CRISOSTOMO VENUTO DA LONTANO

Non s’era mai visto allo Zibaldino un personaggio di tal fatta. Comparve un giorno che era ancora estate, e l’attività del circolo stava riprendendo lentamente; si presentò prima all’ingresso del bar, dove sostò guardandosi intorno, come a voler esser certo di essere nel posto giusto. Poi decisamente entrò, attraversando in diagonale lo spazio del bar davanti al bancone, diretto verso la sala delle riunioni.

Foto di stock, 2012

- Posso aiutarti? – disse Sebastiano da dietro il bancone. – Cerchi qualcuno?

La mano posata sulla maniglia della porta, l’uomo si arrestò e, anziché rispondere, fece a sua volta una domanda.

- C’è nessuno?

E, senza attendere la risposta, aprì e fece per entrare, constatando che la sala era vuota.

- Hei? – intervenne Sebastiano, alzando di un decibel il tono di voce – hai bisogno di qualcosa? Il circolo a quest’ora è chiuso e non credo che aprirà prima di un paio d’ore. Ma tu chi sei?

L’uomo, a guardarlo come stava facendo il barista, sembrava una specie di mendicante; aveva un viso smunto con una lunga barba; la bocca, a dispetto del quadro generale, spiccava perché era viva, con labbra sottili, ben modellate. Sugli abiti consunti portava una specie di mantella svolazzante ai fianchi e si appoggiava ad un grosso bastone.

- Vengo da molto lontano – disse in maniera misteriosa. Ho sentito di questo circolo e debbo assolutamente conoscere i suoi membri e capire cosa fanno. Al momento non saprei dove andare, ti dispiace se mi siedo qui dentro ed aspetto che qualcuno si faccia vivo?
- Non è molto regolare – osservò Sebastiano, addolcendo il tono di voce, in un moto di maggiore cortesia - comunque accomodati per riposarti, poi vedremo. Vuoi qualcosa dal bar?
- Del pane, se ce l’hai, e un bicchiere di vino, te ne sarei molto grato.

Sebastiano preparò un vassoio con qualcosa sopra e glielo portò, posandolo sul tavolo.

- Ecco, ti puoi mettere qua – disse indicando un angolo del tavolino. – Quando starai meglio, chiama. Proveremo a fare qualche telefonata per vedere di rintracciare qualcuno del circolo.

Sebastiano uscì e chiuse la porta dietro di sé. Tornato al bancone, trovò una piccola folla di avventori in attesa dei suoi servigi, per cui si concentrò sul suo lavoro e si dimenticò dello strano individuo che aveva ospitato nella saletta. Tanto che Maurizio, dopo qualche tempo, arrivando ed aprendo la porta del ritrovo, si trovò di fronte ad uno spettacolo del tutto inatteso. L’uomo si era letteralmente accampato in fondo alla stanza, nei pressi del ripostiglio delle scope e, sdraiato per terra, sopra una coperta, dormiva della grossa.

- Chi è quello? – chiese al barista – e cosa fa qui?
- E’ un povero diavolo, dice di venire da molto lontano ed ha bisogno di entrare nel circolo. Non ti preoccupare, sembra una buon uomo. – fu la risposta non esaustiva dell’interpellato.

Alcune ore dopo, quando finalmente lo straniero si svegliò, Maurizio, Sebastiano, che aveva momentaneamente affidato il bar alla sua ragazza (fidanzata? Non del tutto al momento; c’era però un certo feeling tra di loro) ed alcuni altri del circolo, arrivati nel frattempo, si misero intorno al tavolo ed attesero che l’ospite, gentilmente avvertito, facesse altrettanto.

