SULL'ORLO

L’orlo, ragazzi, è il limite estremo. E’ la fine di quello che era prima. Se si tratta di una tazza, l’orlo è dove la tazza finisce. Tazza piena fino all’orlo. Ad andare oltre, il liquido trabocca. In senso figurato anche il tempo ha un orlo. È il punto del tempo assegnato. Oltre quell’orlo si entra nel tempo indeterminato, che è fermo, non si muove. Non è più il tempo che appartiene a noi, ma siamo noi ad appartenere al tempo.

Overhangings, 2016

Dunque, sull’orlo di che? Dell’estate? No, l’estate è già caduta giù da un pezzo e tra poco comincerà a rialzarsi per uscire di scena. Sull’orlo di un vulcano? Non ci sono vulcani nella zona. Di un bicchiere? Di un water? Di un imbuto? Oh, a sproposito, lo sapete che il gorgo, quello che si forma alla base del lavandino, quando facciamo scorrere l’acqua, gira da destra verso sinistra nell’emisfero boreale e al contrario in quello australe? Ve lo dico perché, se vi trovaste ad imbottigliar del vino, fuori da precisi riferimenti spazio - temporali, da come gira il flusso vinoso entro l’imbuto, potreste sapere in quale emisfero vi troviate. E da lì vi sarebbe facile risalire alla vostra casa.

Orli. Gli orli sono tantissimi ed è impossibile enumerarli tutti. Basti sapere che ogni cosa ha un orlo. Cose materiali, l’orlo del tavolo, cose immateriali, la pazienza. Se non sono sull’orlo di quella vostra, vorrei andare avanti, con qualcosa di più sensato.

In estate lo Zidaldino non chiude, ma è come se lo facesse. E’ vero, Sebastiano chiude giusto sotto Ferragosto; ma che dici, proprio al culmine della stagione turistica? E per forza. Me lo dici chi rimane a Teramo nei giorni del solleone? Chi se ne va a Bosco Martese, Canili, per esempio? Ci sei mai stato? il giorno di ferragosto non riesci a passare tra un albero e l’altro per la folla, i festaioli, le famigliole raccolte intorno ad un telo steso in terra per il pic-nic, che poi è un’abbuffata di ogni sorta di ben di dio, timballo, bistecche alla griglia, con pericolo di incendio, il cedrone che non manca mai, vino e fisarmonica per la pizzicarella.

E chi, invece preferisce il mare. Maurizio ha preso in affitto un trabocco sul porto di Giulianova ed ogni tanto va ad armeggiare con la grossa bilancia di rete e i tiranti che si imbrogliano sempre; si sente come il vecchio Spencer Tracy nel film Il Vecchio e il Mare, tratto dal romanzo del vecchio Hemingway, prima o poi farà una grande pescata, come non ne ha mai fatta una e sarà la sua fine (come pescatore – ma sa che il suo avvenire è nel Circolo). Ogni tanto ci porta anche Chiara, ma allora, la pesca, già scarsa di solito, diventa irrisoria (chiusi dentro il casotto, si dimenticano di andare a sollevare di tanto in tanto la rete per prendere, con il guadino dal lungo manico, i pesci che per caso vi fossero capitati e all’ora di pranzo, dopo qualche rimostranza di facciata, accettano ben volentieri, di condividere il pescato del trabocco accanto, per non restare a digiuno. - n.d.r.. (1)).

E quelli che se ne vanno in campagna. Dico io: la mietitura è già finita, la vendemmia è ancora lontana, che cazzo andate a fare in campagna di questi giorni? Ma tant’è: de gustibus non est sputazzellam, diceva Totò e allora, lasciamoli fare.

Torniamo alla Zibaldino. Con tutte queste defezioni, chi volete che vada a tener viva la fiamma della conoscenza, in quel tetro stambugio del bar dell’Olmo? Debbo dire che Sebastiano, bontà sua, ogni sera accende un lumino, chi sa, forse qualcuno verrà, basterebbe una sola presenza per salvare la faccia. Solo la sera? sì, perché di giorno, sinceramente, neanche lui pensa che qualcuno possa bussare alle porte del sapere, con questo caldo.

Ottavio, con i suoi occhi da gufo, fa le sue capatine, di mattina per un drinketto fresco, fermandosi al bancone del bar, la sera con la scusa di mettere ordine, si affaccia brevemente nel sancta sanctorum. D’altronde è tra i più iniziati, esoterico, non soltanto essoterico, ricordate la differenza? Questo quando non va a Bellante a trovare sua sorella. Negli altri giorni, invece, anche se va a Tortoreto a trovare il suo amico Gino del Canarino e a fare una passeggiata al mare, lo fa in ore antelucane; arresta la macchina sul lungomare che non è ancora giorno, aiuta Gino ad alzare la saracinesca dello stabilimento-bar, un caffè e , via sul bagnasciuga, a piedi nudi, a godere il fresco dell’acqua a quell’ora che mette voglia di muovere qualche passo, con quel piacere, che si rinnova ogni volta che porta un piede avanti all’altro, incontro ai primi raggi del sole. Alle dieci è già a casa.

E Silvana? Ebbene sì, anche Silvana è una che, magari senza volerlo, tiene accesa la fiammella della curiosità linguistica e letteraria, e, quando non ha contraddittorio, si dedica a riassumere ed ordinare il materiale che è stato oggetto di discussione in tutti quei giorni, che sembravano infiniti eppure sono passati.

Recentemente ha rispolverato un vecchio taccuino sul quale aveva annotato frasi, parole, trovate scritte sul muro di quella casa abbandonata che aveva visitato con Marta, ma anche da sola e le impressioni che quelle frasi, il luogo e il silenzio, le avevano suscitato, erano tornate vive nella sua mente.

Avvertiva di essere sull’orlo di qualcosa di imminente, di qualcosa che stava per accadere, qualcosa di indefinito, che avrebbe influenzato la sua esistenza, e, chi sa, anche quella dello Zibaldino.


(1) Ma chi sarà questo redattore? Il narratore esterno? E chi lo sa!

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