevi d’accordo, uno alla volta per favore.

Dopo aver ascoltato alcuni di questi sproloqui, Maurizio, preoccupato della confusione che avrebbero potuto creare nella mente degli aderenti al circolo, decise di porre fine al collegamento.

Per oggi basta, ordinò. Di sciocchezze ne abbiamo sentite abbastanza. E spense il suo computer, sperando che gli altri del circolo facessero altrettanto. Di caos in giro ce n’era già troppo, assurdo dare spazio ad altri cervellotici pensatori, le cui deduzioni a suo parere non avevano il benché minimo aggancio con la realtà di dolore che tutto il mondo stava attraversando.

Pancrazio a casa, si era appena collegato e pensò che la chiusura fosse dovuta al timore di un suo eventuale intervento.

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