TAMARRO

Davanti alla tazzina di caffè, Maurizio sembrava non essersi ancora svegliato; con lo sguardo perso nel vuoto, aveva preso in mano il cucchiaino e lo girava svogliatamente nella tazza, con moto meccanico, in realtà senza motivo, perché lui il caffè lo prendeva sempre senza zucchero; il sottile filo di vapore che si levava dall’orlo, gli sfiorava le narici, senza però che egli ne avvertisse l’aroma.

Autoritratto da tamarro (a Hippolyte Bayard). 2018

Il Bar dell’Olmo, a quell’ora era poco affollato. Ad un tratto nella sua mente, a fatica, emerse e prese forma il pensiero che inconsciamente lo stava tormentando da un po’ed egli ebbe un soprassalto. Si ricordò che lì, tempo addietro, aveva conosciuto un uomo molto singolare, col quale aveva parlato brevemente, ricevendone una impressione così favorevole, che, salutandolo, prima di andar via, non aveva resistito al desiderio di manifestargli la sua simpatia, con parole che l’interessato aveva accolto prima con qualche perplessità, subito dopo, con un tale calore che i due si erano impegnati a rivedersi nei giorni successivi, per approfondire la reciproca conoscenza.

Il giorno dopo, infatti, lo trovò che aveva occupato un tavolinetto appartato e lo aspettava per intrattenersi con lui. Avevano parlato di molte cose, di politica, di attualità, di informazione ed, avendo scoperto un comune interesse per il significato ultimo delle parole, avevano pensato di compilare un piccolo dizionario, un abecedario delle curiosità che si possono trovare intorno ai vari significati del verbo. L’uomo si chiamava Bonifazio ed aveva ordinato al cameriere una colazione per due.

- Sebastiano, tu conosci meglio di me il qui presente Maurizio; che ne pensi? Ieri mi ha sorpreso perché, appena conosciuto, mi ha detto di avere molta simpatia per me. E’ la prima volta che mi capita. Non credi che dobbiamo festeggiare?

- Maurizio è una persona in gamba, a cui vogliono tutti bene. Ma non è molto aperto con tutti. Si vede che tu lo hai particolarmente impressionato.

Dopo quella volta, non si erano più visti. Maurizio aveva chiesto, un anno dopo, notizie di lui, a Sebastiano, ma questi gli aveva detto di saperne molto poco. L’ultima notizia risaliva a qualche tempo prima ed era non buona. Bonifazio era tornato al suo paese perché non stava bene in salute.

Gli sarebbe piaciuto averlo davanti, con la sua faccia simpatica e il sorriso accattivante, a fare discorsi strampalati, che per quanto ricordava, gli erano congeniali. Gli avrebbe chiesto, per esempio della parola “tamarro”, di origine regionale, che aveva attecchito, specialmente in ambito giovanile, in tutta la penisola, con significati leggermente diversi da regione a regione. Bonifazio, per quanto ne aveva potuto sapere lui, era un attento osservatore dei fenomeni sociali, e per questa attitudine godeva di una tribuna privilegiata, visto che egli, di origine siciliana, conosceva molte parti del Paese, essendosi trasferito al nord da lunghi anni ed avendo una sorella trapiantata in Abruzzo, aveva motivo di girare da una parte all’altra dell’Italia e di conoscere molte persone.

Bonifazio gli avrebbe sicuramente risposto che tamarro individua un ben preciso soggetto dall’aspetto goffo, dall’animo meschino, dai modi rozzi e di cultura inesistente, piuttosto giovane di età, dedito all’emulazione indiscriminata di modelli sociali in voga, siano essi personaggi famosi, o mode e atteggiamenti ai quali egli cerca invano di conformarsi, con risultati risibili per l’eccessiva esibizione di tendenze male assortite ed assorbite.

Memore delle sue origini meridionali, forse avrebbe anche accennato all’origine della parola, che alcuni vogliono derivata dall’arabo “tammar” che vuol dire venditore di datteri, sbarcata al sud ai tempi della invasione dei mori, con la notazione di carattere sociologico che un tale personaggio non poteva certo essere un raffinato rappresentante dell’aristocrazia islamica.

