BIFOLCO
"Bifolco non vuol dire due volte rozzo, volendo dare a folco questo significato (che non ha)", disse Maurizio, con un occhio rivolto all'eventuale reazione di Pancrazio, che, in prima fila, non si perdeva una parola, "ma viene dal bubulcus in latino che era l’uomo addetto alla cura e alla custodia dei buoi" e senza volerlo, i suoi occhi si appuntarono proprio su Pancrazio, che, a disagio, si guardò intorno e pensò che lo stesse prendendo per il culo.
"Da bubulcus si passò più tardi a bufulcus..., vero Pancrazio? (i dubbi dell’apostrofato, si rafforzarono). Ti vedo un po’ distratto, c’è qualcosa che non va?"
"No, no, tutto bene...avevo l’impressione..."
"Se vuoi aggiungere qualcosa, fai pure, ti ascoltiamo...", in sala fu soffocato qualche risolino.
"No, niente, per il momento", disse guardandosi alle spalle per vedere chi stava ridendo, "dopo vedremo", aggiunse velatamente minaccioso intendendo vi faccio vedere io chi è il bifolco... e rivolto chiaramente a quelli che stavano dietro di lui che assunsero subito un’aria seria e contegnosa... (tra accademici, figurarsi...simili beghe...).
"Pur avendo un’origine nobile, questa parola", riprese Maurizio, "è sgraziata, perché fortemente dispregiativa e quindi offensiva. La nobiltà che le deriva da una tradizione letteraria quale quella bucolica e virgiliana, che ha esaltato il lavoro dei campi e la figura del contadino pastore, caro alle Muse e felice nella natura incontaminata, con il suo flauto di canna, non è servita a bilanciare la concorrente tendenza a ritenere che ci sia grande distanza tra l’uomo di città, civile e colto e l’uomo di campagna, il contadino, dipinto sempre come rozzo e maleducato, furbo sì, ma grossolano, caratteristiche riassunte nel motto scarpe grosse e cervello fino, che non è proprio un complimento. Come negare, comunque, che questa parola richiama immancabilmente, la stalla, gli animali, bovini e ovini, lo stazzo del maiale, escrementi e stallatico, forconi e pale e molto poco la bellezza dei campi arati e coltivati? C’è un pregiudizio anche dentro di noi? O bifolco è parola da mettere nel dimenticatoio nonostante la sua compattezza e la sua pregnanza?".
Poi continuò:
"Con uno sforzo grande quanto la distanza che c’è tra terra e cielo, si può accennare ad una particolarità che essa tiene, e sembra quasi incredibile, che chiama in causa proprio questi due elementi. Di solito si dice dalle stelle alle stalle, per indicare una caduta, un precipizio, che può riferirsi sia ad un fatto materiale (nella scelta del luogo di villeggiatura, si è scelta una sistemazione che sulla carta prevedeva molte comodità e privilegi, mentre, nella realtà, giunti sul posto, con armi e bagagli, si scopre di essere arrivati in una stamberga da briganti, dove non è il caso di passare neanche una notte), che ad una caduta ben diversa, di natura spirituale, quella di chi ha conosciuto successo ed onori e cada in disgrazia per demeriti propri e successivi o soltanto perché è mutato il clima politico). In entrambi i casi, il modo di dire, serve a mettere in risalto, lo stato d’animo di abbattimento della vittima del cambiamento, che precipita da una condizione di benessere, in una di indigenza e sottomissione (altro motto appropriato a quest’ultimo caso: chi troppo in alto sale, cade sovente precipitevolissimevolmente)."
Quindi terminò:
"Nel caso invece di questa parola, bifolco, capita il contrario, il movimento avviene in senso ascensionistico: essa infatti, oltre al significato di cui sopra, che va per la maggiore, ne ha, inopinatamente, anche un altro del tutto diverso; individua, sebbene in una altra accezione, una costellazione che va sotto il nome di Boote, che annovera alcune delle stelle più luminose del firmamento. Si può quindi ben dire che questa volta il motto debba essere pronunciato al contrario, dalle stalle (del bifolco-cafone), alle stelle più alte del cielo. E che questo sia un augurio, affinché l’inversione che qui si è verificata, non più dall'alto verso il basso, ma invece, dal basso verso l’alto, da fatto singolo e fortuito, diventi una tendenza generalizzata e porti tutti a risultati migliori."
