IPOCRITO
Mio cognato Antonio, celebre avvocato giuslavorista (sono molto fiero di lui), ora passato alla categoria dei dopolavoristi (ironia, mi permetto di farla, senza malizia, da quando è passato in panchina, mentre prima era lui a prendere in giro me e mio fratello Vittorio, pensionati di lungo corso), raccontava di un certo Aurelio, macellaio border-line famoso a Teramo, per diversi motivi, il quale, dovendo fare una consegna di capi macellati senza controllo veterinario presso la sua macelleria, passando in macchina davanti al negozio vide che lo stavano aspettando sull'ingresso, due ispettori della Guardia di finanza, al che, l’avventuroso commerciante, anziché fermarsi, come pure gli stavano intimando i due funzionari, accelerò e fuggì, gridando dal finestrino, al vento, ma facendo in modo che quelli potessero sentirlo, un sola parola: "ipocrito".
All'epoca l’episodio ci sembrò molto divertente e ne ridemmo per lungo tempo. Secondo noi descriveva alla perfezione la figura di questo singolare personaggio che usava a caso ed in modo sbagliato una parola impegnativa, che dovrebbe essere usata con prudenza, se non con le pinze, perché nel gran tema dell’ipocrisia rientriamo un po’ tutti e maggiormente nel suo caso, posto e messo in dubbio che il tipo se ne rendesse conto, tale epiteto si sarebbe adattato, più a se stesso, che ai rappresentanti della legge. Attribuire poi ad un semplice macellaio l’intuizione di una critica sociale nei confronti di un apparato statuale che ipocritamente si affida ad una giustizia largamente insufficiente, sarebbe veramente troppo.
Dopo parleremo dell’ipocrisia, ora un semplice accenno al fatto linguistico e grammaticale: se c’era errore nell'improperio lanciato da Aurelio ai finanzieri, esso era solo nel numero; un singolare per il plurale. Perché la dizione ipocrito, singolare, ancorché meno usata, esiste a fianco del più comune e moderna ipocrita. Essendo due, quanto sarebbe stato facile dire ipocriti? Ma lasciamo perdere.
Io per primo mi denuncio come ipocrita. Con me stesso e con gli altri. Mia madre, quando già era lontana con la mente a causa della malattia che l’aveva colta, per fortuna, in età avanzata, un giorno, con lo sguardo fisso oltre la mia persona, che aveva davanti, mi disse:
"Come farai, quando fra poco si verrà a sapere quello che hai fatto? Con quale faccia ti presenterai in ufficio, ai tuoi colleghi?"
"Mamma, cos’ho fatto?", le chiesi angosciato, "dimmelo, perché io non lo so, o non me ne sono accorto. Ho fatto qualcosa di male? O di brutto?"
Lei mi guardò finalmente e, fissandomi con uno sguardo vigile, che non le avevo visto da molto tempo, mi disse:
"Tu, lo sai."
Lì per lì non detti molto peso a quelle parole, dopotutto la mia povera madre, donna di una intelligenza ed una sensibilità senza pari, allora, non era neanche l’ombra di se stessa e viveva in un suo mondo appartato, che non aveva più alcun contatto con il nostro. E se fosse proprio per questo? mi chiesi all'improvviso. Se fosse proprio questa sua capacità di vedere cose che noi non vediamo? O non comprendiamo? O che non sono ancora successe, ma avverranno?
Era quella, rimasta nella nostra storia nazionale come la stagione di Mani Pulite e non passava giorno che non si apprendesse dalla cronaca di TV e giornali, di nuovi arresti di personaggi famosi e meno famosi, tra cui anche alcuni di mia conoscenza, insospettabili fino al momento prima dell’arresto e subito dopo caduti in disgrazia, abbandonati al giustizialismo popolare, implicati in vicende di corruzione e malaffare, da cui poi molti sono stati riconosciuti innocenti, e, soprattutto per quelli che avevano incarichi politici, o responsabilità amministrative, non erano quelli tempi da stare comunque tranquilli. Qualunque piccola leggerezza avrebbe potuto pregiudicare il buon nome di un politico o di un funzionario. Le parole di mia madre mi suonarono profetiche in modo preoccupante e mi caddero addosso come pietre e temetti di essere anche io colpevole di qualcosa che non sapevo e non riuscivo ad immaginare. Per fortuna non fu così e quel tempo passò senza che mi capitasse niente. Non così per altri.
Uno, nessuno centomila sono le maschere che noi indossiamo ogni giorno per essere quello che siamo e anche quello che non siamo. Perciò, non parlatemi di ipocrisia. L’ipocrita è un attore, che recita la sua parte sul palcoscenico della vita. Lo è oggi, forse quanto mai per motivi di convenienza, lo era ieri, per motivi più professionali. L’attore è più grande, a seconda di quanto più sappia fingere.
