INZICCARE

Maurizio da sotto le coperte, allungò una mano, come faceva ogni sera, dalla parte opposta del letto, dove di solito incrociava quella di Chiara. Era un modo di darsi la buonanotte, dopo le effusioni amorose, o anche in sostituzione di esse, come pure avveniva di tanto in tanto. Le dita delle due mani di intrecciavano, restavano così per poco tempo, poi, con una carezza prolungata, si scioglievano e ciascuna tornava al suo posto.

Quella sera, dopo aver assistito, al buio, agli ultimi preparativi della compagna, che stavano richiedendo più tempo del solito ed avendo finalmente sentito la rete della seconda metà del letto, oscillare come quando ella si sdraiava sotto le coperte, non trovando la mano di lei al solito posto, alquanto meravigliato, con spirito forse non troppo cavalleresco, ma con le intenzioni più pacifiche ed intonazione lievemente ironica, disse:

“Ti ‘nzicchit? O ancor ‘nd ‘nzicch?”.

La risposta più che stizzita della ragazza, fu furiosa:

“No! Ancor ‘nm ‘nzicch! Va bene? Mi sono scordata del bicchiere d’acqua ed ora sta andando a prenderlo”.

Infatti Chiara si era rialzata dal letto e stava uscendo furtivamente, dalla camera da letto, sempre al buio.

A Maurizio, cui premeva accelerare quei paralipomeni, avendo urgenza di abbandonarsi tra le braccia di Morfè, come ai bei tempi della cara zia Gina, avvertendo i prodromi (ma sì, mettiamocele tutte queste belle parole, per fare un piacere a Murizio, il quale nel bel mezzzo che s'incazzava, si ripassava il signficato delle ulltime), di quella che si annunciava essere una bella dormita, quella risposta urlata sembrò poco gentile, a fronte della sua cortese richiesta, che nell’intenzione gli era uscita non proprio premurosamente ironica, come pure egli avrebbe voluto, ma alquanto sarcastica, cosa per cui ribatté:

“Mica ti ho detto ‘bell’ucch’ ch purt n’front!’, altro detto memorabile di zia Gina, ti ho solo chiesto se per caso ti fossi messa già a letto. Non era il caso di rispondere in modo così sgarbato ed aggressivo”.
“Veramente mi hai chiesto, con il tuo solito sarcasmo mascolino ‘ch ti ‘nzcchit’? Ora dimmi che cosa vuol dire questo volgarismo”.
“Inziccare è un termine entrato anche nella lingua, sebbene dalla porta di servizio e vuol dire ‘ficcare' (1), quindi ti avevo chiesto, del tutto innocentemente e scevro da ogni pensiero cattivo, se finalmente, dopo vari spostamenti, ti fossi finalmente messa a letto. Come vedi non c’era nessun riferimento al secondo significato che secondo alcuni il termine ha, che fa riferimento all’atto sessuale, visto che noi questa sera non abbiamo fatto nulla di tutto ciò”.
“Vuoi dire come ‘inzuppare il biscotto’? Ma quando la finite voi maschi di pensare sempre alla stessa cosa? Siete tutti così compressi…”.
“Chiara, io non ho alcuna voglia di litigare, questa sera, perciò, ti prego, piantiamola qui. La mia era solo una spiritosaggine e non avrebbe dovuto toccarti più di tanto. Se così non è stato, mi dispiace, ora però mettiamoci a dormire.

Chiara, un po’ riluttante, posò il bicchiere colmo di acqua sul comodino, dopo aver meditato un attimo di rovesciarglielo addosso, quindi scoprì la sua parte del letto, e si coricò.

“Mi sono ‘inziccata’, disse, accostandosi a Maurizio e tendendo la mano verso di lui, conciliante. La stretta da parte di entrambi, però fu fredda e frettolosa.

Buona notte, buona notte. Il viatico non fu proprio dei migliori.


(1)  Come anche 'insaccare', molto affine che però vuol dire mettere nel sacco, elemento che nell'nziccare non credo che ci sia.  

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