OBBROBRIO

Non tutto ciò che è vergognoso, è necessariamente brutto. L’obbrobrio, invece, nasce proprio dalla fusione di questi due elementi, la vergogna e la bruttezza. Per essere obbrobrioso, un fatto, un evento, un comportamento, deve dare scandalo, da cui nasce la vergogna, e deve essere intrinsecamente brutto, malfatto, riprovevole moralmente e tale da suscitare ribrezzo fisico.


Raduno Internazionale dello Spazzacamino, 2019

Questo andava affermando Maurizio, al bar dell’Olmo, in uno dei primi giorni dalla riapertura, seduto sullo sgabello al banco, parlando con Sebastiano, in attesa che qualche altro appartenente al circolo, si facesse vivo, dopo la breve chiusura di Ferragosto. La tazzina del caffè, vuota, era ancora davanti a lui, ma dal fondo ormai secco, non emanava alcun aroma.

Sebastiano taceva mentre faceva scorrere l’acqua nel pozzetto dove depositava stoviglie usate, prima di passarle nella macchina per il lavaggio. Sembrava assorto, ma in realtà non sapeva cosa dire, non volendo, con una sua osservazione magari fuori luogo, far perdere all’amico il filo del discorso.

Obbrobrio, continuò questi, senza badare all’intimo sentimento riguardoso e leggermente imbarazzato del barista, viene dal latino opprobrium, composto da ob e probrum, vergogna, che significava (provare) vergogna per (qualche motivo).

Volete un esempio? Intervenne a questo punto, inaspettatamente, Oscar, un cliente abituale del bar che aveva ascoltato in silenzio le parole di Maurizio, pensate alla copertura metallica di Piazzetta s. Matteo, lungo il corso, decisa dal comune in occasione della ristrutturazione di questa parte della città, è uno scandalo, di cui vergognarsi ed è obiettivamente brutta, non siete d’accordo? Mi sembra che si possa dire che si tratta di un vero e proprio obbrobrio.

Maurizio accolse di buon grado l’intervento dell’occasionale interlocutore, anche se non amava essere interrotto mentre parlava. Al primo, subito si aggiunse un secondo avventore, di nome Pasquale, noto un po’ a tutti i presenti, che riprese l’esempio fatto dal primo, spostando l’asse della discussione su un altro tema.

Indipendentemente dal fatto di condividere o meno il giudizio estetico da te espresso sull’opera in questione, cominciò Pasquale, mi sembra che proprio sulla scelta del termine “obbrobrio” non si possa convenire. Per me “obbrobrioso vuol dire offensivo, ingiurioso, infamante, è il massimo del disdicevole, qualcosa di insopportabile, mentre a me pare che il manufatto di cui tu parli, anche se criticabile, lo ammetto, non è poi così esecrabile da suscitare ribrezzo, né vergogna. Vuoi dire che offende il senso estetico, dillo pure, ma per tanti come te che non lo apprezzano, ce ne sono altrettanti e forse più che ritengono al contrario che si tratta di un abbellimento della nostra città per niente disprezzabile e mettici anche che non è finito. Infatti quando sarà completato con la scultura che si pensa di collocarvi, anche il giudizio di quelli che adesso sono critici potrebbe cambiare.

Per me quella copertura è un obbrobrio, insistette Oscar, perché non ci azzecca un tubo con il resto della piazzetta; se poi sia il massimo del vituperio o no, lascio a te decidere, a me non interessa.

Voglio dire, spiegò pacificamente Pasquale, che quando si usano certe parole, bisogna essere molto cauti. Obbrobrio è una di queste. E’ una parola bella, completa, definitiva, che non ammette mezzi termini né giudizi di appello e per questo deve essere usata al momento opportuno, non così, alla leggera, anche per futili motivi. Altrimenti come dovremmo qualificare qualcosa di veramente inguardabile? Mentre mi dite voi dov’è qui l’indecente, il vergognoso, l’orripilante? Non vi sembra? E si girò a guardare gli altri nel locale che si erano interessati alla discussione. In cerca di eventuali consensi alla sua tesi.

Maurizio a questo punto ritenne di dover intervenire e lo fece autorevolmente a sostegno dell’impetrante Pasquale:

E’ chiaro che a te interessa più il significato della parola obbrobrio che non l’oggetto che per il nostro amico Oscar ne sarebbe la causa, ed io sono d’accordo con te. Obbrobrioso è un marchio di fabbrica da usare raramente. E’ l’infamia che manca in questa circostanza, mentre per essere obbrobrioso, una qualsiasi cosa, o pensiero, o azione deve soprattutto essere infamante. Ci sentiamo noi toccati da questo monumento? Ci arreca infamia, ci dobbiamo vergognare per esso? A me sembra di no. Al massimo possiamo essere indifferenti, tutt’al più, irritati. Ma il nostro onore è salvo.

Vabbene disse Oscar, mollando la cima; ora ha parlato il professore e mi tocca tacere. Io però continuo a pensare che quella copertura sia un obbrobrio, al pari di altri scempi compiuti sui ritrovamenti archeologici in diverse parti della città, sui quali a mo’ di cappello sono state poste delle complicate architetture metalliche da fare inorridire.

Hai detto scempi, prese la palla al balzo Maurizio, scempio è un’altra parola da usare con le pinze. In origine significava, semplice, sdoppiato, ma dalla sua derivazione da exemplum latino, venne fuori il significato di pena esemplare. Nel tempo si è perso il senso della esemplarità della pena e lo scempio è diventato l’atto crudele e violento col quale essa veniva impartita, o l’effetto stesso dell’atto.

Questa parola si presta inoltre egregiamente, a diversi significati, se viene usata in senso figurato: esempio: si è fatto scempio di ogni buona intenzione. Come è avvenuto spesso in campo politico. Ma non possiamo dimenticare lo scempio, un vero e proprio sfregio fatto a tutta l’umanità da parte dei sedicenti combattenti dell’ISIS, per la costituzione di uno Stato Arabo, con la distruzione di interi siti archeologici e l’uccisione dei direttori di essi. Per non parlare della ferocia di certe esecuzioni di loro nemici, messi in scena per accecarci di odio e farci essere come loro. Scempio ed oltraggio, financo obbrobrio.

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