TRAVEGGOLE

Una parola unica e insostituibile, usata in un solo caso, con un significato ben preciso, nel estensibile ad altri. A ben guardare, non è facile trovare parole che abbiano tutti questi requisiti, pur restando di uso comune e quanto mai preciso.

Traveggola, usata sempre al plurale, traveggole, altro non è che un termine derivato dal verbo travedere, in una declinazione in prima persona dell’indicativo presente, traveggo, non più in uso, per il più moderno travedo.

Untitled - 2017

Travedere significa vedere una cosa per un’altra, oppure vedere cose inesistenti. Le traveggole si hanno proprio in queste circostanze e dipendono da un cattivo funzionamento dell’organo visivo, gli occhi, che per motivi vari possono portare al cervello immagini diverse dalla realtà.

E’ una parola gentile, dal suono aggraziato, che non disdice in qualsiasi contesto, quando si tratti di rilevare una discrepanza tra la realtà e le apparenze, senza che alcuno abbia a risentirsene. Hai forse le traveggole? È meno offensivo di hai preso fischi per fiaschi, oppure lucciole per lanterne, per non parlar di hai preso una papera.

L’effetto è ancor più rilevante quando ad avere le traveggole sia il soggetto parlante: vuoi mettere, dire: Dio mio, mi sembra di avere le traveggole, anziché: travedo? Mi sembra di travedere. Oppure intravedere, con cui si introduce un elemento diverso come quello di uno che guarda e, o perché si trova a distanza dall’oggetto, o per qualche ostacolo, come il fumo, che impedisce una visione chiara, non riesce a capire se la cosa intravista sia effettivamente quella immaginata.

D’altro canto, diciamocelo pure, queste traveggole, che non sono traverse, non sono traversie, quante volte vorremmo averle per trasformare una realtà contingente in una realtà più adeguata alla sostanza dei nostri sogni?

- Oggi io ho le traveggole, disse Maurizio entrando nel locale affollato del bar. Vedo tutto in modo distorto. Nel mare limpido, pulito di ottobre, senza turisti, senza bagnanti, ho visto una sirena fendere le acque, il capo e le spalle scoperti, nuotava tranquilla, muovendo appena la lunga coda. Non dimenticherò mai quella immagine.

- Hai avuto una allucinazione, non le traveggole, caro Maurizio.
- Credevo di dormire, ma poi, quando ho aperto gli occhi, la sirena era lì, davanti a me e mi sorrideva.
- Era uscita fuori dell’acqua?
- Non c’era acqua.
- E la coda, la coda dove l’aveva messa?
- Ho visto solo il suo volto, non ho visto la coda. Ma era lei, la sirena del mare.
- Vi siete parlati?
- Magari! Desideravo tanto ascoltare qualcosa di dolce dalle sue labbra, qualcosa che mi cullasse e mi portasse in un altro mondo, ma dalla sua bocca non uscivano parole, sebbene le sue labbra si muovessero come se stesse parlando e più la guardavo, più la sua immagina si sfocava, si allontanava; lei protendeva le braccia verso di me, ma io non riuscivo a raggiungerle. Le dita forse, soltanto le dita, sono riuscito a sfiorare. Poi lei le ha portate all’altezza delle sue labbra ed ha accennato un bacio che mi ha inviato con la bocca a cuoricino, sulla punta dei polpastrelli.

Ed è scomparsa.

- Da quanto tempo non vedi Chiara? gli chiese all’improvviso. Tu hai bisogno di farti un bagno in acqua fresca. Vedrai ti passerà e non avrai più le traveggole, sebbene come ti ho detto le tue non erano traveggole.

Quello di Maurizio non fu l’unico caso. Sebastiano, che non era uomo da fantasie, ebbe anche il suo bel da fare per liberarsi da una fisima che gli si era creata in seguito ad un avvenimento del tutto imprevisto.

Mentre governava da par suo, l’andamento del bar, dietro al bancone, manovrando con l’abilità di un acrobata tutti gli strumenti e le chincaglierie che doveva usare per soddisfare i gusti, sempre più esigenti dei suoi clienti, specie nei momenti – rari - di sovraffollamento, ecco che s’incaglia, in uno degli sgabelli alti di fianco al bancone, un tizio col cappello, in testa, baffetto e bastoncino, ah! Farfalla invece della cravatta, e,

- Scusi bavman, vovvei un succo di fvutta spvemuta a mano.
- Spiacente, ho soltanto bottigliette della Yoga. Che gusto preferisce?
- Non mi ha capito, se non è spvemuto a mano non voglio niente. Non ha nulla da spvemere a mano?
- Per chi mi ha preso? Replicò severo Sebastiano. Non ho quello che cerca, se ne vada!
- Lei ha pveso un qui pvo quo, cavo signove, io volevo una spvemuta d’avancia.
- Io non ho preso un cavolo di niente; via dal mio locale e porti via il suo quiquoquo.
- Qui pvo quo, significa una cosa pev un’altva. E’ come pvendeve un abbaglio, aveve le tvaveggole.

Mentre parlava, lo stravagante cliente, agitava con la mano destra, guantata, il bastoncino tenuto a metà, sotto il naso di Sebastiano.

- Fuori, disse quest’ultimo e fece l’atto di uscire dal bancone per buttarlo fuori. L’uomo andò via protestando.

Dopo cinque minuti, eccolo di nuovo entrare nel bar, questa volta accompagnato da un poliziotto in divisa.
- Il signore qui dice che lei si è rifiutato di servirgli una spremuta di arancia. In qualità di gestore di un esercizio pubblico, lei non può rifiutare una richiesta lecita.
- Non è vero; il signore qui è venuto per prendermi in giro.
- Glielo ho detto, si inserì lo zerbinotto, che c’eva stato un qui pvo quo, ma lui non mi ha cveduto.
- Dov’è ora? chiese serio il poliziotto.
- Chi? Chiese l’erre moscia.
- Il Quivoquo, che ha detto proprio ora. Potrebbe testimoniare la verità.
- Il qui pro quo, chiarì uno del pubblico, che seguiva con interesse la discussione, è un fraintendimento, uno che ha capito fischi per fiaschi.
- E lei come fa a saperlo? Chiese il poliziotto.
- Che cosa? Chiese l’uomo.
- Che questo tizio ha preso un fiasco col fischio.

Al colmo della esasperazione, Sebastiano, che ne aveva le palle piene, propose una composizione bonaria;

- E se facessimo finta di niente, come se nulla fosse accaduto e ci prendiamo un drink tutti insieme, offre la ditta?
- Questo è un tentativo di corruzione giovanotto. Andiamo tutti al Comando e mettiamo le cose a posto.
Quando si dice avere le traveggole! Uscendo accompagnato dagli altri per andare in questura, Sebastiano si vide riflesso nello specchio vetrina che stava subito fuori del bar: vide uno sconosciuto che procedeva in fila insieme a diversi altri sconosciuti.

- Dove andranno questi imbecilli? Si chiese.

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