Perché di più oggi? La causa principale è la politica, la nobile arte che dovrebbe essere affidata ai migliori e ai più portati ad agire per il bene comune, per il governo della polis e dello stato, è invece decaduta a mercato di consensi da carpire con devastante ipocrisia da parte dei mediocri, per poter conquistare il potere. Una volta i personaggi della politica erano icone, ferme nella mente dei sostenitori, come degli avversari, oggi sono marionette che inseguono gli interessi di gruppi di persone e per questo assumono mille maschere.
Ma lasciamo la politica, torniamo al dunque. Dunque che cosa? C’è forse un dunque? Questa è una chiacchierata a ruota libera, come al bar, l’ipocrita, chi più chi meno, è intorno a noi, stampato nelle facce che si avvicendano nel nostro campo visivo. Il prete, il professore, il giornalista, l’attacchino, il ferroviere, con il berretto ancora in testa, chi si crede di essere? E la poliziotta? Un mestiere come un altro, voi dite; nessuna discriminazione di genere. Ci siamo. Cos'è l’ipocrisia?
Solo quello che abbiamo ad una distanza intermedia tra l’ombelico e le ginocchia e che nascondiamo nelle braghe per pudore, ma chissà quanti vorrebbero far vedere, oppure la facoltà di mentire a noi stessi e di nasconderci che c’è un punto in ognuno di noi dove non guardiamo volentieri e anche volendo, non sapremmo confessare nemmeno alla persona più cara ed è il nostro lato oscuro, che non sia anche quello prevalente: ricordate il Doctor Jekyll e Mister Hyde?
A questo punto Maurizio si arrestò e guardò perplesso negli occhi dei suoi pochi ascoltatori.
"Ma che cosa sto dicendo, amici miei? L’ipocrita è semplicemente una persona che cerca di far credere di essere quello che non è, e di possedere qualità eccellenti, specie di tipo morale, sentimentale, che non ha, a scopo di ottenere la benevolenza di chi gli sta accanto, in genere per conseguire qualche vantaggio. Solitamente è mellifluo e falso nei suoi atteggiamenti, di una moralità tanto superiore, che lo porta spesso ad essere un leccaculo (scusate la volgarità)."
Un silenzio pensoso accolse le sue ultime parole; poi tutti, lentamente uscirono e Sebastiano, prima di spegnere la luce, dette un'ultima occhiata al suo retrobottega trasformato in luogo di... culto... ma che culto? Cultura, con la CU maiuscola e anche le scope e gli tracci gli apparvero sotto un'altra luce, vuoi vedere che un giorno ci faccio i soldi, come oggetti di cult?
Locandina del film "Il dottor Jekyll e Mr. Hyde" (Mamoulian, 1941) |
All'epoca l’episodio ci sembrò molto divertente e ne ridemmo per lungo tempo. Secondo noi descriveva alla perfezione la figura di questo singolare personaggio che usava a caso ed in modo sbagliato una parola impegnativa, che dovrebbe essere usata con prudenza, se non con le pinze, perché nel gran tema dell’ipocrisia rientriamo un po’ tutti e maggiormente nel suo caso, posto e messo in dubbio che il tipo se ne rendesse conto, tale epiteto si sarebbe adattato, più a se stesso, che ai rappresentanti della legge. Attribuire poi ad un semplice macellaio l’intuizione di una critica sociale nei confronti di un apparato statuale che ipocritamente si affida ad una giustizia largamente insufficiente, sarebbe veramente troppo.
Dopo parleremo dell’ipocrisia, ora un semplice accenno al fatto linguistico e grammaticale: se c’era errore nell'improperio lanciato da Aurelio ai finanzieri, esso era solo nel numero; un singolare per il plurale. Perché la dizione ipocrito, singolare, ancorché meno usata, esiste a fianco del più comune e moderna ipocrita. Essendo due, quanto sarebbe stato facile dire ipocriti? Ma lasciamo perdere.
Io per primo mi denuncio come ipocrita. Con me stesso e con gli altri. Mia madre, quando già era lontana con la mente a causa della malattia che l’aveva colta, per fortuna, in età avanzata, un giorno, con lo sguardo fisso oltre la mia persona, che aveva davanti, mi disse:
"Come farai, quando fra poco si verrà a sapere quello che hai fatto? Con quale faccia ti presenterai in ufficio, ai tuoi colleghi?"
"Mamma, cos’ho fatto?", le chiesi angosciato, "dimmelo, perché io non lo so, o non me ne sono accorto. Ho fatto qualcosa di male? O di brutto?"
