BOFONCHIO
Bofonchio, sostantivo maschile singolare; io bofonchio, prima persona indicativo presente verbo bofonchiare.
Un Maurizio sbiadito, opaco, pronunciò queste parole come in trance, davanti ad una platea (si fa per dire), altrettanto distratta e ristette, incerto su come proseguire.
Ne approfittò Pancrazio: "A questo punto siamo? Siamo venuti qui per sentire queste cazzate? Mi sembra di essere alla prima elementare, con la signora maestra che ci detta l’a-b-c."
"Tu Pancrazio non sei molto distante da quel tempo e non per l’età. Cosa pretendi? E poi, perché non aspetti che uno abbia finito? Sono appena alle prime parole e già ti lamenti?"
"Scusa Maurizio, ma siamo abituati a sentire ben altro; il tuo discorso è sempre stato alto, alato, degno di un circolo letterario. Ora invece balbetti nozioni di grammatica elementare."
"Circolo letterario, dici? Ma se siamo quattro gatti che si arrabattano a trovare parole strane o insolite per imbastirci un discorsetto da principianti, a scopo di puro divertimento! Ora per esempio ho pescato questo bofonchio e mi sono detto Perché no? Vediamo cosa c’è sotto il bofonchio e cosa se ne può ricavare. Per farlo ho dovuto cominciare col girarci intorno e vedere com'è fatto."
"Allora buttatici dentro, per quel diavolo di un Satanasso! Siamo tutt'orecchi."
Maurizio accennò un sorrisetto tra il triste e l’ironico, incerto se andare avanti o fermarsi e piantarla lì; ma poi sentì, con qualche ritardo, lo schiocco nell'aria e sulla sua pelle la conseguente bruciatura, della frustata data da quel Pancrazio, dal quale non si sarebbe mai aspettato tanto ardore e il coraggio forse sì, ma per avventatezza. E reagì di conseguenza. A volte da quelli da cui meno te lo aspetti, arriva la spinta che ci vuole.
"Amici, avete sentito?", disse rivolto al suo uditorio, sei o sette paia di occhi che guardavano e non sapevano che pesci prendere, "Pancrazio ci ha insegnato che per fare qualcosa, bisogna crederci. Voi ci credete? Il suo non è stato un bofonchio, detto a mezza bocca, che non si capisce; non è stato un sussurro, altrettanto incomprensibile perché flebile, ma è stato come un colpo di cannone, roboante e forte, un invito pronunciato ad alta voce, chiaro e lampante a proseguire sulla nostra strada, con l’impegno di tutti. Parliamo prima del verbo, bofonchiare, che significa borbottare, che è un modo di esprimere il proprio dissenso, o malessere, parlando a bassa voce e mangiandosi le parole. Per paura di esprimere compiutamente il proprio pensiero, o per malanimo, non sapendo bene cosa dire. "
Poi proseguì: "In assenza di un etimo certo, penso che si possa accettare l’origine onomatopeica della parola, che deriva dal sostantivo - il bofonchio - che è un insetto, il calabrone, il quale, volando crea con le ali un rumore di bassa frequenza, sordo e vibrate, caratteristico al punto che la parola stessa indica oltre all'insetto che lo emette, anche il particolare tipo di rumore.In senso allegorico e con calzante similitudine, nel nostro eloquio, che attinge ricchezza da ogni fonte favorevole e quindi non si poteva far scappare questa occasione particolarmente bella, la parola bofonchio è passata ad indicare quel modo di parlare come tra sé e sé, continuo e ripetuto, come appunto il ronzare fastidioso di una vespa, che indica malcontento e che va anche sotto i vari sinonimi di borbottio, brontolio, mugugno, ma con una carica maggiore a vantaggio dell’originale bofonchio, che alla durezza del suono, a pronunciarlo, aggiunge un tocco di ricercatezza. La parola infatti non si presta ad essere usata in ogni momento, ma solo in circostanze particolari."
A questo punto, ritenendo esaurito l’argomento, Pancrazio, con un fare da buffone, novello Falstaff, irruppe sulla scena, quello spazio di non più di un metro mezzo che separava il tavolo oratorio dalle prime sedie dell’uditorio, e facendo un profondo inchino davanti all'oratore con la bocca ancora semiaperta, e imitando il gesto del cappello, portato in un ampio arco dal braccio in movimento circolare, a sfiorare il pavimento, si profuse in ringraziamenti e congratulazioni per le ritrovate, a suo dire, facoltà oratorie da parte dell’amico e maestro, facendo esplodere la platea in un fragoroso scroscio di risa irriverenti.
