ISCARIOTA

Già il nome di “Giuda” non ispira fiducia, né simpatia. Se aggiungiamo, “iscariota”, si ha la sensazione di toccare l’apice della malvagità. Per noi, cresciuti nell’alveo della religione cristiana, credenti e non credenti, la parola “iscariota” richiama immancabilmente la figura del “traditore”: Giuda, infatti vendette Gesù per trenta vili denari, il prezzo di uno schiavo, ai grandi sacerdoti del Tempio, maestri e custodi della legge mosaica interpretata nella maniera ortodossa di una religione già morta, gelosi ed impotenti di fronte all’avanzare della nuova fede, rivoluzionaria e liberatoria, predicata da Gesù, nel Tempio, ma soprattutto tra le folle, rivolta agli ultimi, i più poveri, i dimenticati, gli uomini con tutti i loro difetti, le debolezze, buoni e cattivi, pii e bestemmiatori, ladri e prostitute, senza differenza di sorta, avendo con sé un piccolo esercito di seguaci, suoi discepoli, che lo difendevano anche con le armi; alcuni di loro erano armati di spada.

Grecia - 2019

Purtroppo le testimonianze dell’epoca sono solo quelle che troviamo nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli, nonché nel vasto repertorio dei Vangeli c.d. “apocrifi”, perché non riconosciuti dalla Chiesa ufficiale, però possiamo immaginare che, come in tutti i periodi di rivoluzioni e disordini, vi fosse molta confusione di idee, anche tra gli apostoli di Gesù.

Sappiamo che all’inizio del primo secolo d.C., in Giudea era attivo un movimento rivoluzionario, detto dei Zeloti, secondo alcuni per lo zelo che gli appartenenti al gruppo, mettevano nella difesa della religione e delle tradizioni ebraiche del popolo, secondo altri per essere dei sicari, armati di pugnale, che agivano come terroristi, avendo come fine ultimo quello della liberazione dei territori della Palestina (Giudea e Galilea) dalla dominazione romana. Erano ovviamente perseguitati dai Romani, imprigionati ed uccisi, ma godevano nelle loro scorrerie, (scorrerie per i romani, azioni patriottiche per gli ebrei), quasi certamente della protezione omertosa degli abitanti del posto e della autorità religiose.

Secondo le nostre scarsissime fonti, facevano parte di questa organizzazione sia Giuda che Barabba, il famoso Yesciua (si chiamava Gesù, anche lui) Bara Abbas (letteralmente “figlio di suo padre”), che fu dal popolo liberato al posto del Nostro in occasione della scelta proposta da Pilato. Ma erano zeloti, a quanto sembra, anche alcuni, se non tutti gli apostoli, certamente Pietro il capo, prescelto da Gesù per affidargli il compito della continuazione della predicazione dopo la sua morte.

Pertanto la figura di Giuda, alla luce di questi fatti, si rivela quanto mai complessa e l’immagine stereotipa del traditore, che dopo il suo atto ignominioso, pentito, va a restituire il frutto del suo inganno e, sotto il peso della colpa, si impicca ad un albero, non regge più.

Massimo Recalcati ha recentemente pubblicato il libro “La Notte del Getsemani”, edito da Einaudi, nel quale si sofferma particolarmente sul tradimento di Giuda, messo a confronto con l’altro grande tradimento, quello di Pietro ed in ultima analisi, di tutti gli apostoli.

L’autore si interroga sulla natura del tradimento, che costituisce una categoria di comportamento, non infrequente tra gli umani.

Tutte le volte che siamo delusi, da una persona cara, noi avvertiamo il bruciore del tradimento. Quindi esso è la conseguenza del fallimento di un nostro desiderio. Il più comune, tra i vari tipi di tradimento, quello col quale tutti, più o meno hanno prima o poi a che fare, è quello amoroso. Ma non è di quello che vogliamo occuparci.

Egli comincia dal primo, grande tradimento che fu quello perpetrato da Adamo ed Eva nei confronti del loro creatore, Dio, quando, mangiando il frutto dell’albero della conoscenza, la famosa mela, che ancora ci è rimasta in gola, essi contravvennero al volere divino che li voleva immortali e innocenti. Deludendo la fiducia del Creatore, essi divennero mortali e colpevoli.

Caino, il secondo, quando, alla domanda di Dio “Dov’è tuo fratello?”, rispose “Non sono il guardiano di mio fratello” e stava parlando di quel fratello che per gelosia, aveva fatto fuori.

Ma se, non contando tutti gli altri traditori, precedenti e successivi a Giuda , grandi e piccoli, della storia sterminata del tradimento come elemento innato nell’animo umano, arriviamo e ci fermiamo brevemente a pensare alla particolarità di quello di Giuda, unanimemente riconosciuto come l’anima stessa del tradimento, perpetrato in piena coscienza, e portato a termine con subdola determinazione, allora apprendiamo che quel che sembra scontato, nella vicenda di questo emblema del male, non lo è affatto e che molto ancora c’è da dire intorno a questa figura centrale ed essenziale del cristianesimo che trascende anche i limiti del puro interesse religioso. -

A questo punto Maurizio si interruppe e, togliendosi gli occhiali, sfogliò, accostandoli molto al viso, i fogli degli appunti che aveva tra le mani.

