SCARABOCCHIO

Lo scarabocchio non è uno strafalcione e le due parole hanno origine diversissima. Purtuttavia Maurizio le aveva a cuore entrambe e in qualche modo le accomunava. La prima, lo scarabocchio è un segnaccio, fatto su un foglio bianco, come uno sfregio, uno svolazzo, e in genere non ha significato. La seconda, lo strafalcione, è un errore grossolano che si commette soprattutto ma non soltanto parlando. Segni e parole, modi di comunicare, espressioni, manifestazioni che possono convergere su una persona. Entrambi i termini si usano anche per indicare un ragazzo, mal vestito, sgraziato di forma, non in linea mentalmente con il comune senso del sentire. Questo secondo uso non piaceva a Maurizio, che preferiva ignorarlo, perché discriminatorio.

Scrittura musicale dell'antichità greca (museo di Delfi) - 2019

Quanto all’origine, la prima derivava da uno scarabeo, la seconda da una falce. Come? Stiamo a vedere.

Quando si tengono le compendiose disquisizioni nella sede dello Zibaldino, che ormai è il retrobottega del bar dell’Olmo, molti degli ascoltatori hanno una penna in mano ed un foglio davanti e scarabocchiano senza sosta e senza senso. La penna in genere è una bic, che si presta a fare lunghi tratti, senza neanche una macchia, cosa che invece era inevitabile un tempo con la penna a bagno e coi pennini “a punta quadra” o “a punta obliqua”, come avrebbe detto il Policarpo Ufficiale di scrittura dell'omonimo film del grande “piccoletto” che è stato Macario nella storia del nostro spettacolo teatrale e cinematografico.

La differenza tra i due tipi di penna ora rilevata, non è di poco conto, se si pensa all’origine della parola “scarabocchio”, che sembra derivi da “scarabeo”, proprio per le macchie che un pennino troppo intinto nell’inchiostro del calamaio, poteva depositare sul foglio, macchie che subito assumevano, complice la porosità della carta, la figura di uno scarafaggio, con tanto di corpo sgraziato e zampette laterali, abbarbicanti.

Lo strafalcione viene da più lontano e ricorda quel passo falso che il mietitore è costretto a fare di tanto in tanto, tagliando il fieno con la falce grande, in posizione eretta, commettendo inevitabilmente dei tagli irregolari che sono appunto gli antichi strafalcioni, passato ad indicare ogni tipo di sbaglio, di cosa mal fatta, di cosa diremmo noi arronzata.

Tornando allo scarabocchio, parola descrittiva, di buon impatto l’origine, peraltro incerta, dallo scarafaggio non è simpatica e ce la possiamo anche dimenticare. Meglio pensare all’assonanza che la parola ha con “marmocchio”, vista la ineludibile verità che a fare scarabocchi, da che mondo è mondo, sono soprattutto i bambini, con esiti non di rado di interesse notevole, in quanto forniscono un monitoraggio dello sviluppo degli stessi, cosa peraltro che consiglierebbe di rivedere il concetto di scarabocchio inteso soltanto come un insieme di segni senza alcun senso.

Questi pensieri frullavano nella mente di Maurizio, quella mattina, mentre si apprestava a dare inizio alla sua prolusione, che avrebbe dovuto riguardare le pezze da piedi che usavano i soldati italiani nelle due guerre mondiali, come rimedio alla pessima condizione degli scarponi d’ordinanza, fradici, perché fatti di cartone (fonte non confermata).

Le pezze da piedi come scarabocchi o come strafalcioni? ma no, nessuno si azzarderebbe a fare un simile accostamento, sebbene, in un ultimo, estenuato significato, magari allegorico, qualcosa si potrebbe pure imbastire su quella storia martoriata. Quanti strafalcioni e quanti scarabocchi negli occhi di milioni di persone morte.

- Signor maestro, Maurizio ha fatto uno scarabocchio sul mio quaderno – Un improvviso flash-back proietta Maurizio con la mente agli anni della scuola elementare. Allora c’era ancora la guerra e forse Maurizio ricordava quello che aveva sentito narrare da un altro. Quello che Tobia esibiva al maestro quasi piangendo non era uno scarabocchio, ma agli occhi dell’autore, un’opera d’arte. Non rappresentava nulla in particolare, ma faceva pensare a molte cose, un serpente, una spirale, un sole con le nuvole e una casa col tetto spiovente, una porta al centro e due finestre ai lati. Il tutto, però, era contenuto in uno spazio i cui contorni ripetevano un disegno che aveva visto nel bagno, raffigurante una specie di cilindro piuttosto lungo, arrotondato da un da un capo con un taglietto, e due strane bocce dall’altro.

Le conseguenze di quello scarabocchio furono del tutto inadeguate e sproporzionate. Si dava il caso che il padre di Maurizio fosse il direttore didattico della scuola e che il maestro, già suo collega, una volta divenuto dipendente, non sopportava la nuova situazione e cercava ogni pretesto per montare su un caso e portarlo dal direttore, al solo scopo di rompere le scatole a lui (questo l’interessato lo apprese dopo).

Fu chiamato il direttore in tutta fretta, il quaderno del povero Tobia fu sequestrato, Maurizio, messo a confronto del padre direttore, il quale per amor di giustizia, ma soprattutto per non sentirsi dire che non era stato abbastanza severo perché il reo era suo figlio, applicò il massimo della pena. Due schiaffoni in faccia, dati davanti a tutta la classe e la reclusione in piedi per l’intero orario scolastico, dietro la lavagna, il massimo del ludibrio. Neanche avesse fatto uno strafalcione.

Se esistesse ancora, quello scarabocchio oggi potrebbe fare la sua bella figura esposto in bacheca nello studio di un calligrafo esperto in psicologia infantile, come reperto oggetto di studi e venerato, come una reliquia.

Maurizio decise di rinunciare alla sua prolusione sulle pezze da piedi e cominciò invece il suo discorso, piano, partendo da lì, un reperto proveniente da un’altra civiltà.

- Oggi si tende a dire, da parte di specialisti della materia - iniziò con tono professorale - che gli scarabocchi aiutano a concentrarsi e quindi sono utili se, per esempio si deve ascoltare una lezione noiosa, in quanto l’accresciuto potere di concentrazione, porta ad una migliore comprensione dei concetti veicolati e alla loro acquisizione.

Quindi liberi lor signori di fare disegni mentre io parlo, più tardi passerò a verificare il risultato, per capire quanta parte di quello che dirò sarà entrata nella vostra testa.

Il discorso che seguì per le verità non fu molto chiaro, né consequenziale, infarcito, come dirà qualcuno, Ottavio e Silvana, per esempio, di parole come “pezze da piedi”, “soldati nella neve”, guazzabugli e strafalcioni, paparazzi e paparoni, e una gran quantità di scarabocchi, disegnati nell’aria, cui nessuno dei presenti seppe dare un significato nemmeno approssimativo.

All’uscita, cosa insolita, Sebastiano fece più incassi con i “forti”, liquori e distillati ad alta gradazione, che con le altre bevande. Fortuna che era di sera e nessuno ci fece caso.


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