SCONCIO

Si porta a conoscenza di tutti, iscritti (nessuno), amici (pochi) e simpatizzanti (se ce ne fossero), dello Zibaldino, che il giorno 28 ottobre del corrente anno, alle ore 18, nei locali (lo stanzino delle scope e il sottoscala) di questo circolo avremo l’onore di ospitare due illustrissimi membri di accademie nazionali, eccellentissimi signori

CRUSCONE DE ARCADIIS
esimio tuttologo
Coadiuvato dal suo amico ed assistente
ACCIPIO DE CAPPERIS
ricercatore autodidatta

Che si produrranno in una lectio magistralis sul tema : Non solo sconcio, origine e significato.

Eventuali interessati, sono invitati ad intervenire. Sarà gradita la presenza di perdigiorno e nullafacenti di cui la città vanta un buon numero di esemplari.

Da "La Casalinga" - 2018

Seguirà un dibattito che si preannuncia ricco e vivace, come è nella tradizione del circolo.”

Questo manifesto, alquanto inusuale per il club, per grandezza del formato, e dei caratteri, comparve un giorno di fine settembre affisso alla bacheca del circolo che, come si sa, era installata nel locale aperto al pubblico del bar, di fronte al bancone della mescita. Per tutto il primo giorno, continui capannelli di curiosi, si formarono, per leggere e commentare l’avviso e quasi tutti pensarono che si trattasse di uno scherzo.

Ma uno scherzo non era. I due figuri si erano presentati a Maurizio e Laura, un giorno, in presenza anche di Pancrazio e Sebastiano, professandosi curiosi di ogni genere di cosa e, sapendo che il circolo aveva una predilezione per l’approfondimento del senso delle parole, si offrivano di tenere una pubblica prolusione su un tema da scegliere. Per esempio intorno alla parola sconcio.

Il giorno fissato, all’ora prestabilita, il piccolo locale era gremito. Molti affollavano anche lo spazio del bar, senza consumare, nella speranza di udire almeno in parte quello che si sarebbe detto. Sebastiano era alquanto nervoso.

Puntualissimi, i due oratori arrivarono, entrando da una porticina sul retro e si presentarono al pubblico vestiti in modo estroso: sembravano Mandrake e il suo assistente Lothar. Risolini tra il pubblico e qualche sberleffo in piccionaia. Maurizio fece una breve presentazione dei due, insistendo sul titolo di tuttologo per il primo e di ricercatore per il secondo, quindi dette la parola al primo. Tema della prolusione, la parola sconcio.

Signore e signori, permettetemi di fare una premessa, iniziò l’insigne oratore, relativa alla data di oggi; il 28 ottobre è una data infausta, perché in questo giorno dell’anno 1922 avvenne in Italia, la c.d. marcia su Roma che inaugurò la presa di potere da parte del fascismo nel nostro Paese, foriera di tanti danni e lutti. Sconcio fu il modo in cui ciò accadde e sconce furono le conseguenze di questo atto. Quindi lungi da noi l’idea di volerla commemorare.

La stessa comunque, benché superflua, ci agevola il compito di introdurre la discussione sul tema di oggi, e vorrei cominciare dal suo contrario, anziché parlare di quello che ai nostri occhi appare sconcio, diciamo di quello che non è sconcio. Cos’è che non è sconcio? Tutto quello che ci sembra bello, accomodato, aggraziato, cioè possiamo dire, acconcio, dal verbo acconciare (quante volte è sulla nostra bocca? Ma come ti sei acconciato? Si è acconciata per le feste, nel doppio senso, Ecc.).

Sconcio è l’esatto contrario: ciò che è scoordinato, sghembo, che fa ribrezzo, ma soprattutto che viola le regole dell’estetica e dell’etica. Perché lo sconcio è anche riprovevole, moralmente turpe.

Per uno strano capovolgimento degli effetti, notiamo che, mentre la parola sconcio ha, come contenuto, quanto di più lontano vi sia dall’idea di cosa aggraziata, la parola sconcio, in sé, come contenente, si presenta aggraziata e pulita, di immediata comprensione ed intuizione, ha più del(l’ac)concio, di cui riflette i connotati di ordine e compostezza, che dello sconcio di cui parla.

A questo punto, muovendosi come due attori ben addestrati, Cruscone si fece da parte, e Lothar-Accipio, si fece avanti.

Si può dire elegantemente, disse con voce pacata, che sconcia è la parolaccia rivolta da un plebeo ad una signora. E che sconcio è anche chi la dice.

Perché, chiese uno del pubblico che non si era mai visto, è questione di classi sociali? Plebeo contro dama?

Ma che c’entra, intervenne subito Maurizio che era a fianco del Cruscone, plebeo per dire uno qualsiasi, quispe de populo, non uno di classe inferiore; noi non parliamo di classi sociali.

Cruscone, che si era leggermente allarmato per l’interruzione, annuì grato alle parole di Maurizio ed aggiunse: comunque tutte le manifestazioni di volgarità sono sconce. Il turpiloquio è sconcio.

Coro di protesta: scrittori di fama oggi scrivono testi infarciti di parolacce.

Ma se oggi il vaffa è stato istituzionalizzato! Proruppe indignato Ottone tra la folla. Le ragazze usano cazzo come intercalare e le bambine rispondono alle mamme, qualunque cosa esse chiedano, non mi rompere i coglioni, non vedi che sto facendo?! Per non parlare della merda che è sulla bocca di tutti, uomini e donne.

Ci fu un tentativo di protesta da parte di alcune donne presenti, ma fu subito soffocato dal vociare collettivo.

Nella confusione generale, qualcuno fece scomparire il cilindro, la mantellina e il bastone che Mandrake-Cruscone aveva poggiato sul tavolo, entrando.

