STRAMAZZARE
E’ bastata la notizia, neanche confermata, di un caso di infezione da coronavirus nelle Marche, che i supermercati della zona, ben oltre i confini della sola regione colpita, siano stati presi di assalto con scene da apocalisse.
Nel periodo di massima virulenza del virus in Cina, pochi giorni fa, con migliaia di contagiati, si è verificata una carenza di carta igienica, cosa che ha messo in difficoltà quella popolazione, per il resto dotata di senso civico e molta disciplina, con qualche episodio di accaparramento di tutte le scorte, laddove erano ancora sussistenti, da parte di alcuni, senza alcuna considerazione per chi ne fosse rimasto sprovvisto.
Da noi sono andati a ruba generi alimentari, in primis la pasta, ed alcuni presidi sanitari, come mascherine anti contagio e disinfettanti, manco fosse scoppiata la guerra e si temessero già gli effetti delle ristrettezze conseguenti, come carestie e pestilenze.
La parola “accaparramento”, derivata da “caparra”, che a sua volta è formata dall’unione di “capa” (dal latino “capere”, prendere), più “arra”, (anch’essa dal latino col significato di “parte del pagamento”), indicherebbe in origine l’atto col quale si dichiara di voler acquistare un bene, offrendo, come garanzia, una caparra, in genere un anticipo sul costo del bene. Più comunemente viene usato oggi per indicare l’incetta che si fa di qualche prodotto, a fini egoistici o di supremazia, perché si teme di non poterne trovare in un secondo momento, oppure, per aumentarne il prezzo, rivendendolo in un secondo momento, il tutto con grave disagio di chi rimane privo di beni di primaria importanza.
Maurizio aveva ultimato la sua dissertazione giornaliera e si accingeva a dichiarare chiuusa la seduta, quando:
Ho assistito ad una scena, disse Pancrazio, tornato a più miti consigli dopo le ultime intemperanze, che mi ha lasciato letteralmente di stucco. In un supermercato della zona una donna si è presentata con tutta la famiglia formata da nove persone; ognuna di esse ha preso un carrello e tutti, in fila si sono messi a caricare confezioni di acqua minerale, di tutte le marche, fino ad esaurirne l’intera scorta.
Quando la famigliola, soddisfatta, ha fatto per uscire, una signora che aveva assistito alla scena, ha chiesto alla donna che ne era a capo, se, per cortesia, avesse potuto cederle una parte del carico, avendo a casa persone anziane e malate che ne avevano bisogno.
L’interpellata, non solo ha detto subito di no, ma in modo incivile, si è messa a prendere in giro la questuante, costringendo lo stesso direttore del negozio ad intervenire in favore di quest’ultima, facendo presente alla prima che non era consentito fare incetta di alcun prodotto, ma che bisognava avere senso civico e lasciare spazio anche agli altri.
Così dicendo, egli aveva preso due cartoni di acqua dal carrello strapieno di un componente di quella famiglia e li aveva trasferiti in quello della donna che era vuoto. Ne è seguita una colluttazione tra il direttore e la donna, con toni sempre più accesi, fino a quando la contendente si è fatta prendere da convulsioni ed è stramazzata a terra svenuta. E' stata chiamata l'ambulanza e la donna è stata ricoverata.
Finito il racconto Pancrazio, con aria da finto tonto, ha chiesto a Maurizio:
Lo sai che il verbo stramazzare deriva da mazza? Sì, il bastone con cui si fa stramazzare qualcuno in terra, colpendolo sulla testa?
Si, mi pare, rispose Maurizio distratto.
Ma forse ti sfugge, continuò il primo, che esiste anche lo stramazzo, che è il giaciglio preparato con paglia, o con un panno grezzo ripiegato più volte, per gli animali, o anche per uomini, come una specie di letto molto povero. E che stramazzare, secondo alcuni, significa, cadere sullo stramazzo, spinto o colpito da qualcuno. Quindi la mazza potrebbe anche non rientrarci… una mazza, appunto. Quale è allora la versione esatta?
Maurizio è rimasto zitto, non sapendo cosa rispondere.
Io comunque, concluse l’ineffabile Pancrazio, per onestà intellettuale, faccio presente che sul luogo dove si è svolta la scena che vi ho appena narrato, non ho visto né mazze, né stramazzi.
