UMBRATILE

Due giorni dopo Ferragosto, la saracinesca del Bar dell’Olmo era di nuovo sollevata e Sebastiano era tornato al suo posto, dietro al bancone, con l’umore sotto le suole delle scarpe, perché i pochi giorni di ferie che si era concesso, erano trascorsi senza che lui riuscisse a fare qualcosa per sé, per il suo divertimento.

Raduno Internazionale dello Spazzacamino, 2019

Maurizio, nel salutarlo prima della chiusura, gli aveva accennato qualcosa a proposito dell’albero che dava il nome al bar, ed all’ombra del quale, egli disponeva i tavolinetti all’esterno del locale, per accogliere i clienti al riparo dai raggi del sole, dicendogli che il posto gli aveva suggerito l’idea di qualcosa da inventare, di carino, di accogliente, che secondo lui avrebbe potuto essere espresso con una parola bella, ricercata, come “umbratile”, per dare lustro a quel sedicente ritrovo di artisti e letterati in miniatura.

Vuoi dire che dovrei chiamare il locale “Umbratile Bar”? “Bar dell’umbratile Olmo”?

No, potresti però impegnarti un po’ a trovare qualcosa di originale da dire a proposito di questa parola, da abbinare al tuo bar e farne un pezzo da mettere esposto nella nostra bacheca, così che chiunque possa leggerlo.

Gentile come una carezza, occhieggiante come una promessa, umbratile sa di rugiada, e si addice ad un luogo di ristoro, aveva aggiunto, con un sorrisetto misterioso. E, di seguito:

Vi sono parole che hanno le ali, questa è una di esse, (nessuna allusione alle “alate parole di Omero”1 – Maurizio fece una breve pausa, guardando significativamente Sebastiano, il quale aggrottò la fronte e sulla sua testa si disegnò un grosso punto interrogativo), parole che volano, leggere, con un senso un po’ evanescente, parole non essenziali eppure preziose. Servono ad arricchire il discorso, il logos, vero? eppure, in un certo senso sono pleonastiche. A questo punto, Maurizio ristette con aria assorta, lo sguardo perso verso qualcosa di indefinito, come un filosofo che insegue un pensiero in via di formazione. Poi riprese:

Umbratile viene dal latino “umbra”, l’ombra. In apparenza la parola non mostra nessuna particolarità, se non quella di cui si ammanta l’ombra, di per sé, dotata di fascino e foriera di un leggero senso di malessere. All’ombra, al buio, si associano pensieri di tristezza, di paura, di sgomento per quello che non si vede, ma che potrebbe esserci.

Ancor più quando l’ombra è dentro di noi ed è la proiezione delle nostre inquietudini. Quando l’ombra ci accompagna, sulla via che stiamo percorrendo e non possiamo staccarcene.

I tuoi clienti hanno avuto sicuramente esperienze di questo tipo e quando vedi qualcuno da solo, seduto ad un tavolo, pensa che egli è lì con la sua ombra e chissà quali pensieri rimugina.

Se un luogo è all’ombra, si dice che è ombroso, o meglio ombreggiato. L’ombra ha una funzione attiva, copre le cose e una passiva, è data da un paravento che in questo caso para la luce, facendo da schermo. Se lo schermo è un telo, l’ombra declina in penombra.

Tra l’ombra e la penombra, si insinua l’umbratile, che non è ombra, non è penombra, ma ha dell’una e dell’altra. Innanzi tutto l’ombra e la penombra sono, stati, modi di essere; l’umbratile è una propensione, una tendenza, all’ombra, un’ombra moderata, che dà ristoro, isola in qualche modo e favorisce la solitudine di chi sta bene con se stesso. Questa inclinazione va intesa sia in senso materiale, di andare in cerca di un posto ombroso per il ristoro del corpo stanco ed accaldato, sia nel senso più ampio di anelare ad una condizione di minore visibilità, di interiorità, di ristoro spirituale.

C’è del buono nell’ombra; l’ombra ripara, l’ombra nasconde, l’ombra protegge. Non sempre il buio spaventa. Non sempre il nero è negativo. Il buio fitto di un bosco si apre al piacere della radura con macchie estese di sole. E si accede all’umbratile. Al multiforme mondo della spiritualità.

Un giardino ombroso, pensieri umbratili. In senso figurato l’ombra trova un’infinità di applicazioni e notevoli sfumature. L’ombrosità può essere però anche un elemento distintivo del carattere delle persone, che si traduce in un atteggiamento di permalosità, facile irritabilità, propensione alla chiusura.

Forse dovresti aggiungere qualche parola sulla felicità, che non è facile da trovare, ma comunque può essere cercata anche nell’ombra di un bar, con i buoni uffici di un barista come te, taumaturgo e sornione, con le tue bevande miracolose, uomo di vasta sapienza ed esperto dei casi della vita.

Ed un certo numero di amici, disposti a tutto per il progresso della cultura con la “cu” maiuscola, che siamo noi.

Tre giorni di vacanza, con Ferragosto di mezzo e tre giorni a pensare “Chissà che cazzo avrà voluto dire quel diavolo d'un sacripante? Non capisci mai se parla sul serio o se ti sta prendendo per il culo.”

Nota tecnica: Se Sebastiano avesse dovuto dire in pubblico l'ultima frase, non avrebbe usato questo linguaggio sguaiato e triviale, ma siccome il suo è solo un pensiero inespresso, possiamo perdonargli la maggiore libertà di espressione.

1) L'espressione "alate parole" ricorre nelle opere di Omero più spesso di qualunque altra, con un senso che ancora non si può determinare con sicurezza. C'è chi dice che alato si riferisca alla voce che scocca come una freccia, la quale normalmente è ornata di piume, attraversa l'aria e raggiunge il bersaglio (l'orecchio dell'ascoltatore). Chi invece pensa alla voce come fosse un uccello piumato che prenda il volo. A me sembra che la cosa più logica sia pensare alla qualità delle parole, alate nel senso di elevate.

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