PERSPICUO - PRECIPUO

Quando al bar è ora di chiudere, a notte inoltrata e gli avventori e i soci del circolo sono andai tutti via, nel locale rimane solo lui, il buon Sebastiano, che spegne l’insegna, rimanendo qualche attimo in contemplazione della scritta “Bar dell’Olmo”, con il pensiero che gli corre sempre ai primi tempi, alle difficoltà che dovette affrontare in quel periodo iniziale di quando scelse quel nome, poi, scacciando le insorgenti melanconie, abbassa la saracinesca a metà e si sobbarca all'ultima fatica della giornata, ripulire e rimettere in ordine le due stanze che compongono il suo regno.


Qualche volta si avvale della collaborazione gentilmente offerta da Pancrazio, il quale, mentre gli altri escono vociando, si sofferma sulla soglia e gli dice, “Ti serve una mano?”, al che lui risponde: “Grazie, se non ti dispiace, puoi dare una botta di scopa e poi di straccio bagnato nella saletta delle riunioni, mentre io faccio il bar.”

Così, mentre lavorano, i due si scambiano battute da una stanza all'altra e talvolta, uno dei due si sofferma sulla soglia della porta di comunicazione, per illustrare meglio il suo punto di vista e parlare all'altro guardandolo negli occhi, come si fa quando si vuole affermare qualcosa che è un elemento essenziale del discorso che si sta facendo.

“Oggi Maurizio gli tirava il culo”, disse Pancrazio una di quelle sere, “hai visto come stava ombroso?”
“Bè, povero Maurizio, non è che ci sia da esser contento di quello che fa qua. Che è un lavoro il suo?”, rispose Sebastiano.
“Per quello che fa per noi?”, insistette Pancrazio “e chi gli impedisce di dire ciao-ciao e andarsene per i fatti suoi? tanto per noi la perdita non sarebbe molto grave, lo vedi che negli ultimi tempi, è sempre più distratto e superficiale?”
“A me non sembra” rispose Sebastiano, “oggi la lezione che ha tenuto sulla parola “perspicuo” mi è sembrata molto interessante e quello che ha detto, aveva un valore precipuo, proprio nel senso che ci ha spiegato lui.”
“Per…che?” proruppe Pancrazio “che fa mo’ ti metti a parlare come lui?”
“Non è che parlo come lui, ma ti voglio dimostrare che ho capito quello che ha detto. E che mi pare importante!”
“Allora dimmi che significa la parola “prespicace” con cui ci ha tritato i cabasisi questa sera.”
“Ma dài, lo so che fai il finto tonto e sai che si dice “perspicace” e non “prespicace”. Con me certi giochetti non attaccano. Quanto ai cabasisi, sono sicuro che l’hai sentito dire da Ottavio, che è l’unico siciliano del gruppo. Comunque “perspicace”, che viene da “pre – spicio” e significa “vedo tutto chiaro”, significa uno che a va al fondo delle cose. E’ uno che sa leggere il corso degli eventi”.
“Che ti dicevo? Non abbiamo bisogno di Maurizio. Ora ci sei tu e basta che ti fai dire qualcosa prima, poi vieni da noi a fare il passaparola. E siamo a posto. Che te ne sembra?”.

Sebastiano riprese a dar di ramazza sul pavimento, con maggior vigore, rispetto a prima dell’interruzione, mentre Pancrazio indugiava ancora sulla soglia, con aria indolente, appoggiato al manico della scopa che aveva in mano, uno sguardo ancora al suo amico, aspettando una sua reazione.

“Ti è piaciuto”, riprese infatti Sebastiano, mentre lavorava a testa bassa, “quello che ha detto Chiara? Quella ragazza, a proposito è una forza e Maurizio farebbe bene a fare di più, per non perderla.
“Mbè! “precipuo” - ha detto - è un termine dotto, dal suono accattivante, che contiene una nozione ben precisa. Proviene dal latino “pre”, che in questo caso vale “prima” congiunto con il verbo “capere”, che vuol dire “prendere” e significa precipuamente una cosa che è essenziale, indispensabile, la parte principale di un tutto.”
“Allora se accostiamo precipuo con perspicuo, otteniamo che ciò che è per sua natura perspicuo, cioè chiaro, evidente, può essere anche precipuo, che vuol dire parte essenziale, ma i due concetti sono diversi: il primo, perspicuo, è sul versante dell’apparenza, una cosa appare evidente, il secondo, dell’essere, quello di cui stiamo parlando è un caposaldo di tutto il discorso.”
“Ho capito, ormai il professore sei tu” disse Pancrazio indispettito, malgrado facesse di tutto per non mostrarlo. “E’ più che perspicuo che tu sei dalla parte di Maurizio e Chiara, mentre invece quello che volevo dirti era che non mi sembra affatto precipuo che questi due siano i primi della classe. Se ho capito bene. Altrimenti al contrario, come piace a te. Per me questi giochi di parole sono cazzate e non voglio parlarne più.”

Finite le ultime incombenze, le sedie ricollocate al loro posto, con i tavolinetti, in bell’ordine, la macchina del caffè coperta con un telo di plastica, i due uscirono e Sebastiano tirò giù la serranda, chiudendola con un lucchetto.

“A domani” disse brevemente “e…grazie, comunque!”
“Figurarsi” rispose Pancrazio a mezza bocca, “son solo cazzate”.
“Buona notte.”
“Buona notte” ed ognuno prese per la sua strada.

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