Un Maurizio sbiadito, opaco, pronunciò queste parole come in trance, davanti ad una platea (si fa per dire), altrettanto distratta e ristette, incerto su come proseguire.
Fonte del Borbotto, Monte Falterona - 2017 |
Ne approfittò Pancrazio: "A questo punto siamo? Siamo venuti qui per sentire queste cazzate? Mi sembra di essere alla prima elementare, con la signora maestra che ci detta l’a-b-c."
"Tu Pancrazio non sei molto distante da quel tempo e non per l’età. Cosa pretendi? E poi, perché non aspetti che uno abbia finito? Sono appena alle prime parole e già ti lamenti?"
"Scusa Maurizio, ma siamo abituati a sentire ben altro; il tuo discorso è sempre stato alto, alato, degno di un circolo letterario. Ora invece balbetti nozioni di grammatica elementare."
"Circolo letterario, dici? Ma se siamo quattro gatti che si arrabattano a trovare parole strane o insolite per imbastirci un discorsetto da principianti, a scopo di puro divertimento! Ora per esempio ho pescato questo bofonchio e mi sono detto Perché no? Vediamo cosa c’è sotto il bofonchio e cosa se ne può ricavare. Per farlo ho dovuto cominciare col girarci intorno e vedere com'è fatto."
"Allora buttatici dentro, per quel diavolo di un Satanasso! Siamo tutt'orecchi."
Maurizio accennò un sorrisetto tra il triste e l’ironico, incerto se andare avanti o fermarsi e piantarla lì; ma poi sentì, con qualche ritardo, lo schiocco nell'aria e sulla sua pelle la conseguente bruciatura, della frustata data da quel Pancrazio, dal quale non si sarebbe mai aspettato tanto ardore e il coraggio forse sì, ma per avventatezza. E reagì di conseguenza. A volte da quelli da cui meno te lo aspetti, arriva la spinta che ci vuole.
"Amici, avete sentito?", disse rivolto al suo uditorio, sei o sette paia di occhi che guardavano e non sapevano che pesci prendere, "Pancrazio ci ha insegnato che per fare qualcosa, bisogna crederci. Voi ci credete? Il suo non è stato un bofonchio, detto a mezza bocca, che non si capisce; non è stato un sussurro, altrettanto incomprensibile perché flebile, ma è stato come un colpo di cannone, roboante e forte, un invito pronunciato ad alta voce, chiaro e lampante a proseguire sulla nostra strada, con l’impegno di tutti. Parliamo prima del verbo, bofonchiare, che significa borbottare, che è un modo di esprimere il proprio dissenso, o malessere, parlando a bassa voce e mangiandosi le parole. Per paura di esprimere compiutamente il proprio pensiero, o per malanimo, non sapendo bene cosa dire. "
Poi proseguì: "In assenza di un etimo certo, penso che si possa accettare l’origine onomatopeica della parola, che deriva dal sostantivo - il bofonchio - che è un insetto, il calabrone, il quale, volando crea con le ali un rumore di bassa frequenza, sordo e vibrate, caratteristico al punto che la parola stessa indica oltre all'insetto che lo emette, anche il particolare tipo di rumore.In senso allegorico e con calzante similitudine, nel nostro eloquio, che attinge ricchezza da ogni fonte favorevole e quindi non si poteva far scappare questa occasione particolarmente bella, la parola bofonchio è passata ad indicare quel modo di parlare come tra sé e sé, continuo e ripetuto, come appunto il ronzare fastidioso di una vespa, che indica malcontento e che va anche sotto i vari sinonimi di borbottio, brontolio, mugugno, ma con una carica maggiore a vantaggio dell’originale bofonchio, che alla durezza del suono, a pronunciarlo, aggiunge un tocco di ricercatezza. La parola infatti non si presta ad essere usata in ogni momento, ma solo in circostanze particolari."
A questo punto, ritenendo esaurito l’argomento, Pancrazio, con un fare da buffone, novello Falstaff, irruppe sulla scena, quello spazio di non più di un metro mezzo che separava il tavolo oratorio dalle prime sedie dell’uditorio, e facendo un profondo inchino davanti all'oratore con la bocca ancora semiaperta, e imitando il gesto del cappello, portato in un ampio arco dal braccio in movimento circolare, a sfiorare il pavimento, si profuse in ringraziamenti e congratulazioni per le ritrovate, a suo dire, facoltà oratorie da parte dell’amico e maestro, facendo esplodere la platea in un fragoroso scroscio di risa irriverenti.
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