BUGIGATTOLO

No, questa non me la date a bere. Che bugigattolo derivi da buco e da gatto, tanto da essere stato nel passato, il buco del gatto, quella che oggi chiamiamo gattarola, la porticina che si apre e si chiude ad ogni passaggio del nostro gatto, non mi sembra plausibile, o forse non mi soddisfa perché mi sembra riduttivo. Che poi abbia subito il solito scivolamento semantico, come voi sostenente, da passaggio per il gatto a locale piccolo e multifunzionale, non voglio neanche pensare. Una parola fantasiosa come il bugigattolo deve avere una diversa origine e dirci molto di più, del suo passato e del suo presente: a pronunciarla, si avverte come un rotolare allegro di sillabe stravaganti con una carica semantica che conduce verso un esito imprecisato, che crea un’atmosfera di sospensione, ma poi ti introduce in una stanzucola, piccola, disadorna, buia, di solito sovraffollata di cose utili e cianfrusaglie dimenticate, umili, o anche di vaglio, come per esempio, stracci e scope, se non addirittura il secchio della spazzatura (ma con la differenziata questa sistemazione la trovo improbabile), oppure al contrario, una piccola, ordinata dispensa dove su scaffali artigianali, in bell’ordine sono allineati i vasi delle marmellate e delle conserve. Ecco questo è quanto viene in mente con la parola bu-gi-ga-tto-lo, che nella casa rappresenta un angolo il più riposto, di ricettività e funzionalità: pensiamo alla cassetta degli attrezzi. Un cuore pulsante, indispensabile in ogni unità abitativa e chi non ce l’ha deve arrabattarsi a trovare il posto a molte cose sparse che non si tengono insieme in mancanza di un bugigattolo.

Fotografia Europea, Reggio Emilia - 2015

E per una volta, si fotta l’etimologia, caro Maurizio – sentenziò dal fondo della stanza il buon Marcello da poco tornato da Milano, dove aveva trascorso una vita in perfetta solitudine ed ora intendeva rifarsi di quel gelo che si portata dentro, con un po’ di buon calore dato da amicizie mediterranee appena riannodate. – Tanto più che, se ho capito bene, non è che vi sia nulla di certo in quella etimologia di cui ci hai parlato, ed allora, trattandosi di una mera ipotesi, possiamo ben optare per nessuna etimologia e goderci questa bella parola, senza doverci sentire in colpa nei confronti di chicchessia.

Ottavio non sembrava molto convinto, o comunque non condivideva tale atteggiamento.

Ci sono altre parole – disse – che significano più o meno la stessa cosa, più o meno simili a bugigattolo, che hanno un maggiore aggancio con una presunta origine, che a me pare plausibile. Sgabuzzino, per esempio, vi sembra poco performante? Non sentite il profumo delle spezie che possono esservi riposte? Qui l’etimologia è piuttosto chiara. La parola deriva da francese “Cambuse”, che è il locale-dispensa, di solito piuttosto piccolo, dove sono riposte le provviste alimentari di una nave, ma anche di una casa. In italiano suona in maniera quasi identica all’originale, cambusa, e da essa derivano anche cabina e gabinetto, cose molto diverse, ma che indicano luoghi chiusi, ristretti, come la cabina spogliatoio che si trova sulle spiagge, o il gabinetto del Ministro, che è formato dai cervelli di tutti i tecnici ed esperti della materia, oltre che dal locale dove si svolgono le riunioni.

Un’altra è tambugio – disse a questo punto Chiara che non intendeva essere ultima – Questa parola presenta la particolarità di un numero eccessivo di varianti, tutte con lo stesso significato: tambugio o stambugio, tambuggio o stambuggio, stambuscio, ecc. E’ un termine principalmente marinaresco e indica un piccolo casotto con chiusura stagna, posto all’inizio della scala che porta nella stiva, con chiusura verso poppa, a difesa dai marosi che possono invadere la tolda. Qui l’origine della parola da buco sembra abbastanza pertinente. Un pertugio in cima alle scale, per riprendere fiato, prima di affrontare l’infuriare della tempesta sul ponte esterno.

Mordecai, l’ebreo errante finito nel gruppo non si sa come, dopo tanto vagare per scontare il peccato originale della sua etnia deicida, sembrava perplesso:

Per me il bugigattolo è il mondo nel quale sono sempre vissuto, nel ghetto di Varsavia, o di Cracovia, rigurgitanti di negozi che erano bugigattoli tenebrosi, dove se entravi, al suono del campanellino all’ingresso, intravedevi filtrato da una luce polverosa, ogni sorta di cosa improbabile, accatastata in un disordine organizzato di cianfrusaglie e oggetti preziosi, e, in fondo, dietro un banco, la figura del commerciante, che ti accoglieva sorridente, pronto a rispondere ad ogni tua richiesta.

In quel momento entrò nella saletta Sacripante che veniva dal bar da dove aveva ascoltato tutto quanto si era detto fino ad allora.

Ripostiglio, no, Vero? troppo semplice, troppo scontato, c’è il rischio che qualcuno non capisca e prenda fischi per fiaschi.

Vi annuncio che è passato Crisostomo, ed ha lasciato il caffè pagato per tutti, a condizione che smettiate e che ve ne andiate a spasso.

Se vogliamo tirare le conclus…- cominciò Maurizio.

Sebastiano, un caffè per me.

Per me, anche per me.

…sioni…?

Domani, domani.

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