Non è soltanto sconcio, cioè inappropriato, disse Silvana che fremeva d’impazienza fin dall’inizio, ma anche osceno prendersela con le donne perché si sono affrancate da vecchi tabù ed usano lo stesso linguaggio dei signori uomini. E’ una questione di parità: se dico: tu non capisci un cazzo, questa parola sta per ‘nulla’, tu non capisci nulla, il che indica quanto poco valga questo organo così orgogliosamente e qui ora si pretende anche esclusivamente tirato in ballo, per un diritto di appartenenza, dai maschi, mentre le femmine, che di quell’organo sono prive, dovrebbero vergognarsi di pronunciarla, come avveniva con le nostre nonne che arrossivano ogni volta che essa veniva detta in loro presenza.

Quindi questa sarebbe una conquista? Un altro passo avanti nella gloriosa marcia verso la parità tra uomini e donne? Donne che, pur adottando modi di comportamento maschile, non perderebbero la loro grazia e non sarebbero quindi sconce, usando quel linguaggio da carrettieri?

A parlare era ancora Ottone, più per amore di discussione, che perché fosse veramente convinto di quanto stesse dicendo.

Non sconce, ma impudiche, direi oscene, osò Pasquale con voce emozionata. Poi, per quanto riguarda l’importanza della parola c. (non se la sentì di pronunciarla per intero), non sempre l’uso di essa è riduttivo, ma può essere anche accrescitivo; dipende da dove essa è posta; faccio un esempio se dico sei una testa di c., voglio dire che non capisci niente, ma se dico che c. di testa ha quello scienziato, voglio significare che egli abbia una grande intelligenza.

Da un punto di vista generale, disse Chiara a questo punto, non è dubbio che l’evoluzione attuale del linguaggio, che ha sdoganato molte parole una volta ritenute oscene, propenda per l’avvicinamento del linguaggio scritto a quello parlato e quest’ultimo è il linguaggio del popolo. Che poi si ecceda e di una linea evolutiva, si faccia moda, è nella normalità delle cose.

Vorrei ricordare che la parola osceno viene dal latino obscenus, che originariamente significava di cattivo augurio, un presagio infausto. Col tempo ha acquisito i tratti dell’abominio, fino a rappresentare la ragione di uno scandalo, restringendo l’ambito della sua applicazione alla sola sfera sessuale. In questo senso è sinonimo di laido. Laido, sentite l’assonanza, grosso modo vuol dire porco, grasso e zozzo come un porco. Che poi la stessa definizione si attacchi all’anima è normale: figurativamente è come avere un pezzo di lardo al posto dello spirito.

Maurizio, ritenendo che la parola dovesse tornare ai due prolusori, attese che si calmasse un po’ la gazzarra, dopo di che invitò Cruscone a riprendere il discorso.

Questi riprese la posizione centrale davanti al tavolo e, mentre faceva con le mani gesti nei confronti del pubblico, invitandolo al silenzio, riprese:

Amici cari, l’atmosfera si riscalda, il gioco si fa duro, e, come si suol dire, piatto ricco mi ci ficco. Sapete voi cos’é l’empietà? Certo, è il contrario della pietà, cioè la durezza d’animo. La crudeltà. E’ una parola complessa, viene sempre dal latino: in, che vuol, dire senza e pius, che significa pio, allora inpius, vuol dire senza pietà.

Siccome il pio latino comprende diverse buone qualità, tra cui, prevalente è il rispetto dovuto alle cose sacre, religiose, l’empio, l’uomo che non è pio è quello che non ha rispetto del sentimento religioso, proprio ed altrui.

E lo scempio, come si colloca rispetto all’empio, allo sconcio, all’osceno e al laido?

Lothar, come un automa, fece un passo avanti e, sotto lo sguardo benevolo del suo maestro, cominciò a recitare:

Scempio viene dal latino simplius, variante di simplex, che vuol dire semplice, ’non doppio’. Può essere usato come aggettivo ed allora vale come ‘senza complicazione’, e come sostantivo, nel qual caso assume tutt’altro significato. Lo scempio compiuto nei confronti di una persona, di una cosa, di un’idea, è un atto violento che mira alla distruzione delle stesse.

Passo indietro di Lothar e viene avanti Mandrake: Ho scritto un libro di magia di cui i critici letterari hanno fatto scempio. E’ andata peggio al povero Giulio Reggeni, il ricercatore italiano ammazzato dai servizi segreti egiziani, che hanno fatto scempio del suo corpo. I sedicenti combattenti islamici per la formazione di uno stato islamico unico, l’I.S.I.S., hanno fatto scempio dei reperti archeologici di Palestrina e dell’idea stessa di umanità e di civiltà.

La sera, a cena, dopo la chiusura del bar, erano riuniti in pochi all’osteria della Vittoria e, mentre discutevano animatamente del successo avuto dalla conferenza dei due prolusori, finita tra urla, grida e fischi, non si sa se per esprimere approvazione o condanna, qualcuno tirò fuori un giornale nel quale, nelle ultime pagine, era riportato un trafiletto col quale si dava notizia del fatto che giravano per il Paese due strani individui che si spacciavano per conferenzieri, offrendosi di fare prolusioni in club, circoli e sale di ricreazione di piccoli centri e si metteva in guardia, chi avesse modo di avere a che fare con loro, sul rischio di accoglierli, in quanto i due erano emeriti imbroglioni. Nei luoghi dove loro raccoglievano folle di ascoltatori, con la complicità di altri male intenzionati, si verificavano sparizioni di portafogli e durante le manifestazioni, ignoti malfattori, facevano visita alle case e ai negozi dei partecipanti alla manifestazione, non certo per portare regali.

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