- Giuda è detto l’”Iscariota” – riprese poi con calma – secondo alcuni, forse perché originario di un paese della Giudea chiamato Queriot; altri studiosi, invece, fanno derivare il termine da una radice araba che può significare sia “che sa”, sia “infedele”, e vogliono accreditare la tesi che questo epiteto volesse proprio dire che egli era un traditore. Le motivazioni che portarono Giuda a comportarsi in quel modo, non sono note, ma è probabilmente che esse fossero di natura politica, perché egli faceva parte, come altri apostoli, d’altronde, di quella fazione dei Zeloti, che si opponeva alla dominazione romana. E' facile immaginare, quindi che il desiderio di Giuda fosse quello di vedere Gesù assumere la qualità di capo del movimento rivoluzionario e fare sì che le folle si sollevassero per il conseguimento dell’obiettivo prefissato. Egli era molto amico del maestro e lo amava incondizionatamente, sperando che mercé la sua azione si potesse vedere la Palestina finalmente libera. Quando capì che lo scopo di Gesù era di tutt’altra natura, che egli non intendeva assolutamente mettersi a capo di una rivoluzione, ma che la sua rivoluzione era solo di carattere spirituale, per la salvezza delle anime egli si sentì tradito, profondamente deluso dal suo maestro ed amico, dal quale si aspettava tutt’altro comportamento. Non corrispondendo al suo desiderio, Gesù, per Giuda , tradì per primo, meritando, così, di essere tradito a sua volta, dal suo allievo, che a questo punto, con il suo gesto, intendeva eliminarlo.
- Ho letto da qualche parte - interruppe un ascoltatore – che secondo alcuni Giuda dovrebbe essere fatto santo, al pari degli altri apostoli, perché non meno di loro egli amò Gesù. –
- Che venga fatto santo, o no, è cosa che a noi non importa – fu la replica di Maurizio – è vero, però, che egli amò come e forse più degli altri il suo Maestro, verso il quale aveva una vera venerazione ed era così intimo con lui, da poter intingere un suo pezzo di pane nel piatto di lui, senza che nessuno se ne meravigliasse. Per questo motivo il suo tradimento assume il carattere di un archetipo, che si spiega in modo del tutto naturale: solo un amico, una persona con la qual si è scambiata una relazione affettiva profonda, può tradire. Solo lui ci può ferire, perché delude le nostre aspettative, in quanto si rivela per quello che è e che noi non conoscevamo. –
- Ma quindi allora la delusione è da tutt’e due le parti: - disse Mercuzio – un amico ci delude, non è quello che immaginavamo e quindi la nostra reazione ci porta a tradirlo; al stesso modo il tradito, è deluso dal comportamento del traditore e quindi cessa di essergli amico. –
- E’ proprio così; bisogna vedere chi dei due delude per primo. Giuda, uno dei prediletti di Gesù, fu deluso da lui quando non volle assumere il ruolo di capo di un’organizzazione politica, per il riscatto dei poveri e degli ebrei oppressi dalla dominazione romana. Dal suo punto di vista, il suo gesto, il bacio dato al maestro per consentire il riconoscimento di Lui da parte delle guardie che erano venute ad arrestarlo, fu, quindi un atto politico, l’eliminazione di un traditore che non aveva tenuto fede alla missione per la quale era stato prescelto. –
- E questa sarebbe allora anche la ragione per cui il popolo, messo di fronte ad una scelta, tra chi liberare, Gesù, un profeta che prometteva ai poveri un posto in paradiso, o Barabba, un patriota che prometteva migliori condizioni di vita in terra, per tutti gli ebrei, scelse Barabba? - chiese Marta.
- E’ molto probabile – intervenne Chiara – ma c’è una diversa versione secondo cui Giuda non tradì affatto il suo maestro, ma non fece altro che eseguire esattamente il suo volere. Questa versione, che ribalta completamente la storia del presunto reprobo, è venuta fuori dal ritrovamento di un documento al quale è stato dato il nome di “Vangelo di Giuda”, secondo il quale Giuda stesso sarebbe un tassello essenziale del disegno divino della Resurrezione: egli sarebbe stato il prescelto in assoluto, il prediletto, colui che si era fatto carico di tutto il disprezzo dell’umanità futura, per aver accettato – lui solo – il ruolo di esecutore del progetto divino di redenzione attraverso la passione e la morte del Cristo, il Figlio di Dio, che secondo quel progetto, per giungere a compimento, aveva la necessità di uno fidato che si assumesse il compito di “tradirlo” agli occhi degli uomini.

