LINGUACCIUTO

“Ho già parlato del linguacciuto, di passaggio, nel precedente post “Ciarlatano”, pubblicato sullo Zibaldino il 12.10.2019, con uno strano accostamento alla voce dialettale “fafficcione”, per l’affinità che tra i due termini si può trovare, non per altro, che per la singolarità del suono delle due parole che rende quanto mai palese il loro senso al solo pronunciarle. Così come ho parlato anche, un po’ sullo stesso tema, dell’altro bel termine onomatopeico, “scilinguagnolo”, in due post pubblicati sullo stesso blog, rispettivamente del 12.11.2018 e del 25.5.2019”.


Maurizio parlava davanti ad un gruppetto di una decina di ascoltatori, ma sembrava piuttosto assorto in un suo pensiero, per cui le sue parole cadevano sull'uditorio piuttosto anòdine, svagate, con tono quasi burocratico.

“Scordiamoci quanto detto finora e vediamo di concentrarci sul solo linguacciuto, parola che individua molto chiaramente, un individuo senz'altro fornito di un buon scilinguagnolo, qualità senz'altro apprezzabile, che, però, nel caso specifico, si accompagna, maldestramente con una non altrettanto gradita mancanza di garbo e senso della misura”.

Breve sosta pensosa: ma davvero interessava a quelle persone ascoltare quanto lui stava dicendo? Dal loro atteggiamento non era possibile dedurre niente, né interessamento, né disagio. Decise di andare avanti.

“Il linguacciuto è soprattutto un impertinente, abituato a dire le cose con troppa chiarezza, al punto da risultare indigesto. Smodato, scostumato, temerario, perché ignora i rischi a cui può andare incontro.

Dico di più, il linguacciuto – la parola lo dice – è un tizio fornito di una linguaccia ipertrofica, di cui fa uso senza criterio. Ed aggiungo che può esservi della protervia, nel suo modo di fare, al pari di quella di un ribaldo senza scrupoli, che non si cura delle conseguenze che le sue parole possono determinare.

Non è il salace, che, (anche qui il senso è palese nel termine), non lesina il sale nelle parole, ma egli sa il fatto suo. La parola salace può bruciare se cade su una ferita, ma il proferente è consapevole di quello che dice e non è un semplice maldicente come il linguacciuto, che non si controlla ed agisce in modo inconsapevole, cioè privo del sale dell’intelligenza. Si muove alla cieca. Sfrontato, privo di vergogna.”

Era piuttosto stanco e non aveva voglia di andare oltre, perciò, cominciò a pensare di trovare una scorciatoia per chiudere l’argomento.

Una voce si levò dal gruppetto semi addormentato.

“A sentire tutte queste invettive, c’è da credere che il linguacciuto sia il criminale più pericoloso che esista al mondo”, disse Ermenegildo, svegliandosi all'improvviso. A me non risulta tutto ciò. Dove cazzo sei andato a prendere queste informazioni? Hai beccato qualche “fake” su face-book?

L’attacco arrivò così all'improvviso che Maurizio, rimase momentaneamente disorientato.

“Dì tu, allora quello che pensi” esplose poi il suo risentimento. “Spiegaci che cosa intendi per linguacciuto.”

“Senza che t’incazzi” riprese Ermenegildo, qui siamo tra amici e scusami se parlo un po’ troppo liberamente. Degli aggettivi che hai usato per descrivere uno che parla troppo, ed in maniera inopportuna, mi sentirei di condividerne non più di due, tipo “impertinente” e “sfrontato”, che sono quelli che mi piacciono di più. Invece, a parer mio, ti sei lasciato sfuggire un bell’attributo come “mordace”, per un personaggio siffatto, che non è come dici tu, tutto da buttare, ma ha anche qualche dote che merita apprezzamento. “Mordace” e “salace”, sul quale tu non convieni, a me sembrano assolutamente pertinenti alla figura di uomo che vogliamo individuare con questo termine.

Il linguacciuto, a parere mio è come il lazzarone napoletano, sfrontato, sì, di pochi scrupoli, anche, ma non senza cervello, checché tu ne dica. Ed è capace, a volte, di suscitare anche simpatia, se si è disposti a passare sopra a qualche eccesso di troppo.”

Finito di parlare, Ermenegildo distolse gli occhi dal suo interlocutore, il quale lo aveva ascoltato in silenzio, un po’ troppo compunto, per tale circostanza, e lo rivolse a quanti erano intorno a lui. Con una qualche sorpresa, si accorse che dei dieci che erano, ne erano rimasti solo quattro o cinque ed erano già pure loro in procinto di andare via.

“Vedo che la nostra conversazione ha mosso più i piedi dei nostri ascoltatori che non le teste. Per questa sera chiudiamola qua, ma non mancherà l’occasione di tornarci su. Vedo che hai idee diverse dalle mie, ma non prive di interesse. Alla prossima, Ermenegildo, credo che andremo d’accordo nella pluralità dei modi di vedere le cose. Ciao.”

Maurizio, stese la mano al suo nuovo amico, che gliela strinse calorosamente e la cosa finì lì.

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