REPENTAGLIO

- Egregi signori – il tono perentorio e ufficiale di Maurizio in apertura di seduta, il giorno successivo alla fine ingloriosa della precedente, preludeva a grossi sviluppi all’interno della compagine che ormai si era formata tra quelle persone, desiderose tutte di conquiste spirituali e di crescita culturale – prima di cominciare, desidero ringraziare tutti per la buona volontà che ci mettete a seguire questo blog. Come prova di fiducia della vostra lealtà, chiedo a Sebastiano di preparare un caffè per ogni persona presente, che offro io, poi parleremo di ciò che ci sta a cuore.

Maschera antigas (I Guerra Mondiale) - Rovereto, 2017

Sebastiano, fece un rapido conto dei presenti, otto in tutto, e andò subito alla macchina per preparare quanto richiesto.

- Che succede? Chiese uno degli avventori del bar che era solito trattenersi senza mai prendere niente.
- Maurizio offre il caffè a tutti quelli che sono nella saletta. Vuole fare la pace, perché ieri dice, che abbiamo fatto una caramella o che so io, abbiamo un po' messo in discussione la sua leadership.

Quando Sebastiano entrò con i caffè. Si accorse che i presenti erano ben più di otto. Dovette tornare al bar e farne altri dieci. Nella sala era tutto un aroma.

- Paste non ve ne sono? – chiese il cliente abituale.
- Se ve le pagate da voi, andate a prenderle - disse Maurizio, molto contrariato per il fatto che non aveva previsto, della moltiplicazione dei presenti che si era verificata dopo la sua improvvida offerta.

Mentre Sebastiano portava via su un carrello le tazzine vuote ed intascava i due biglietti da dieci euro che gli aveva dato Maurizio, quest’ultimo, ancora un poco amareggiato e non per il caffè, riprese la parola ed annunciò.

- Quest’oggi vogliamo parlare del repentaglio. 

Gli occasionali avventori confluiti nel sancta sanctorum solo per il piacere di sbafare una consumazione, uscirono uno alla volta dalla sala e tornarono al bar, a bighellonare o al massimo ad organizzare una partita a carte, “oh tempora, oh mores!” fu il pensiero afflitto di Maurizio. 

- Molti di voi si chiederanno: a che pro, adesso, il repentaglio? Per almeno due buone ragioni, risponderò io – disse Maurizio come fosse in cattedra.

La prima è che questa parola, come dicono i linguisti, è nata fossile, si è cristallizzata nei secoli passati ed è rimasta come reperto, tanto che si usa molto raramente. Non è una brutta parola, anzi ha un bel suono ed è accattivante anche come significato. Allora perché questo ostracismo nei suoi riguardi? Come suo significato generico, essa si è appiattita sul senso del “pericolo” e quindi viene sempre sostituita con quest’ultima, che è più agevole e facilmente comprensibile, anche se meno pittoresca e cavalleresca.

- Che c’entra la cavalleria? C’entra perché “repentaglio”, era già in uso all’epoca dei cavalieri, e in sé conserva quel tanto dell’aura della cavalleria, che è legata all’onore del personaggio, bene ultimo, ma non solo, che veniva messo a repentaglio ogni volta che il suo possessore scendeva in campo per combattere la sua guerra personale contro il male. E questo forse è il motivo per cui al giorno d’oggi questa parola viene usata quasi esclusivamente come componente dell’espressione “mettere a repentaglio”, quando la posta in gioco è molto grande, la vita, l’onore, l’onestà, la fedeltà , ecc.

La seconda è che non è certa l’origine della parola e ciò influisce molto sul senso da dare ad essa. Si contendono il campo, come nella giostra dei cavalieri, due ipotesi: una che la vuole derivata dall’avverbio latino “repente”, che vuol dire “improvvisamente”, per cui il senso originario dovrebbe essere quello di un pericolo insorto all’improvviso; l’altra, invece, propende per un francesismo che porterebbe a ben altro significato: “repentaille” significa “disdetta”, parola che conterrebbe in sé una componente di “pentimento”, che a sua volta si può intendere in due modi, o come rischio di pentirsi della disdetta data, o, più propriamente ed anche più suggestivamente, affrontare un pericolo, mettendo a rischio un bene importante, sapendo in anticipo che di questa scelta ci si dovrà o potrà pentire.

Maurizio ha ultimato la sua prolusione ed ora si guarda intorno, come a verificare l’effetto prodotto sugli ascoltatori dalla sue parole.

- Domande? Chiede improvvidamente. Vede che tutti hanno gli occhi abbassati su qualche punto d’interesse che in quel momento li tiene impegnati, tanto da non udire la domanda fatta.
- Noooo?! Bene, passsiam…
- Un momento, interviene Chiara cui quella chiusura strozzata non è piaciuta affatto, vorrei aggiungere che, indipendentemente dal maggiore o minore rigore scientifico che è alla base dell’una o dell’altra ipotesi a me sembra molto più plausibile le seconda, anziché la prima. E vi dico subito perché: il repentaglio, dissociato dal suo fatidico “mettere a” nel quale è rimasto incastonato nei secoli e non certo per colpa dei cavalieri, i quali hanno pagato di persona eventuali azzardi commessi nel mettere a repentaglio in maniera non avveduta quanto a loro era più caro, penso all’amore di una dama, ideale come la Dulcinea di Don Chisciotte, il repentaglio, dicevo, è il pericolo, che, se interviene all’improvviso, va subito affrontato e non richiede una decisione come quella di “mettere a repentaglio” qualcosa. Mentre invece, la decisione di affrontare un rischio, a costo e pur sapendo di potersene pentire dopo, è un atto cosciente, una scelta deliberata, vorrei dire un’azione premeditata. Silvana, sei d’accordo?

L’interpellata, era intenta ad osservare Marcello, il quale di sottecchi, ogni tanto lanciava un'occhiata a Lidia, la quale, specchietto in una mano e rossetto nell’altra, era intenta a rifare l’orlo alle labbra.

- Mi riservo di dire la mia alla prossima occasione.

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