TORBA

Tra gli ultimi arrivati al circolo, Licio è diventato in poco tempo un perfetto maggiordomo, che fa gli onori di casa ad altri nuovi arrivati dopo di lui, attira i passanti e li convoglia dentro, come fanno gli imbonitori dei locali notturni di Pigalle, e Montmartre, quando fanno balenare agli occhi di truppe di turisti allupati, scene sexi di trasgressione estrema.

E’ suo il merito di aver invitato e fatto conoscere Clelia e Clara Badamente, due gemelle molto belle, indistinguibili una dall’altra, tanto sono somaticamente uguali, entrambe di media statura, more di carnagione, di circa 25 anni, di origini siciliane, ma vissute lungamente all’estero. Di seguito le chiamerò brevemente anche C & C, perché vanno sempre insieme, e fanno le stesse cose. Svelte e intelligenti, si sono subito distinte per bravura e simpatia, diventando molto popolari tra i frequentatori del circolo e del bar dell’Olmo che lo ospita.

Appena si affacciano sulla soglia del circolo, numerosi presenti, si fanno loro intorno perché esse, muovendosi armoniosamente, emanano naturalmente nello spazio intorno a loro, un misto di aromi che sembrano provenire da fonti diverse e contrastanti, la freschezza del bosco e la fuliggine del camino, fiori silvestri e odori di salmastro e di torba, che tutte insieme, producono un effetto di piacevoli sensazioni olfattive, che, sebbene appena percepibili, sono estremamente stimolanti.

- Di torba, hai detto? – chiese Silvana - la torba è come un carbone! Lo so bene, che lassù, in montagna dove è la mia baita, ci sono carbonaie in abbondanza e non è molto piacevole, come odore.
- Sì di torba. Che non è carbone. La torba brucia ma non riscalda. –

- Sapete vero, cos’è la torba?- intervenne Maurizio - ‘Mbè, per i più distratti, dirò che è una sostanza vegetale che si deposita insieme ad altri materiali organici in luoghi dove l’acqua impedisce la completa disintegrazione degli stessi, che così si compattano e formano strati di una materia dura e spugnosa, che fatta bruciare produce un fumo con un odore forte e pungente. Viene usata in forma di terriccio in giardinaggio come fertilizzante, ma, per quello che interessa a noi, l’uso principale che se ne fa è nelle distillerie di whisky che sorgono numerosissime nelle zone costiere della Scozia meridionale, sul lato di fronte all’Atlantico, dove l’habitat beneficia di un clima più moderato, per effetto della Corrente del Golfo che la lambisce e dove la torba si trova in grande quantità. –

Questo discorso sulla torba e sul whisky era diventato di moda al circolo, dal momento in cui si era saputo che le due sorelle Badamente venivano fresche fresche da un’isola della Scozia che è la capitale mondiale dello Scotch.

- Papà e mamma sono siciliani, ma noi siamo nate sull’Isola di Islay – aveva detto un giorno Clelia – e siamo vissute là fino al raggiungimento del venticinquesimo anno di età. Islay è la principale isola dell’Arcipelago delle Ebridi, sul versante occidentale, c.d. “interno” della Scozia, che dà verso l’Irlanda. I nostri genitori, Tano e Rosaria Badamente, si erano trasferiti in Inghilterra per lavoro. Birrai a Preston, in un primo tempo, erano poi diventati distillatori a Port Ellen, lo scalo marittimo che ha visto transitare sulle sue banchine, più scotch che qualsiasi altra merce. Vi fanno capo le distillerie principali della zona, tra cui due, molto note anche da noi che sono la Lagavulin e la Laphoraig, i cui prodotti, come abbiamo visto, sono molto apprezzati dagli appassionati nostrani.

- Dopo il pensionamento di nostro padre – aggiunse Clara - abbiamo seguito i genitori che sono rientrati in Italia, andando a vivere a Porto Empedocle, in Provincia di Agrigento, dove la nostra famiglia ha una casa ereditata dai nonni materni.

Le ragazze parlavano volentieri degli anni di vita passati ad Islay, e ben presto, negli ambienti del circolo, luoghi, persone, fatti e voci provenienti da quelle latitudini, che per il provincialismo degli ascoltatori sapevano di fiabesco, divennero familiari, e, col passar del tempo, acquisirono la caratteristica di non provenire più direttamente dalle bocche delle interessate, bensì da altri soggetti, per sentito dire, trasformandosi quasi in cose leggendarie.

