SACROSANTO

“Ma questo è sacrosanto!” Affermò con forza Licio appena entrato. Era il secondo giorno che frequentava la sala del circolo e già pensava di dettare legge. Aveva fatto amicizia con tutti, si muoveva a suo perfetto agio e su ogni cosa che veniva detta, aveva qualcosa da ribattere, con dolcezza e finta umiltà, ma facendo sempre prevalere il senso della sua presunta superiorità. E molti lo guardavano ammirati, come si guarda un profeta a natale.
“In questi giorni di Natale si fa un gran parlare di santo e di sacro, ma figuriamoci! La gente parla per sentito dire; io vi posso assicurare che ci sono cristiani che non distinguono ciò che è sacro da quello che è solamente santo, ignorando il significato della parola sacrosanto che le unisce tutt’e due.”
“Ma scusa, Licio, non è la stessa cosa se dico "la Sacra Bibbia e il Santo Natale", o invertendo i termini, "la Santa Bibbia e il sacro Natale", ?”, chiese umilmente, Pancrazio, conquistato fino al midollo dalla sapienza del nuovo arrivato.
“E no” rispose l’interpellato “qui casca l’asino; se noi non facciamo le dovute distinzioni, possiamo dire tutte le asinerie che ci pare, ma se poco-poco diamo a Cesare quel che è di Cesare, mi segui, vero? Allora le cose cambiano e dobbiamo stare attenti.”
“Scusami, se ho capito bene, allora, Cesare è santo, ma non è sacro?”, avanzò timidamente la proposta, il grosso Pancrazio, ridotto dall’umiltà alla dimensione di un bimbo.
“Ma che cazzo stai a dire?” sbottò il pur mite Licio (quando ci vuole ci vuole) Che c’entra Cesare?”
“Forse ho capito male, ma mi sembra che sia stato tu a tirarlo fuori. Per me non ci avrei mai pensato. Figurarsi! A me Cesare mi sta pure sulle palle! Da quando ho saputo che aveva saltato il fosso e “alia altera est”, era passato all’altra sponda e faceva il “debello gallo” coi ragazzi, ho perso la mia stima per lui. Secondo, me, quando un uomo va con un altro uomo, anche se si usa nel paese dove stai, sempre frocio è. Oh no?”
“Tutto vero quello che dici, ma hai frainteso ogni parola. “Alea iacta est” fu quando scompassò il Rubicone, e il ”De Bello Gallico” con Vercingetorige portato a Roma in catene non c’entrano affatto, ma io ho nominato Cesare per dire che bisogna distinguere ciò che è suo da ciò che è di Dio.”
“Eih, primo, io non ho nominato nessuna catena, secondo, non tirare in ballo pure Dio, se no mi arrabbio, perdio. Vuoi dire che è stata tutta colpa di Dio? Dio ci ha fatto come ci ha fatto, ma non per questo…”
“Basta!” urlò Licio fuori di sé. “Mi hai rotto le scatole”.
“Ho capito, ho capito, è la solita storia, io non sarei all’altezza del tuo discorso che è troppo alto per persone come me, perché qui voi fate le “scatologie”.
“di tua sorella. Ma vaffancùlo, sei peggio di una capra! Con te non ci parlo più.”
“Cominciamo bene” fu la desolata conclusione del più bonario degli uomini. A vederlo Maurizio, un Pancrazio così mansueto, non ci avrebbe mai creduto.

Sulla soglia della porta d’ingresso al bar, Maurizio si era soffermato a gustarsi la scenetta, fino al punto, in cui decise di intervenire.

“Proibo ad altare Dei” fece avanzando con la mani protese in avanti, come reggesse il turibolo, con il buon Sebastiano che gli andava dietro pedissequamente, a mani congiunte, a mo’ di sagrestano.
“E’ Natale ragazzi e non possiamo litigare, per cosa poi? Lasciamo cadere ogni motivo di odio e rancore. La pace sia nei vostri cuori. Vi ho portato la buona novella. Volete sapere chi ha scritto:

Che sia sacro, o commerciale
Sia per tutti
Un buon NATALE ?

Ma è stato lui, l’immarcescibile, l’insuperabile e incommestibile Licio qui presente! Che sia sacro pure a te, blasfemo, questo santo natale. Sebastiano spezza per noi il nostro panettone quotidiano e daccene una bella fetta per ciascuno. Offre la ditta, vero? Che sia festa e brindiamoci pure sopra. A noi una magnum, di qualunque marca purché brut, extra dry. Per le femminucce, ma ce ne sono?, ah, sì eccole che arrivano, aprine una di dolce, pago io!

Buon Natale.

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