Lei mi guardò finalmente e, fissandomi con uno sguardo vigile, che non le avevo visto da molto tempo, mi disse:
"Tu, lo sai."
Lì per lì non detti molto peso a quelle parole, dopotutto la mia povera madre, donna di una intelligenza ed una sensibilità senza pari, allora, non era neanche l’ombra di se stessa e viveva in un suo mondo appartato, che non aveva più alcun contatto con il nostro. E se fosse proprio per questo? mi chiesi all'improvviso. Se fosse proprio questa sua capacità di vedere cose che noi non vediamo? O non comprendiamo? O che non sono ancora successe, ma avverranno?
Era quella, rimasta nella nostra storia nazionale come la stagione di Mani Pulite e non passava giorno che non si apprendesse dalla cronaca di TV e giornali, di nuovi arresti di personaggi famosi e meno famosi, tra cui anche alcuni di mia conoscenza, insospettabili fino al momento prima dell’arresto e subito dopo caduti in disgrazia, abbandonati al giustizialismo popolare, implicati in vicende di corruzione e malaffare, da cui poi molti sono stati riconosciuti innocenti, e, soprattutto per quelli che avevano incarichi politici, o responsabilità amministrative, non erano quelli tempi da stare comunque tranquilli. Qualunque piccola leggerezza avrebbe potuto pregiudicare il buon nome di un politico o di un funzionario. Le parole di mia madre mi suonarono profetiche in modo preoccupante e mi caddero addosso come pietre e temetti di essere anche io colpevole di qualcosa che non sapevo e non riuscivo ad immaginare. Per fortuna non fu così e quel tempo passò senza che mi capitasse niente. Non così per altri.
Uno, nessuno centomila sono le maschere che noi indossiamo ogni giorno per essere quello che siamo e anche quello che non siamo. Perciò, non parlatemi di ipocrisia. L’ipocrita è un attore, che recita la sua parte sul palcoscenico della vita. Lo è oggi, forse quanto mai per motivi di convenienza, lo era ieri, per motivi più professionali. L’attore è più grande, a seconda di quanto più sappia fingere.
Perché di più oggi? La causa principale è la politica, la nobile arte che dovrebbe essere affidata ai migliori e ai più portati ad agire per il bene comune, per il governo della polis e dello stato, è invece decaduta a mercato di consensi da carpire con devastante ipocrisia da parte dei mediocri, per poter conquistare il potere. Una volta i personaggi della politica erano icone, ferme nella mente dei sostenitori, come degli avversari, oggi sono marionette che inseguono gli interessi di gruppi di persone e per questo assumono mille maschere.
Ma lasciamo la politica, torniamo al dunque. Dunque che cosa? C’è forse un dunque? Questa è una chiacchierata a ruota libera, come al bar, l’ipocrita, chi più chi meno, è intorno a noi, stampato nelle facce che si avvicendano nel nostro campo visivo. Il prete, il professore, il giornalista, l’attacchino, il ferroviere, con il berretto ancora in testa, chi si crede di essere? E la poliziotta? Un mestiere come un altro, voi dite; nessuna discriminazione di genere. Ci siamo. Cos'è l’ipocrisia?
Solo quello che abbiamo ad una distanza intermedia tra l’ombelico e le ginocchia e che nascondiamo nelle braghe per pudore, ma chissà quanti vorrebbero far vedere, oppure la facoltà di mentire a noi stessi e di nasconderci che c’è un punto in ognuno di noi dove non guardiamo volentieri e anche volendo, non sapremmo confessare nemmeno alla persona più cara ed è il nostro lato oscuro, che non sia anche quello prevalente: ricordate il Doctor Jekyll e Mister Hyde?
A questo punto Maurizio si arrestò e guardò perplesso negli occhi dei suoi pochi ascoltatori.
"Ma che cosa sto dicendo, amici miei? L’ipocrita è semplicemente una persona che cerca di far credere di essere quello che non è, e di possedere qualità eccellenti, specie di tipo morale, sentimentale, che non ha, a scopo di ottenere la benevolenza di chi gli sta accanto, in genere per conseguire qualche vantaggio. Solitamente è mellifluo e falso nei suoi atteggiamenti, di una moralità tanto superiore, che lo porta spesso ad essere un leccaculo (scusate la volgarità)."
Un silenzio pensoso accolse le sue ultime parole; poi tutti, lentamente uscirono e Sebastiano, prima di spegnere la luce, dette un'ultima occhiata al suo retrobottega trasformato in luogo di... culto... ma che culto? Cultura, con la CU maiuscola e anche le scope e gli tracci gli apparvero sotto un'altra luce, vuoi vedere che un giorno ci faccio i soldi, come oggetti di cult?
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