Lo scroscio degli applausi, nel bugigattolo, fece sobbalzare anche il secchio degli stracci che era in un angolo, tutti in piedi, tranne Pancrazio, il quale, seduto, si attardava a pensare: "forse qualcuno ha ancora voglia di prendermi in giro?"
Dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio (1500) |
"Da bubulcus si passò più tardi a bufulcus..., vero Pancrazio? (i dubbi dell’apostrofato, si rafforzarono). Ti vedo un po’ distratto, c’è qualcosa che non va?"
"No, no, tutto bene...avevo l’impressione..."
"Se vuoi aggiungere qualcosa, fai pure, ti ascoltiamo...", in sala fu soffocato qualche risolino.
"No, niente, per il momento", disse guardandosi alle spalle per vedere chi stava ridendo, "dopo vedremo", aggiunse velatamente minaccioso intendendo vi faccio vedere io chi è il bifolco... e rivolto chiaramente a quelli che stavano dietro di lui che assunsero subito un’aria seria e contegnosa... (tra accademici, figurarsi...simili beghe...).
"Pur avendo un’origine nobile, questa parola", riprese Maurizio, "è sgraziata, perché fortemente dispregiativa e quindi offensiva. La nobiltà che le deriva da una tradizione letteraria quale quella bucolica e virgiliana, che ha esaltato il lavoro dei campi e la figura del contadino pastore, caro alle Muse e felice nella natura incontaminata, con il suo flauto di canna, non è servita a bilanciare la concorrente tendenza a ritenere che ci sia grande distanza tra l’uomo di città, civile e colto e l’uomo di campagna, il contadino, dipinto sempre come rozzo e maleducato, furbo sì, ma grossolano, caratteristiche riassunte nel motto scarpe grosse e cervello fino, che non è proprio un complimento. Come negare, comunque, che questa parola richiama immancabilmente, la stalla, gli animali, bovini e ovini, lo stazzo del maiale, escrementi e stallatico, forconi e pale e molto poco la bellezza dei campi arati e coltivati? C’è un pregiudizio anche dentro di noi? O bifolco è parola da mettere nel dimenticatoio nonostante la sua compattezza e la sua pregnanza?".
Poi continuò:
"Con uno sforzo grande quanto la distanza che c’è tra terra e cielo, si può accennare ad una particolarità che essa tiene, e sembra quasi incredibile, che chiama in causa proprio questi due elementi. Di solito si dice dalle stelle alle stalle, per indicare una caduta, un precipizio, che può riferirsi sia ad un fatto materiale (nella scelta del luogo di villeggiatura, si è scelta una sistemazione che sulla carta prevedeva molte comodità e privilegi, mentre, nella realtà, giunti sul posto, con armi e bagagli, si scopre di essere arrivati in una stamberga da briganti, dove non è il caso di passare neanche una notte), che ad una caduta ben diversa, di natura spirituale, quella di chi ha conosciuto successo ed onori e cada in disgrazia per demeriti propri e successivi o soltanto perché è mutato il clima politico). In entrambi i casi, il modo di dire, serve a mettere in risalto, lo stato d’animo di abbattimento della vittima del cambiamento, che precipita da una condizione di benessere, in una di indigenza e sottomissione (altro motto appropriato a quest’ultimo caso: chi troppo in alto sale, cade sovente precipitevolissimevolmente)."
Quindi terminò:
"Nel caso invece di questa parola, bifolco, capita il contrario, il movimento avviene in senso ascensionistico: essa infatti, oltre al significato di cui sopra, che va per la maggiore, ne ha, inopinatamente, anche un altro del tutto diverso; individua, sebbene in una altra accezione, una costellazione che va sotto il nome di Boote, che annovera alcune delle stelle più luminose del firmamento. Si può quindi ben dire che questa volta il motto debba essere pronunciato al contrario, dalle stalle (del bifolco-cafone), alle stelle più alte del cielo. E che questo sia un augurio, affinché l’inversione che qui si è verificata, non più dall'alto verso il basso, ma invece, dal basso verso l’alto, da fatto singolo e fortuito, diventi una tendenza generalizzata e porti tutti a risultati migliori."
Lo scroscio degli applausi, nel bugigattolo, fece sobbalzare anche il secchio degli stracci che era in un angolo, tutti in piedi, tranne Pancrazio, il quale, seduto, si attardava a pensare: "forse qualcuno ha ancora voglia di prendermi in giro?"
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