CLANGORE

Se io dico “all’interno della foresta, si udiva un grande clangore”. “Oppure sulla superficie del mare correva il clangore del tuono”, è evidente che la mia intenzione è quella di fare un discorso piuttosto forbito, con immagini un po’ visionarie, ma dal punto di vista linguistico non molto azzeccato. -

Chiara questa volta aveva decisamente preso in mano il microfono, sempre virtuale, perché il circolo non poteva permettersene uno reale, con l’intento di fare una bella introduzione e dopo lasciare libero sfogo ai commenti e agli interventi.

Oporto, ex-carcere ora Museo della Fotografia - 2018

- “Clangore” è parola alquanto ricercata, che ha nobili natali, essendo figlia di analoghe forme linguistiche greche ( come “claggé”, col significato di “strida”) e latine, (come “clangor”, derivato da “clangere”, che vuol dire “gridare, squillare”, che ha la stessa radice di “Clamare”, più propriamente usato per dire “schiamazzare”. Indi “clangore” è simile a “clamore”, che ha la stessa origine. Ora però, mentre il clamore è un rumore indistinto, prodotto da voci, o dal cozzar di cose, ma più spesso si usa in senso metaforico, per indicare il risalto che ha avuto un evento, una notizia, o l’operato di una persona (il clamore suscitato a suo tempo dalla pubblicazione di “Lolita” di Nabokov), il clangore è un rumore “doc”, certificato, perché esprime già nel suono il tipo di rumore che vuole indicare, ed è un rumore metallico, come il cozzar di scudi e di brandi, il fracasso prodotto da un incidente ferroviario, il rotolare di catene, cavi, maniglie ed altri oggetti metallici marinareschi, sul ponte di una nave in un mare in tempesta.

Quanto sopra, anche se la prima origine del termine è ricollegabile ad uno strumento musicale metallico, la tromba, il cui suono è squillante, quindi diverso dai suoni dei significati successivi, tendenti piuttosto al cupo, al sordo. Non le campane, che suonano o a festa, o a morto, ma sempre in modo limpido e chiaro (nel secondo caso, comunque di meno). –

- Ma valà! – intervenne vivacemente Matteo – ché clangore oggi si usa in tutti i casi di rumore forte, assordante, non è più tempo di violini e di sviolinate, tante sottigliezze oggi sono sorpassate. Se vogliamo parlarne come diversivo sono d’accordo, altrimenti passiamo ad altro! –
- Matteo, sei tornato? - finse di meravigliarsi Maurizio, per sviare l’attenzione degli astanti dalla malagrazia del suo intervento - è un po’ che non ti si vedeva. Ti è successo qualcosa? –
- Niente, non sempre trovo tempo. Ho molte cosa da fare, sai…-
- Immagino, immagino… Chiara vuoi continuare, per favore? Matteo scherzava. –
- Non scherzavo affatto. Torniamo all’esempio del bosco. Mi sono trovato una sera scendendo dalla Camosciara, dopo il salto del Cavuto, avevo perso la strada e stavo addentrandomi in una zona interna del bosco, quando ad un tratto ho sentito un clangore, sì, era proprio un clangore, ora ne sono certo, che sulle prime mi ha spaventato perché ne ignoravo la causa. Mi sono avvicinato cautamente al punto dal quale il clangore proveniva, e, con mia somma meraviglia, ho assistito ad uno spettacolo unico, che mai mi sarei immaginato. Due cervi maschi, si battevano, a suo di cornate che risuonavano come schiocchi di frusta, emettendo dei bramiti tremendi, per la supremazia su un gruppo di femmine che formavano il branco, mentre queste ultime aspettavano ammassate da una parte, in attesa che “il giudizio di Dio” designasse il capo al quale sottomettersi, emettendo anche loro bramiti ed altri suoni indistinti, che, tutti insieme formavano quel clangore maledetto. -
- Anch’io – disse Luciana, la ragazza che veniva da Firenze, adusa a fare molti viaggi – ho assistito ad una scena durante la quale si è prodotto un rumore tale che non esito a chiamare clangore. Alcune settimane fa mi trovavo dalle parti del porto di Belfast, imbarcata su una nave da crociera che faceva un lungo giro nei mari del Nord, facendo tappa in Irlanda, in prossimità di quel punto di uno dei canali di quel vasto invaso, dove si trova un Museo dedicato ad una delle più grandi tragedie del mare, quella dell’affondamento del transatlantico Titanic, quando un’altra grande nave ha perso il controllo per la rottura di un cavo di attracco ed è andata a sbattere contro la banchina del porto, e, scivolando lungo di essa, con uno stridore assordante, ha investito un nave più piccola che era là ormeggiata. C’è stato un grandissimo clangore in tutto il porto, sirene, ululati, parole concitate urlate con megafoni, sbarco di passeggeri, mezzi di soccorso, durato più di un’ora, poi è tornata la calma, i danni arrecati alle due imbarcazioni ed alla banchina del porto, sono risultati notevoli, ma, per fortuna, non ci sono state vittime, soli pochi feriti, in modo lieve.
- Possiamo tranquillamente ammettere – disse Chiara – che oggi come oggi il vocabolo “clangore” non è certo tra i più usati, anche perché il suo suono, che, lo ripeto, emula il “clang-clang” dei giochi cruenti delle arene di tempi remoti delle contese cavalleresche, risulta un po’ snob alle orecchie dell’ascoltatore e non si addice più ai rumori di oggi, provenienti dalle città, dalle autostrade, dalle automobili.
- Ora che ci penso il traffico, giustappunto produce un rumore tipico del mondo moderno, quello dei clacson delle automobili, non sarà che anche la strombazzata degli automobilisti sempre sull’orlo di una crisi di nervi, avrà la sua origine da quello stesso “claggè” greco da cui abbiamo preso le mosse? – La chiosa era di Maurizio, che non si aspettava certo una risposta; si era fatto già abbastanza tardi e lui conosceva i suoi polli. Immaginò che tutti volessero andare via. Prima che qualcuno si alzasse e desse il “rompete le file” , ancora l’ineffabile Matteo scoppiò a ridere:
- Stai scherzando? – disse – In Inghilterra ci deve essere ancora una ditta col nome di “Klaxon”, che produceva questi apparecchi acustici, passati, con l’evoluzione da mono- a bi- e addirittura tri-tonali per i Tir, e dubito che il titolare di essa a suo tempo sia andato a rispolverare il vostro “claggè” per dare il nome alla sua ditta. Penso piuttosto che quello fosse il suo cognome, come da brevetto. –

Per fortuna solo pochi udirono queste parole fino in fondo. I più si erano già alzati e con un clangore di sedie mosse, di piedi in movimento e di voci in libertà, imboccavano l’uscio uno alla volta, ridendo e scherzando come ai tempi della scuola.

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