IL VUOTO

Maurizio, la sera, a casa, quando sta con Chiara, a volte gli piace parlare di problemi religiosi. Ma come, dirà qualche malizioso, non hanno niente di meglio da fare questi due, la sera, a casa, che mettersi a parlare di argomenti così noiosi e fuori moda? A chi possono interessare le questioni religiose? Non siamo forse tutti laici, pur non essendo tutti atei, ma comunque con una sensibilità che ci porta sempre più lontano dal porci questioni di fede? A letto ci vanno, sì o no, ‘sti due ragazzi, o sono puri spiriti, “vade retro Satana” e stanno sempre a ragionare di problemi di lingua o di coscienza?

Come se una folata di vento avesse portato alle orecchie degli interessati l’eco di simili obiezioni che avrebbero potuto essere mosse da presunti maldicenti, Maurizio in questo racconto, esce momentaneamente dal suo ruolo di personaggio ed assume quello di soggetto narrante e rassicurante.

Quello che succede tra me e la mia fidanzata, Chiara, quando siamo soli, è una questione che riguarda solamente noi e non sarà mai portata a conoscenza di nessun guardone. Basti sapere che tutto si svolge regolarmente, con pieno soddisfacimento di ogni nostro desiderio e piacere, alla faccia dei mal pensanti!

Se qualcuno ha bisogno di spiegazioni sul significato del termine guardone, sono disposto a fornirgliele in separata sede. Questa seconda frase è del soggetto narrante, che fa da intermediario tra Maurizio, rientrato nel rango di personaggio e il lettore.

Pur essendo, sia lui che la ragazza, non propriamente atei, ma soltanto scettici, alcune volte capita che essi si pongano il quesito dei quesiti che ruota intorno alla domanda “Dio esiste?”, sul quale non si sono mai dati una risposta definitiva. In certo qual senso invidiano quegli amici e conoscenti, i quali senza esitazione, hanno fatto a monte una scelta, una volta per tutte ed ora affermano di essere o assolutamente atei, non credenti, o al contrario di credere fermamente nella esistenza di un essere superiore, chiamatelo Dio o come vi pare, il quale governa su stelle e pianeti e sulla vita degli uomini e degli animali e delle piante, sulla Terra.

Sono altresì convinti che tutti, credenti e non credenti, credono in qualcosa e molti agitano questa loro credenza come una bandiera, per nulla rosi dal dubbio. Entrambi i gruppi appartengono ad una chiesa, o quella ufficiiale che da noi si riconosce soprattutto nella Chiesa Cristiana Cattolica, o quella della negazione, che il cardinale Martini chiamava la Cattedra dei non credenti.

Loro invece , i nostri due amici, sono bloccati in un guado, impantanati fino all’inguine, punto diceva qualcuno, che, situato tra l’ombelico e le ginocchia è la sede del peccato. Il sesso infatti, per alcune religioni, compresa la nostra e dico nostra nel senso in cui Croce spiegava per quale motivo non possiamo non dirci cristiani è il punto di confluenza del bene e del male, una sorta di spartiacque tra la virtù ed il peccato, se è benedetto, è buono, se non benedetto, da rifuggire assolutamente.

Senti, i funerali sono sempre tristi, iniziò Chiara, ma non ti sembra che un funerale cosiddetto “laico” lo sia un poco di più, per via di quell’assenza?

Quale assenza? Chiese un po’ ipocritamente Maurizio? Il prete? Le croci?

No, l’amore, rispose Chiara. I funerali sono tutti accorati, ma nel funerale religioso c’è di più il senso della speranza, anche se nessuno ci crede. La figura del prete è un supporto di scena. La Chiesa, la solennità, l’odore dell’incenso e le parole di conforto e consolazione che fanno intravvedere la possibilità di un’altra vita, nel senso appunto di illudere chi è rimasto, del fatto che il morto non sia morto, ma nato a nuova vita, servono a lenire la tristezza del distacco. Dopo ognuno pensi quello che vuole.
 
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Così trasformiamo quella che dovrebbe essere l’ora della verità in quella dell’illusione. Certo ci vuole del coraggio e della forza per accettare la verità. Nel funerale laico c’è più fermezza, più consapevolezza, e se vogliamo, il conforto di una fede che non è quella delle illusioni, ma altrettanto surrettizia. Nel senso di fuorviante ed ingannatrice. La forza del convincimento per un fatto di cui nessuno può dire come andrà a finire veramente.

Avevano assistito tempo addietro al funerale di un amico che si definiva laico, socialista e anticlericale, la cui cerimonia, semplice e solenne nella sua sobrietà, si era svolta sulle note dell’inno dell’internazionale. Il necrologio, scritto di sua mano e preparato da tempo, rispecchiava il suo credo, fatto di certezze e recitava “Munito del conforto di aver agito sempre per il bene e di non aver fatto male a nessuno, è morto…ecc.”

In quella che comunemente si chiama “camera ardente”, non ardeva niente, né un cero, né un lumino. La bara era situata nello studio di casa, a fianco di una parete di libri, che lui aveva sempre amato, e in tutta la stanza non compariva alcun simbolo religioso, non fiori, non corone.

Una stanza disadorna, direte, ma così non era. La moglie e le due figlie del defunto, che ritengo siano credenti, assistevano con commozione trattenuta alla non complessa operazione, nel rispetto delle volontà del loro congiunto scomparso.

Quando moriremo, noi disse ad un tratto Maurizio, chissà come sarà il nostro funerale?

Colmeremo quel vuoto che appare nei funerali laici, in assenza della consolatoria presenza del pannello con il volto del Cristo soccorritore? Si chiese Chiara.

Non credo, aggiunse Maurizio, che noi per quel tempo avremo sciolto il dubbio se credere o non credere. Perché non sappiamo in cosa credere. Noi siamo a mezza strada e là rimarremo. Io sono per il Cristo, senza prete.

Cioevverosia? Chiese Chiara.

Non credo che potrò rinunciare - nel pensiero - alla compagnia di Gesù, in punto di morte. Lo chiamerò. Non so se Lui ci sarà, ma io non potrò non esserci.

Se nessuna parte sensibile di me avvertirà quello che si starà verificando, vorrà dire che non avrò fatto in tempo a scoprire la verità del detto evangelico che dice: polvere eravamo e polvere torneremo.

Nel vuoto?

Nel vuoto.

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