Per questo egli non sarebbe il reprobo, il traditore, l’odiato delatore che sostenne quella parte odiosa per pochi spiccioli, ma il primo degli apostoli, quello che aveva un patto segreto con il suo Maestro. –

- Conosco questa storia – riprese Mercuzio – ma stranamente la Chiesa non si è pronunciata su quel “Vangelo”, la sua pubblicazione è rimasta lettera morta. Propongo di non tenerne conto, per il momento e di seguire le orme di Recalcati, che, per quanto anch’egli fuori dall’ortodossia cristiana, ha avuto se non altro l’apprezzamento dei “fratelli e delle sorelle” della comunità che fa capo all’Abbazia di Bose, ai quali egli ha dedicato il suo libro. Andiamo avanti con la sua interpretazione. -
- La notte del Getsemani, per Recalcati – riprese Maurizio – è la notte in cui si verifica la scissione nella persona di Gesù tra la parte divina e quella umana: Dio si è fatto uomo e come uomo, affronta il momento peggiore della sua vita. E’ il momento cruciale di tutta l’architettura del disegno divino. Gesù, uomo, è lasciato solo, Dio è lontano, Dio lo ha abbandonato, così come tutti i suoi discepoli. La notte del Getsemani è la notte lancinante del dubbio, dell’abbandono, della più assolta solitudine. -

Prima sono i suoi più fedeli apostoli a deluderlo: aveva chiesto loro di vegliarlo per il tempo della sua disperata preghiera rivolta al Dio suo padre, con la richiesta di tenere lontano da lui quell’amaro calice, di liberarlo da quel tormento e di mutare il suo destino e loro per ben tre volte, cedono al sonno e lo lasciano solo. Poi c’è il tradimento di Pietro, che gli aveva giurato eterna fedeltà, il quale al momento dell’arresto impulsivamente, aveva messo mano alla spada ed aveva ferito una delle guardie, staccandogli un’orecchio, tanto che Gesù dovette intervenire per calmarlo, il quale, subito dopo, per tre volte negò a chi glielo chiedeva che fosse uno dei seguaci dell’arrestato. “Non lo conosco “Non sono io l’uomo”; il suo è un atto di umanissima viltà, la paura di essere coinvolto nella caduta e nella passione del Maestro. D'altro canto. una volta imprigionato, la figura di Cristo perde anche agli occhi dei suoi, tutta la sua ieraticità, il suo carisma. Egli ormai è solo un povero prigioniero, destinato ad una fine atroce. Per certi versi il tradimento di Pietro è più cocente di quello di Giuda.

Ma mentre Giuda, da politico, visto fallire il suo piano, preferisce morire, Pietro piange lacrime amare di pentimento.

- Non troveremo un punto saldo al quale agganciare una parvenza di vero – intervenne in modo alquanto definitivo Ottavio, che fino ad allora era stato ad ascoltare con grande interesse – noi stiamo facendo delle ipotesi, che in mancanza di prove certe, valgono ben poco. –
- Ma il nostro compito, per dire una parola grossa – disse Maurizio – non è quello di stabilire cosa sia vero e cosa sia falso, non ne avremmo né la competenza, né gli strumenti per acquisirla. A noi basta aver sondato questa materia per vedere come quello che sembra il fatto più risaputo, possa, non corrispondere al vero ed ipotizzare che, quello che in tutta la cristianità viene indicato come il simbolo del male, possa invece essere la vittima predestinata di una situazione molto più grande di lui.
- Noi qui non possiamo procedere ad una vera e propria riabilitazione della figura di Giuda Iscariota, ma solo avanzare il possibile dubbio che egli abbia subito un torto ed il suo vero dramma umano sia stato completamente ignorato.

Con queste parole di Chiara, la seduta fu sciolta. In maniera stranamente silenziosa, gli accoliti, si avviarono all'uscita. "Aria, aria" fu l'esclamazionee di qualcuno all'aperto.

Commenti

  1. Interessantissima questa lettura "politica" della figura di Giuda; addirittura rivelatrice, direi. Per me le cose sono senz'altro andate più o meno così, ma con una piccola variante. Giuda non tradisce per rancore nei confronti di un presunto e precedente voltafaccia di Gesù, lo fa nell'ultimo, disperato, tentativo di forzargli la mano, mettendolo di fronte al fatto compiuto in maniera da costringerlo a guidare un'insurrezione armata contro i nemici, che erano sì i romani, ma anche scribi e farisei che gli reggevano il gioco. Ed è sul punto di riuscire nell'intento, allorquando Pietro si erge con le armi a difesa del maestro, staccando l'orecchio a uno degli aggressori. Ma Gesù anche in questo caso si tira indietro e, Giuda, sconvolto e deluso, in quanto vede perduta ogni speranza di successo nella rivolta contro gli invasori, decide a questo punto di togliersi la vita.
    La reinterpretazione in chiave politica della figura di Giuda non può però essere portata a termine con pieno successo senza una pari rilettura della stessa figura di Gesù di Nazareth. A partire da quella scritta apparsa sulla croce: in che senso il Nazareno sarebbe stato epistrofato come Re dei Giudei dai Romani (la scritta è in latino)?

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