ADUGGIARE
Confesso che non lo sapevo: il verbo “aduggiare”, che conoscevo soltanto genericamente come voce richiamante in qualche modo la noia, l’uggia, senza peraltro averlo mai collegato ad essa espressamente, ha invece un significato del tutto autonomo, suo, molto particolare, che dall’uggia trae forse la sua origine oltre che un sicuro riferimento, mentre in realtà esprime un concetto molto preciso, che è quello di “nuocere facendo ombra”.
I compilatori del blog “Una parola al giorno”, benemeriti per tanti versi, in un loro articolo, molto dettagliato, su questo tema, mettono in risalto l’eccezionalità di un significato così specifico, anche se in esso non ho trovato il collegamento che dovrebbe esistere tra l’aduggiare e l’ombra.
Poi però, ho appreso che “uggia” in italiano significa sia “noia” che “ombra”, derivando dal lemma latino “udus” che vuol dire “umido” e, se il posto è umido, vuol dire che è all’ombra.
Sotto le grandi piante, il terreno è “rado” (v. “radura”) cioè poco fitto di altre piante, se non del tutto privo di vegetazione, perché gli alberi, con la loro chioma impediscono il passaggio dei raggi solari e quindi della luce, e nelle zone d’ombra, anche l’erba stenta a crescere.
Dall’osservazione del dato di fatto, al senso figurato, la strada è breve ed ecco allora il luminare dell’accademia, che dall’alto del suo prestigio, aduggia, cioè toglie luce ai suoi collaboratori, altrettanti professori, nuocendo alle loro carriere e notorietà, cosa per cui, i più avveduti di essi, dopo un sufficiente tempo di collaborazione, ambiscono uscire dall’ombra, mettendo a frutto il tempo passato sotto la sua egida, sia come apprendimento che come titolo di merito a fini curriculari.
Ma dell’aduggiare esiste anche un altro significato, non meno specifico ed attraente, che è ”intristire”.
“Nel chiuso della grande casa, il ricordo dell’uomo che l’ha lasciata, non fa che aduggiare (fare intristire), le persone che sono rimaste”.
A ben guardare non è un “altro” significato, quanto la prolunga del primo: la tristezza è conseguenza della mancanza di luce e della impossibilità di svilupparsi, derivanti dall’aduggiamento di qualcuno.
E io che associavo confusamente l’aduggiare con il modo di fare indolente di chi è in uggia, mi sono trovato con mia sorpresa ad ammirare la bellezza di questa immagine di qualcosa o qualcuno che splende troppo e toglie luminosità ad altri oggetti o persone, che così è come vivessero all’ombra, dove, oltre all’umidità, possono trovarsi altri fattori patogeni, come muffe, astio, malanimo, certo non propizi ad una vita serena.
Nell’uggia e nell’aduggiare c’è sempre un elemento di forza, di sopraffazione, una luce che spegne altre luci, rendendole inutili.
P.S. Pensierino per il giorno delle Ceneri: ricordati, uomo che polvere eri e polvere tornerai.
I compilatori del blog “Una parola al giorno”, benemeriti per tanti versi, in un loro articolo, molto dettagliato, su questo tema, mettono in risalto l’eccezionalità di un significato così specifico, anche se in esso non ho trovato il collegamento che dovrebbe esistere tra l’aduggiare e l’ombra.
Poi però, ho appreso che “uggia” in italiano significa sia “noia” che “ombra”, derivando dal lemma latino “udus” che vuol dire “umido” e, se il posto è umido, vuol dire che è all’ombra.
Sotto le grandi piante, il terreno è “rado” (v. “radura”) cioè poco fitto di altre piante, se non del tutto privo di vegetazione, perché gli alberi, con la loro chioma impediscono il passaggio dei raggi solari e quindi della luce, e nelle zone d’ombra, anche l’erba stenta a crescere.
Dall’osservazione del dato di fatto, al senso figurato, la strada è breve ed ecco allora il luminare dell’accademia, che dall’alto del suo prestigio, aduggia, cioè toglie luce ai suoi collaboratori, altrettanti professori, nuocendo alle loro carriere e notorietà, cosa per cui, i più avveduti di essi, dopo un sufficiente tempo di collaborazione, ambiscono uscire dall’ombra, mettendo a frutto il tempo passato sotto la sua egida, sia come apprendimento che come titolo di merito a fini curriculari.
Ma dell’aduggiare esiste anche un altro significato, non meno specifico ed attraente, che è ”intristire”.
“Nel chiuso della grande casa, il ricordo dell’uomo che l’ha lasciata, non fa che aduggiare (fare intristire), le persone che sono rimaste”.
A ben guardare non è un “altro” significato, quanto la prolunga del primo: la tristezza è conseguenza della mancanza di luce e della impossibilità di svilupparsi, derivanti dall’aduggiamento di qualcuno.
E io che associavo confusamente l’aduggiare con il modo di fare indolente di chi è in uggia, mi sono trovato con mia sorpresa ad ammirare la bellezza di questa immagine di qualcosa o qualcuno che splende troppo e toglie luminosità ad altri oggetti o persone, che così è come vivessero all’ombra, dove, oltre all’umidità, possono trovarsi altri fattori patogeni, come muffe, astio, malanimo, certo non propizi ad una vita serena.
Nell’uggia e nell’aduggiare c’è sempre un elemento di forza, di sopraffazione, una luce che spegne altre luci, rendendole inutili.
P.S. Pensierino per il giorno delle Ceneri: ricordati, uomo che polvere eri e polvere tornerai.
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