SALTABECCARE

"Io saltabecco, tu saltabecchi, egli saltabecca; detto così è banale: significa che colui che si dedica a questa simpatica attività di saltellare, nel migliore dei casi, in senso figurato, salta da un discorso all'altro, senza nesso, né costrutto.

E’ destino di un verbo, scaturito dalla fantasia popolare lungo i pendii della verde Toscana, nascere monco nel significato, nonostante l’evidenza del torto che subisce. Dal termine dialettale toscano saltabecco, usato per indicare la cavalletta, che procede a balzi, è nato il verbo saltabeccare che, invece, a me sembra, debba significare di più del semplice spiccare salti. Altrimenti perché fondere due verbi così evidentemente complementari, come saltare e beccare?

Tucano, da National Geographic

Se anche, all'origine il becco non c’entrava, la locusta infatti non ce l’ha, successivamente e fuori dal toscanismo originario, la nascita del verbo doveva necessariamente comprendere i due movimenti simultanei del saltare e beccare, come vediamo nelle aie, o negli spazi tra un tavolinetto e l’altro, nei bar all'aperto, fare i passeri, che saltellano per terra e contemporaneamente becchettano le briciole che riescono a trovare anche dove noi non vediamo niente.

Quello che ho appena detto e che io trovo ragionevole e verosimile, non trova riscontro nei principali dizionari on line che ho consultato, nei quali, l’unico significato che viene indicato per il verbo saltabeccare è quello di saltellare.

Tra gli esempi riportati, c’è una frase di Pascoli che a me piace molto: passeri saltabeccano sui tetti. Ora voi direte, ma sui tetti, che becchime possono trovare i passeri per dare corpo all'ipotesi fatta dal vostro ciarlatano? Non è forse questa una conferma che anche Pascoli pensava che saltabeccare significasse solo saltellare, ritenendo che l’eventuale becchettare potesse essere del tutto accessorio?"

Nel silenzio che seguì queste parole, Maurizio avvertì la perplessità dell’esiguo uditorio, che si veniva manifestando con qualche mormorio soffocato, un colpetto di tosse, qualche scricchiolio alle sedie.

"Nessuno di voi ha nulla da aggiungere, o magari da chiedere?", esortò gli astanti a pronunciarsi.

Dopo una breve esitazione, ad intervenire fu Silvana che da un po’ non si faceva sentire: "A me sembra che", disse, "benché il nostro lavoro, per statuto, comprenda la ricerca di cose futili e leggere, questa volta stiamo veramente passando ogni limite. Giorni addietro si parlava di lana caprina, per dire di cose di nessun valore, ma qui non è nemmeno il caso di parlare del pelo di cane, o del crine del cavallo. Ma a te, Maurì, interessa davvero risolvere questo dilemma se saltabeccare significhi solo saltare o anche beccare? Credo che, qui dentro, la cosa non interessi a nessuno e non volermene. Nel caso, per conferma, puoi chiedere in giro."

Maurizio non era offeso, semmai triste. Guardò in giro e cercò di cogliere negli occhi degli astanti, qualche segno negli sguardi, a suo favore. Ma nessuno fece il benché minimo cenno. Fino a quando Marta non si alzò e non fece un passo avanti, con l’intenzione di parlare. Disse: "Io penso che quella di oggi sia stata un’occasione unica per provare con mano quello che andiamo sempre dicendo e cioè che la bellezza di questa nostra comunità sta proprio nel fatto che nessuno di noi ha intenzione di scoprire la luna. Di fatti eccezionali ne succedono tanti e ci sono quelli che si incaricano di esaminarli e non siamo noi. Noi ci occupiamo delle piccole cose, la comprensione delle quali anche oltre il solito o l’apparente, ci riempie di gioia e intima soddisfazione. E’ stata sempre questa la nostra filosofia, o mi sbaglio? Oggi Maurizio ci ha proposto una parola, e noi, di cosa parliamo di solito, se non di parole? Di una bellezza esagerata, onomatopeica, al punto che non trovi maniera migliore di spiegarne il significato, che quella di pronunciarla a voce alta; sarà, ma questa questione del becco che batte e produce quel rumore tipico, come in battibeccare, mi sembra che sia una cosa sulla quale non si può passare sopra. Il battibecco tra comari, è proprio come il ruzzare dei polli in una stia. Ricordate i poveri capponi di Renzo? Si beccavano fra di loro come facciamo noi, quando non capiamo quale sia il nostro destino. Piccolo è bello e futile, volatile, volubile, come abbiamo visto, altrettanto. Un piccolo gioiello, saltabeccare, sia nel senso di saltare scompostamente da una parte all'altra, come è tipico delle cavallette, sia in quello preferito da Maurizio di saltellare allegramente con passetti rapidi ed uguali, in cerca di cibo, da beccare velocemente, prima che scompaia."

"Io sono per la prima interpretazione", intervenne Ottavio, "e non per ossequio ai testi che, come giustamente Maurizio ci ha riferito, parlano solo di saltare da un posto all'altro, con salti imprevedibili, come fanno appunto le cavallette. Ed appropriato mi sembra il suo uso metaforico, riferito al soggetto che parlando, in un discorso come stiamo facendo noi, salta da un argomento all'altro, senza consequenzialità e, vorrei aggiungere, senza un programma cosciente, come in un fuoco d’artificio. Voglio essere più preciso: nel saltabeccare, così inteso, io vedo anche un disorientamento del proferente, che non sa dove vuole arrivare e questo in perfetta simmetria con i salti casuali della cavalletta."

"Ahooo! Ragazzi, è l’una", disse alfine Pancrazio, che era rimasto tutto il tempo ad ascoltare, soddisfatto della sua piena reintegrazione nel gruppo dei cervelli pensanti, avvenuta nelle precedenti sedute, di cui voleva far durante l’effetto benefico all’infinito; "è ora che passiamo ai saluti, perché dobbiamo andare a pranzo. Anche se noi non siamo per il saltabeccare, almeno il beccare, ce lo volete lasciare?"

Commenti