- Il nostro non è un interrogatorio – esordì Maurizio, rivolto proprio a lui – però tu capisci che noi dobbiamo essere cauti con i nuovi arrivati e sapere chi sono e quali siano le loro intenzioni.
- Ma certo, signori – fu la risposta, cortese, accondiscendente, e come si vedrà anche inaspettatamente forbita dello straniero. Tutti notarono che le sue labbra si muovevano in modo armonioso, esprimendo un senso di dolcezza. – il mio nome è Crisostomo…No, non meravigliatevi, non ho alcuna parentela con il patriarca di Costantinopoli di tanti secoli fa, ma, comunque il mio nome, impostomi quando ero già grande dalla comunità nella quale vivevo, non è casuale. Secondo i confratelli che me l’hanno dato, io condivido con quell’illustre padre della chiesa, il particolare della bocca, non solo per il suo aspetto piacevole, ma soprattutto per quello che dicevo, che, a sentir loro, era oro colato. Infatti, come voi tutti sapienti saprete, crisostomo, in greco antico vuol dire “bocca d’oro”. Ovviamente io non sono convinto affatto di meritarlo, ma ormai non posso fare a meno di chiamarmi così.
- Alla faccia del cacio cavallo – proruppe a questo punto Antonio detto “Totò” perché napoletano e per le continue citazioni delle battute di quel comico che egli faceva – E che non era niente! Ma qui noi abbiamo raggiunto la perfezione. Mo’ pure un monaco cenobita ci doveva capitare. Non credo che ci convenga accoglierlo, non possiamo metterci contro la chiesa cattolica e il papa: questo è ortodosso.
- Signori, non sono un monaco e non so nemmeno se sono religioso, e, se del caso, di quale religione poi, proprio non saprei. Però, è vero, vengo da un monastero dove sono rimasto per sette anni come segregato volontario. Volontario perché nessuno mi impediva di andarmene, purtuttavia impedito di muovermi, come fossi segregato, perché era impossibile lasciare il monastero se non avevi una guida, dei soldi, dei mezzi per sopravvivere. La regione nella quale si trova questo monastero è una delle più impervie e difficile da raggiungere, con montagne altissime, distanze insuperabili, quasi nessun abitante al di fuori di centri dove si ammassa una folla di diseredati. Il monastero è immenso e passeresti una vita a scoprirlo tutto, sia nella parte che emerge in superficie, con le sue mura altissime, che nei cunicoli sotterranei che si perdono in un dedalo di camminamenti, nei quali nessuno si avventura da solo. In tutto il monastero vige una regola severissima: non sono ammesse persone e nemmeno animali di sesso femminile: distrarrebbero i monaci, inducendoli in tentazione e, pertanto, dai tempi più antichi mai nessuna donna è entrata tra quelle mura. Io ho contravvenuto a quella regola ed ho portato con me, travestita da uomo, una donna con le quale ho convissuto nei sette anni, all’insaputa dei frati. Quando questi se ne sono accorti, gentilmente mi hanno imposto di lasciare il monastero, insieme alla mia compagna e di non più tornare, né in compagnia di qualcuno, né solo. Questa è la vera ragione per cui sono qui. La mia compagna l’ho lasciata in un luogo sicuro, non lontano da qui, con la promessa che sarei tornato a prenderla appena possibile. Ma torniamo alle severe mura del monastero; molte sono le cose che rendono unico quel posto, ma la principale, a parer mio è che, al centro di questa immensa mole di pietra, esiste un locale immenso, arioso, ben illuminato, che ospita la più grande biblioteca della regione, forse della terra. Molto più di quelle di Babilonia e di Alessandria. Piena zeppa di libri antichi, pergamene, manoscritti che nessuno ha mai decifrato. Dal locale centrale, coperto da una cupola stellata, dove, se ti trovi ad una estremità dello spazio, non riesci a vedere l’altra, tanto è distante, si dipartono numerosi bracci a raggiera, dove sono contenute opere specialistiche, riservate agli iniziati, dove la luce e l’aria diminuiscono. Lì, se ti inoltri per uno dei corridoi, ti sembra di trovarti in un mondo a parte, con opere sempre più rare e crittografie incomprensibili. In questa biblioteca ho trascorso la maggior parte dei sette anni della mia permanenza al monastero, in compagnia di un vecchio cieco, il quale leggeva quei libri con le mani e mi ha iniziato ai misteri. Per il momento non posso dirvi altro. Ah, sì, come mai sono qui? Ebbene, sappiate che non è per caso; un monaco che ha viaggiato in tutto il mondo, che ha conosciuto il Papa, il Dalai Lama e l’archimandrita del Monte Athos, di ritorno da un suo viaggio in Italia, mi ha parlato di voi ed è lì che ho sentito all’improvviso che dovevo assolutamente conoscervi. Dovendo lasciare quel posto di meraviglie, dove ho appreso molte cose, ho pensato che questo avrebbe potuto essere quello buono per elaborarle, insieme a voi che so alla ricerca di qualcosa che potrebbe rassomigliare alla famosa pietra filosofale.
- Tu sei entrato qua dentro per intercessione di Sebastiano – disse Maurizio, impressionato e quasi incredulo per tutto quello che aveva ascoltato dal racconto del sedicente Crisostomo. – Vieni e parli subito di misteri. Di quali misteri, se è lecito?
- Noi che abbiamo smesso di chiederci chi siamo e da dove veniamo, dovremmo interessarci del dove siamo e con chi siamo. – rispose laconicamente l’interpellato. - Vi rendete conto che noi vediamo il mondo attraverso il buco della serratura?
- Questa l’avevo già sentita – sbuffò Maurizio. - La prossima volta dovrai essere più esplicito.
- Ma, ditemi, posso restare qui stanotte? Prometto che non farò nulla di male e che non toccherò nulla delle vostre cose. Altrimenti dovrei stare per strada. Che dite, per una volta, si può? So di chiedervi molto, ma non vi sarà facile liberarvi di me: mi sembra di essere già dei vostri. –

Maurizio non sapeva cosa dire. Guardò Sebastiano, il quale teneva gli occhi bassi. Riuscì per un attimo ad incrociarli con i suoi, e vide che il buon barista non sarebbe stato capace di dire di no a nessuno.

Commenti

  1. Ma che ci fa qui nello Zibaldino questa scomoda personalità che abbandonai perché troppo impegnativa e diversa da me? In suo luogo la figura del guerriero ciarliero e sfigato Brancaleone mi è più consona.

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