- Maurizio, sei già qua? – chiese una voce di donna, che lo riportò alla realtà, insieme ad una mano che si era posata leggera su una sua spalla. – credevo che oggi avessi da fare.
- Oh! Chiara, mia cara – ma la voce gli uscì un po’ in falsetto – siediti, devi fare colazione?
- Prenderei volentieri un cappuccio con una brioche.
- Sebastiano, vuoi provvedere per favore per la colazione di Chiara?
- Subito, amici – si avvicinò al tavolo e Chiara fece la sua ordinazione.
- Allora, cosa facevi, qui tutto soletto? Sembravi così assorto…”.
- Niente d’importante. Pensavo, come al solito. Qui ho conosciuto l’anno scorso un tipo molto particolare ed ero passato a vedere se era tornato anche quest’anno, ma Martino mi ha detto che non è potuto venire perché sta male.
- Mi dispiace – disse Chiara – ma, dimmi, qual è la parola del giorno? Non dirmi che oggi non hai messo sotto osservazione una qualche parola.
- Tu sai cosa vuol dire “tamarro”? – le chiese Maurizio a bruciapelo.

Chiara, inaspettatamente, rispose con un’altra domanda:
- Tu conosci allora il significato di “tànghero”? E, giacché ci siamo anche di ”marrano”?

Sebastiano intanto aveva posato sul tavolo dei due giovani il vassoio con la colazione di Chiara e, ascoltando i loro discorsi, ai quali peraltro era abituato per precedenti occasioni in cui aveva avuto modo di parteciparvi, prese una sedia e si sedette lì vicino.

- Permettete? - chiese umilmente. – Non volendo ho ascoltato quello che stavate dicendo. Posso dirvi una cosa che ho letto oggi sul giornale? C’è una rubrica in cui si parla ogni giorno di una parola. Oggi era “Sicofante”. Io l’avevo già sentita, ma non sapevo cosa significasse. Voi lo sapete di sicuro, è quello che ha l’hobby di denunciare. Denuncia tutti e tutto, di cose fatte male e anche di quelle fatte bene, insomma uno spione e un denigratore. Ma forse non sapete da dove viene. Sicofante ha a che fare con il commercio dei fichi che ai tempi dei tempi, era vietato, non so perché. I greci nella loro lingua chiamarono così quelli che denunciavano i venditori abusivi di fichi. Oggi può essere anche lo spacciatore di notizie false.
- Caro Sebastiano – intervenne Maurizio, mentre Chiara attaccava la sua colazione – Quello che ci hai appena detto, è molto interessante. Può farti però piacere sapere che anche per la parola “tamarro”, l’origine ha a che fare con un commercio di frutta, si trattava allora, di datteri, che venivano venduti dagli arabi, agli abitanti delle terre occupate, ai tempi in cui i musulmani invasero l’Europa. E, senti, senti, anche la parola “marrano” ha un’origine mangereccia. Il marrano, in Spagna era il porco, cioè la carne di porco che gli ebrei e i musulmani, non mangiavano per motivi religiosi. Allora quando gli spagnoli fecero la “reconquista”, rimandando a più riprese, in Africa i mori e giacché c’erano anche gli ebrei fuori dalla Spagna, imponendo, per quelli che volevano restare l’obbligo di convertirsi alla religione cristiana, (ah! Cosa non si fa per la fede!) essi individuarono i marrani con coloro, che convertiti a forza e quindi falsi, in privato seguitavano ad osservare i riti della loro religione di origine e rifiutavano di mangiare carne di maiale. Per l’individuazione degli ebrei falsi convertiti, anch’essi marrani, si usava anche osservare se dalle cappe dei camini delle loro case, nella giornata del sabato, uscisse il fumo, oppure no. Solo in caso positivo, la conversione veniva ritenuta valida. Questo perché agli ebrei la loro fede proibisce di accendere il fuoco e di cucinare nel giorno di “Shabat”.
- Sebastiano al bar – si levò autoritaria la voce del padrone dalla cassa dove era appollaiato.

In effetti, davanti al bancone, diversi avventori di accalcavano per essere serviti. Sebastiano di mala voglia si alzò per riprendere posto dietro al banco.

- Continueremo un’altra volta – disse, mentre prendeva con una mano lo scontrino che gli tendeva il primo della fila.
- Prego, signore mi dica. - si era rivolto a quest’ultimo col più accattivante dei sorrisi.

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