BEOZIA

“In Italia si legge poco”, è il mantra che si sente ripetere di continuo, da parte dei promotori di cultura, sacerdoti ed improvvisati diaconi di quella fede tutta particolare che va sotto il nome di passione letteraria, che poi, in molti casi, si identificano con quei neofiti, folgorati dell’ultima ora sulla via di Damasco, che hanno da poco scoperto il potere salvifico dei libri, come Saulo della Croce. Ed è bello sentirli esplodere d’entusiasmo per la recente scoperta e la voglia di far sapere a tutti che quello che è capitato a loro, può capitare a tutti.

Non so se sia vero e fino a che punto, ma ho la strana idea che da noi, come per altre cose importanti, si faccia poco da una parte, troppo dall’altra. Il morbo della lettura, in Italia a me sembra che si presenti come un fenomeno a macchia di leopardo. Su un tessuto di un unico colore, che è quello base, corrispondente alle zone del paese dove non si legge affatto, o poco, si sovrappongono macchie più o meno grandi di colore diverso e molto acceso, dove si annidano le nicchie dei lettori indefessi, le confraternite della carta stampata, aperte, ma fino ad un certo punto, e dedite a fare proselitismo, che predicano bene e razzolano male.

Come dicevo, da un lato una massa amorfa di non lettori, di solito trattata con un senso di superiorità dagli altri, i lettori illuminati, in possesso di qualcosa in più, che li rende diversi. Con la tendenza ad esagerare, come per esempio, ladonnacheleggevatroppo.it. Lettori tiepidi, lettori accaniti e lettori fanatici, si danno la mano, come in un circolo di iniziati, tra esoterici ed essoterici della parola, con i loro riti e convenevoli, volti a magnificare la loro condizione di casta (intellettuale) privilegiata, annichilendo in certo qual modo, la folla dei “peones” (letteralmente ‘pedoni’, comunemente: braccianti e disoccupati), cari all’epopea Steinbeckiana di “Pian della Tortilla”, come “oggetti” di letteratura, disprezzati come soggetti di essa, perché, poveretti non hanno la possibilità di accedervi.

Sui social si moltiplicano i gruppi che raccolgono folle di appassionati di questo o quel genere letterario ed è naturale che, quando si entra a far parte di una comunità, i componenti di quel gruppo, avvertano il piacere di dialogare tra di loro, scambiarsi opinioni, parlare delle più recenti scoperte. Il fatto di sentirsi tra amici, appartenenti allo stesso clan, che condividono lo stesso interesse e piacere, con la convinzione che quanti leggono, hanno le stesse preferenze di chi scrive, e di muoversi al riparo di un semi anonimato o un autentico ‘eteronimato’ (da ‘eteronimia’), crea un’atmosfera di complicità che induce gli individui ad aprirsi totalmente e questo espone al rischio di cadere, per ingenuità, nel ridicolo o nel banale, o dar prova di infantilismo.

Capita così di leggere: “oggi ho comprato I Fratelli Karamazov, Il Visconte di Bragelonne, la Divina Commedia e il libro sui Tarocchi, che ne pensate?”

“ ‘n’gul!” è la risposta di un poco educato, non si capisce se ammiratore o dissacratore di certi facili entusiasmi e alla faccia dello stile e del parlar chiaro!.

Al consiglio accorato, dato da una lettrice in tutta buona fede, al disarmato acquirente di libri al chilo, tifosa di Delitto e Castigo, che lo prega caldamente:

“Leggilo, leggilo, vedrai che non potrai più dimenticarlo”,

ha risposto, probabilmente, lo stesso esacerbato lettore senza peli sulla lingua, che si era espresso in maniera così lapidaria – breve, succinto e compendioso - sulla lista dei libri acquistati, con la semplice osservazione:

“’Sti cazzi!”. (Scusate il francesismo).

Al che, signori, lasciatemelo dire, sembra proprio di stare all’asilo, o alla scuola (squola?) degli igorantelli, o meglio ancora, nel rispetto della nostra tradizione classica ed ellenistica, in quella beata Beozia dei tempi arcaici, in cui la popolazione ivi stanziata, si fece conoscere per le sue non eccelse risorse intellettive, donde pure, ancora oggi, applichiamo il termine di “beota”, a persone che non brillano per intelligenza.

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