Di Port Ellen si facevano descrizioni dettagliate, della spiaggia, della costa, del golfo, tutti sapevano di tutto e di più. Il padre delle ragazze era stato dipendente della distilleria Ardberg, in qualità di addetto alla maltatura delle’orzo e successiva torbatura del malto ed aveva introdotto le ragazze nell’arte di trattare la torba, nelle varie fasi della tagliatura in barrette, messa a bagno, asciugatura, essiccazione e alla fine, tostatura nell’apposito forno insieme all’orzo appena germinato e tenero così che potesse assorbire i fumi della torba e diventare con essa un tutt’uno di aromi inconfondibili. A cui seguiva la fase della distillazione vera e propria.

Qualcuno riferì che una delle due ragazze, in una conversazione privata, aveva narrato un episodio angoscioso, di cui non si voleva che si sapesse tanto in giro.

- Una notte - era stato il racconto della ragazza - all’uscita dallo stabilimento, mentre tornavamo a casa, mia sorella e io, nell’attraversare una radura che dava sulla brughiera, attraverso un sentiero che rasentava la cresta della parete a picco, abbiamo visto arrivare un uomo a cavallo, che nella notte, si é stagliato contro il cielo e sembrava senza testa. Il giorno dopo, apprendemmo che nell’isola si tramandava una leggenda relativa ad un “Cavaliere senza Testa”, la cui apparizione ogni tanto si verificava, terrorizzando gli abitanti dell’isola, da molto tempo. Si sarebbe trattato di un nobile gentiluomo, giustiziato mediante decapitazione, per un delitto che non aveva commesso, che di tanto in tanto, si faceva vedere, soprattutto quando sull’Isola soggiornavano degli stranieri, per ricordare a tutti l’ingiustizia subita, di cui dopo tanto tempo, non riusciva a darsi pace, nella peregrina speranza che finalmente qualcuno facesse emergere la verità, e ripristinando, anche se in maniera postuma, la giustizia violata, dare pace alla sua anima esacerbata.

Come era facile prevedere, l’affidatario di questo segreto non aveva tenuto fede alla richiesta di riservatezza a cui il riferente l’aveva condizionato e, dopo poco tempo, il fatto era sulla bocca di tutti.

Il fatto più sorprendente e perturbante fu che inopinatamente, le conseguenze di questo episodio, si trascinarono fino a Porto Empedocle, che con Port Ellen condivideva solo il mare e anzi nemmeno quello, perché nel caso del porto scozzese, si trattava di oceano.

Bisogna allora sapere che, una volta tornato in Italia e presa dimora a Porto Empedocle, il padre delle ragazze aveva fatto conoscenza con uno scrittore che lì abitava da sempre. Si trattava di un uomo anziano che aveva scritto numerosi libri, tra i quali uno dal titolo “Il Birraio di Preston”, scritto, dicevano voci anonime, a seguito di una conversazione del noto scrittore con l’uomo che quel mestiere aveva effettivamente esercitato, proprio in quella città inglese. Ma si tratta di una millanteria gratuita.

Ciò che veramente avvenne, invece, fu che lo scrittore, persona arguta e fantasiosa, venendo a sapere che il Badamente era stato distillatore di una marca di whisky, della quale egli, appassionato intenditore era un estimatore e che quello stesso suo concittadino era vissuto per tanto tempo in quella Isle of Isley, la patria di tutti i whisky torbati, da lui amati, in quella Port Ellen, in cui egli aveva sempre sognato di andare senza averlo mai fatto, aveva preso a benvolere il suo nuovo amico, intrattenendosi volentieri a parlare con lui tutte le volte che ne aveva l’occasione.

Quando seppe, non da lui, la storia del cavaliere senza testa, la fantasia dello scrittore si accese ed egli volle saperne di più e, poiché tra i personaggi da lui creati, c’era un commissario di polizia, di provate capacità, protagonista di tanti suoi libri, pensò di incaricarlo di un’indagine ad hoc, per appurare cosa ci fosse di vero in quella leggenda.

- Pete – gli disse una sera, mentre sorseggiavano nel suo studio un bicchiere di Lagavulin 16 anni – l’apparizione alla quale sono state presenti le due ragazze Badamenti, non ha nulla a che vedere con la leggenda del Cavaliere senza testa, questo tu lo hai già capito, ma io sento che sotto c’è qualcosa che ci sfugge. Leggende così spesso servono a nascondere altre realtà e, sebbene il nostro amico sia ora rientrato in Italia e quindi non abbia nulla da temere, ugualmente vorrei, per maggiore tranquillità che tu andassi sull’Isola e smascherassi chi si nasconde sotto quelle mentite spoglie. -

Non fu cosa facile; tra le altre cose, dovette pagargli la trasferta in Inghilterra e il soggiorno a Port Ellen per diverso tempo, ma la sua ricerca non fu infruttuosa.

