LICIO

Licio è un gran rompiballe, ma a lui non importa niente, tira dritto per la sua strada ed è convinto che la sua sia una missione. Su facebook ha fatto colpo con l’ardita affermazione posta sulla sua immagine di copertina “sono quello che sono: se vi sta bene, bene, se no fa lo stesso” conquistando così la simpatia, ma che dico, l’adorazione da parte di un sacco di follower, nei confronti dei quali è portato a svolgere il compito di battipista, quello che detta la linea da seguire, in ogni circostanza, su qualunque cosa accada o su qualsiasi argomento venga sottoposto all’attenzione pubblica. Il tutto con le migliori intenzioni.

E’ approdato allo Zibaldino quasi di soppiatto alla vigilia di Natale, attirato da non so quale fumus di novità che aveva captato nell’aria ed aveva deciso che se c’era qualcosa di vero in quelle avvisaglie, di qualunquue cosa si fosse trattato, non sarebbe comunque avvenuta senza di lui.

La prima volta che ha aperto bocca è stato per dire “La svolta, ho sentito che c’è in atto una svolta. Qui è nata o sta per nascere qualcosa di importante ed io non posso non essere interessato. E’ Natale, no? E io non vorrei perdere il treno come tanti all’epoca dell’Avvento che non capirono quello che stava succedendo. Gli Erode, intendo, io voglio essere fra i pastori, fra quelli che compresero subito e anzi tra quei tre che partirono da lontano per non perderselo, Gaspare, Mel…Mel… e…gli altri due, i re magi, insomma. Anzi, voglio essere quel famoso quarto re mago, o magio? Vattelappesca! di cui si è favoleggiato, ma che non arrivò in tempo perché si perse nel deserto e forse non arrivò mai. Ebbene ora, invece, ci siamo, sono qui”.

Fu Silvana, la soccorrevole, ad andargli incontro, prenderlo per mano e condurlo tra gli iniziati.

“Sei tu?” gli chiese guardandolo fisso negli occhi, “sei quello che stiamo aspettando tutti? Il Redattore che scriverà una nuova storia, quello che ci innalzerà alla gloria dei cieli?”
“Come fate a sapere che stavo arrivando? Sono partito giusto questa mattina con l’uzzolo, fammi andare a vedere cosa combinano quei quattro scombinati dello Zibaldino”.
“La tua fama ti precede; Veramente non ti aspettavamo prima di domani, sappiamo che non brilli per puntualità, ma arrivare addirittura in anticipo…! Non è da te. Stai bene?”.
“Caifa, il gran sacerdote, è già arrivato?”
“Ma què Caifa”, interloquì Marta, insolitamente nervosa per l’iniziativa presa dalla sua collega, tesa a suo giudizio,a metterla in cattiva luce, “il nostro maestro è Maurizio e non conosciamo altro all’infuori di lui.”
“Giacché sei qui” disse a questo punto Ottavio, “e se veramente sei quello che dici di essere, ci potresti chiarire alcune cose che al momento ci sfuggono? Innanzi tutto, Mago o Magio? Perché da noi la cosa non è chiara”.
“Chi mi chiama”, si sentì la voce di Chiara che stava giusto entrando in quel momento.
“Che casino che stiamo a fare!” Marcello il marsupiale esordì con queste parole e sì che prima di allora non aveva mai detto niente.
“Secondo alcuni” cominciò a spiegare pazientemente Licio, assumendo il tono compunto della persona informata dei fatti, chiamata a testimoniare davanti al Gran Giurì, i Magi non erano maghi astronomi, come dicono i più, ma veri re ed il singolare di Magi e Magio, mentre gli altri asseriscono il contrario, che non erano affatto dei re, ma dei ricchi vagabondi, curiosi delle cose del mondo e studiosi delle stelle. A ciascuno di loro si addice l’attributo di Mago e non Magio. Ma il significato è lo stesso, solo che io non lo so.”
“E poi, dicci , com’è la storia del quarto di questi re magi?”

Secondo me è una bufala. Molti si sono inventate storie diverse su questo fantomatico personaggio. Qualcuno dice che era un gran ghiottone, di nome Taor, re di un’estrema regione dell’Asia, partito in cerca di un manicaretto eccezionale; costui rappresenterebbe il modello di uomo tutto volto solamente al materialismo. Qualcun'altro parla di un certo Artaban, e lo descrive invece, come cultore dell’arte, simbolo sulla terra della purezza dello spirito. Tutti però sono d’accordo sul fatto che egli, partito per trovare il nascituro re dei Giudei, arrivò in ritardo all’appuntamento che si era dato con gli altri suoi colleghi, presso il tempio di Gerusalemme per continuare il viaggio insieme e, avventuratosi da solo nel deserto, si perse.

Forse giunse davanti alla capanna dove era nato Gesù dopo che Baldassarre, Ga…Ga…, e gli altri due, erano già ripartiti ed egli fece appena in tempo ad omaggiare il Bambinello, ma non fu in grado di offrire alcun dono, perché secondo i particolari forniti dai soliti bene informati, egli, durante il viaggio, aveva ceduto le sue tre gemme preziose che aveva destinato a quello scopo, per opere di bene e ciò, per dirla tutta, ha portato qualcuno a pensare che Gesù abbia gradito più quell’omaggio senza doni del ritardatario che non quelli sontuosi dei tre giunti prima di lui.

O forse possiamo immaginare che arrivò quando già tutte le luci erano spente ed il presepe disfatto. Trovò la capanna e, chiesto in giro per informazioni, un uomo lo informò che Gesù, Giuseppe e Maria erano partiti in tutta fretta da pochi giorni, la madre e il bambino a dorso di un asinello, che lui stesso offerto ai poveri fuggiaschi, Giuseppe, invece, necessariamente a piedi, in direzione di un paese chiamato Egitto, per sfuggire alla persecuzione degli sgherri sguinzagliati nella regione da Erode con l’ordine di passare a fil di spada tutti i neonati che avessero trovato sul loro cammino. A questo punto non gli restò altro da fare che tornare indietro, verso il lontano paese dal quale era venuto.

“E tu chi saresti dei due, Taor o Artaban?” chiese Maurizio, giunto all’ultimo momento e messo al corrente di quanto stava accadendo da Sebastiano, nel momento stesso in cui gli serviva svelto svelto un caffè, prima di entrare nella sala conferenze.

“Io son quel che mi si vuole” rispose enigmaticamente Licio. “avremo modo di conoscerci meglio nei prossimi giorni. Per ora prendetemi come sono, o meglio come mi vedete. Vabbé?”.

“Vabbé”, rispose Maurizio, ma il punto interrogativo che si era disegnato sul suo capo era tanto pesante da costringerlo a tenere la testa abbassata.

Commenti

  1. "Ma chi ca... crede d'esse sto Licio, io almeno sti qua li seguo in incognito e me sto zitto!"

    RispondiElimina

Posta un commento