Tutti risero e il rumore fatto con le scarpe per alzarsi e con le sedie mosse, dal gruppo che muoveva per uscire, coprì per una volta l’imbarazzo del capo.
Nel periodo di massima virulenza del virus in Cina, pochi giorni fa, con migliaia di contagiati, si è verificata una carenza di carta igienica, cosa che ha messo in difficoltà quella popolazione, per il resto dotata di senso civico e molta disciplina, con qualche episodio di accaparramento di tutte le scorte, laddove erano ancora sussistenti, da parte di alcuni, senza alcuna considerazione per chi ne fosse rimasto sprovvisto.
Da noi sono andati a ruba generi alimentari, in primis la pasta, ed alcuni presidi sanitari, come mascherine anti contagio e disinfettanti, manco fosse scoppiata la guerra e si temessero già gli effetti delle ristrettezze conseguenti, come carestie e pestilenze.
La parola “accaparramento”, derivata da “caparra”, che a sua volta è formata dall’unione di “capa” (dal latino “capere”, prendere), più “arra”, (anch’essa dal latino col significato di “parte del pagamento”), indicherebbe in origine l’atto col quale si dichiara di voler acquistare un bene, offrendo, come garanzia, una caparra, in genere un anticipo sul costo del bene. Più comunemente viene usato oggi per indicare l’incetta che si fa di qualche prodotto, a fini egoistici o di supremazia, perché si teme di non poterne trovare in un secondo momento, oppure, per aumentarne il prezzo, rivendendolo in un secondo momento, il tutto con grave disagio di chi rimane privo di beni di primaria importanza.
Maurizio aveva ultimato la sua dissertazione giornaliera e si accingeva a dichiarare chiuusa la seduta, quando:
Ho assistito ad una scena, disse Pancrazio, tornato a più miti consigli dopo le ultime intemperanze, che mi ha lasciato letteralmente di stucco. In un supermercato della zona una donna si è presentata con tutta la famiglia formata da nove persone; ognuna di esse ha preso un carrello e tutti, in fila si sono messi a caricare confezioni di acqua minerale, di tutte le marche, fino ad esaurirne l’intera scorta.
Quando la famigliola, soddisfatta, ha fatto per uscire, una signora che aveva assistito alla scena, ha chiesto alla donna che ne era a capo, se, per cortesia, avesse potuto cederle una parte del carico, avendo a casa persone anziane e malate che ne avevano bisogno.
L’interpellata, non solo ha detto subito di no, ma in modo incivile, si è messa a prendere in giro la questuante, costringendo lo stesso direttore del negozio ad intervenire in favore di quest’ultima, facendo presente alla prima che non era consentito fare incetta di alcun prodotto, ma che bisognava avere senso civico e lasciare spazio anche agli altri.
Così dicendo, egli aveva preso due cartoni di acqua dal carrello strapieno di un componente di quella famiglia e li aveva trasferiti in quello della donna che era vuoto. Ne è seguita una colluttazione tra il direttore e la donna, con toni sempre più accesi, fino a quando la contendente si è fatta prendere da convulsioni ed è stramazzata a terra svenuta. E' stata chiamata l'ambulanza e la donna è stata ricoverata.
Finito il racconto Pancrazio, con aria da finto tonto, ha chiesto a Maurizio:
Lo sai che il verbo stramazzare deriva da mazza? Sì, il bastone con cui si fa stramazzare qualcuno in terra, colpendolo sulla testa?
Si, mi pare, rispose Maurizio distratto.
Ma forse ti sfugge, continuò il primo, che esiste anche lo stramazzo, che è il giaciglio preparato con paglia, o con un panno grezzo ripiegato più volte, per gli animali, o anche per uomini, come una specie di letto molto povero. E che stramazzare, secondo alcuni, significa, cadere sullo stramazzo, spinto o colpito da qualcuno. Quindi la mazza potrebbe anche non rientrarci… una mazza, appunto. Quale è allora la versione esatta?
Maurizio è rimasto zitto, non sapendo cosa rispondere.
Io comunque, concluse l’ineffabile Pancrazio, per onestà intellettuale, faccio presente che sul luogo dove si è svolta la scena che vi ho appena narrato, non ho visto né mazze, né stramazzi.
Tutti risero e il rumore fatto con le scarpe per alzarsi e con le sedie mosse, dal gruppo che muoveva per uscire, coprì per una volta l’imbarazzo del capo.
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