Pete Montalban, questo il nome del commissario siciliano, di origini catalane, il quale condivideva molti dei gusti e delle abitudini del suo creatore, nei vari campi in cui il suo grande spirito si espandeva e quindi non solo in quello gastronomico, prese l’incarico molto seriamente e nei giorni successivi, raggiunta l’Isola, cominciò a battere sistematicamente le piste più impervie, seguendo il suo fiuto infallibile di tenace segugio, che non aveva, nella sua carriera mollato un solo caso senza averlo prima risolto .

In cerca di indizi che potessero portarlo alla soluzione di questo ultimo, strano caso, del finto cavaliere senza testa, fece doverosamente visita alle principali distillerie che fino a quel momento aveva conosciuto solo di nome, traendone il massimo di utile ai fini dell’inchiesta e della sua cultura personale. Assaggiò diverse qualità di whisky, più torbati e meno torbati, ascoltò scrupolosamente le dichiarazioni di tutti quelli che incontrò, dirigenti e dipendenti delle aziende visitate, che si dichiararono disposti a fornire notizie utili.

A pranzo ed a cena, presso ristoranti e bettole, ebbe modo di sentire osti e camerieri, mentre si “sbafava” brodetti di pesce e altri piatti della cucina scozzese, confrontandoli con quelli che mangiava a Vigata che conosceva molto bene, traendone un giudizio di massima, molto favorevole per quanto riguardava le distillerie, meno per i ristoratori, ma alla fine dovette ammettere che per quanto riguardava la leggenda del famoso cavaliere senza testa, non aveva fatto il benché minimo passo avanti. Questo mentre scadeva il secondo mese della sua assenza da Vigata, ed il questore di Agrigento pretendeva il suo immediato rientro dalla missione.

L’ultima sera, mentre cercava di affogare la delusione per il fallimento della sua indagine, con più assaggi, che il proprietario della distilleria Ardberg, la stessa del Badamenti, gli proponeva di un whisky che a suo dire, doveva riprodurre il gusto del whisky che si beveva più di mille anni prima, in quanto la torba utilizzata per la sua affumicatura risaliva a quell’epoca, immerso com’era in pensieri esistenziali, quali il tempo, lo spazio, il destino delle cose viventi, ecc., per caso, pose orecchio ad una conversazione che si stava svolgendo tra due operai della distilleria, che, a breve distanza da lui, lavoravano intorno ad una botte di rovere di dimensioni notevoli, dalla quale si sprigionava un odore di torba pungente.

- Badament, do you remember? – aveva chiesto uno.
- As not? I remenber. This was Italian…Hit’s Wife, Roseire…hum… “bona”! – aveva risposto l’altro.
- Sai che poi l’hanno preso…- la conversazione continuava in inglese. Ma Pete, aveva nella mente un traduttore istantaneo.
- Chi?
- Il cavaliere senza testa.
- Ma non mi dire..-
- Sì, era un irlandese. Si vestiva con panni di misura ampia e un cappello a larghe tese, sul quale metteva un cappuccio, così da sembrare un busto decapitato che andava a cavallo, di notte e spaventava tutti quelli che incontrava. Era l’amante della moglie dell’italiano, poveraccio, quando lui faceva il turno di notte, l’irlandese se la spassava con sua moglie nel letto di lui. –
- E che fine ha fatto? –
- Who, chi? –
- The irish –
- Era in galera per diversi reati. Un bel giorno di punto in bianco, si è saputo che si era suicidato. Il bello è che stava per essere rilasciato, per insufficienza di prove, ma si dice che sia stato ucciso. –
- E l’italiano? -
- L’italiano, il siciliano, era già tornato in Italia. Si parla di un sicario, arrivato qui qualche tempo dopo, ma non ci sono prove. Il caso è chiuso. -

Montalban, tornato in Italia, presentò, in un verbale molto accurato, le risultanze della sua indagine allo scrittore, il quale ne dedusse che l’assassino era il suo amico distillatore, il quale, casualmente, era presente durante la relazione di Montalban. L’anziano scrittore, sul momento non disse niente, ma la sua intenzione era di denunciarlo e farlo processare in Italia, ma non potette farlo, perché di Badamenti e della sua famiglia, il giorno dopo, già non si sapeva più niente.

Licio, dopo poco tempo, interrogato come persona informata de’ fatti, di fronte al giudice inquirente, rispose:

- C&C? Cos’è un acronimo? Mai sentito.

Con buona pace dello Zibaldino.

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