SILVANA

Dea dei boschi, elfo, gnometto, amica di Pan con il suo flauto, fata, Diana cacciatrice, Silvana dava molta importanza al suo nome, al quale attribuiva il potere di una investitura. I suoi genitori, nel metterglielo, al Fonte Battesimale, sì allora era ancora di moda, avevano sicuramente indovinato, come in una divinazione, quale era il suo destino, o meglio la sua vocazione. Lei si sentiva portata per la vita silvestre, i lunghi silenzi dei boschi in certe ore, il fruscio del venticello, il rombo del turbine, i capelli scompigliati, i sensi all’erta, sul crinale di una roccia, lei sola contro la tempesta. E un esercito di esseri invisibili, agli altri, a lei, sempre, o a richiesta, presenze amiche, bizzarre, irriverenti, ridenti, fantastiche, enigmatiche, fosforescenti. O streghe malvagie, con pozioni letali. Sconfitte da Principi Azzurri. Che girano per i boschi, in cerca di Belle Addormentate, Cenerentole e Cappuccette Rosse, suoni di corno, che l’eco fa rimbalzare di valle in valle.

Quel giorno lo Zibaldino era ancora chiuso, ma Silvana era lì. Entrata da una fessura della porta, o della finestra, nessuno aveva visto come. Si aggirava tra gli ambienti, come nella foresta, sentiva il peso delle idee che in quel posto gravava l’aria, per altri versi pura come quella delle sue montagne.

Alle otto si aprì la porta; entrarono più persone. Nessuno fece caso a lei. La sua presenza, come naturale.

- Ho visto me stesso venire – disse Marcello – Camminavo e lui mi precedeva. Giunti nei pressi del Bar dell’Olmo, poco prima che Sebastiano, o Bastiano, non ricordo come si chiama, ha aperto la porta del locale sul retro, il nostro ritrovo, lui è scomparso, deve essere entrato prima di me, sento che è vicino, ma non lo vedo. Mi piacerebbe parlarci, avrei alcune cose da chiedergli, che da me non so spiegarmi.

Questo Marcello era un uomo abbastanza giovanile, solo le tempie un po’ brizzolate, alto, magro, con un baffetto a punta, che gli dava l’aspetto leggermente retro, indossava di solito un baschetto alla Nenni, calato di lato, e portava gli occhiali. Aveva un negozio di colori e vernici in una via laterale, non lontano dalla Piazzetta del Sole, dove la sera si riunivano artisti e teppisti, drogati e vandali.

Lidia lo vide e lo riconobbe. Era lo stesso che aveva visto dalla finestra della casa abbandonata. “Niente male, però”, pensò, “sembra uno a posto. Sarà lui che scrive messaggi sulla parete?”

Anche Lidia, sognando, aveva visto se stessa uscire da quel portone, portandosi dietro il suo piccolo segreto.

Dal progetto "La casalinga", 2018

Silvana, che fra tutti era la più “nuova” del gruppo, avvertì un brivido, guardando Lidia, e poi Marcello. Sentiva come un fluido nell’aria, un brusio dei cervelli di quelli che le stavano accanto senza fare caso a lei. Ognuno con i suoi pensieri; ognuno chiuso nel suo guscio.

Venne Maurizio, e poi Chiara, e poi Matteo, no, non c’entrava niente con quello che adesso occupava Palazzo Chigi, l’altro quello che già conosciamo, il povero sfigato del gruppuscolo, che si faceva scrupolo di ogni cosa che accadeva, fosse o non fosse dipendente da lui.

- Chi vuole cominciare? – chiese Maurizio, sedendo al tavolo della presidenza.
- Io! – si fece avanti Silvana, che non era conosciuta da nessuno dei presenti.
- Bene! – approvò Maurizio, da adesso anche Mauro, per brevità – Vieni avanti, sei nuova? Come ti chiami? Aspetta, fammi pensare; posso indovinare? Silvia, o Silva, ch’ho preso?
- Silvana – disse lei ridendo, mentre si avvicinava al tavolo - Piacere. Piacere, scambio di convenevoli.
- Siedi qui accanto a me e dicci quello che ti pare.

Silvana si accomodò al tavolo, serena e contenta, pienamente a suo agio, poggiò i gomiti sul ripiano, fece finta di regolare l’altezza del microfono davanti alla bocca secondo la sua statura, come aveva visto tante volte fare da oratori veri o presunti, e cominciò:

- Amici ed amiche, qui si apre un nuovo capitolo del nostro Zibaldino.

Mauro fu il primo a sobbalzare sulla sedia. Gli altri, sguardi interrogativi da uno all'altro, poi uno scoscio di applausi.
- Era ora - disse Tizio - che qualcuno parlasse chiaramente!
- Evviva - disse un altro.
Maurizio era esterrefatto. "Una vera sommossa", pensò, “questo è per caso un colpo di stato? C’è una camarilla tra questi gaglioffi?".

- Non so cosa hai intenzione di fare – disse poi autorevolmente a Silvana un Maurizio piuttosto incazzato – ma ti assicuro che non permetterò che tra di voi si faccia una caram...e,  no, volevo dire una camarilla – risata generale – qui non c’è spazio per nessun golpe. Intesi? Vai avanti, ma attenta a quello che dici.
- Quando si dice democrazia, vero? apostrofò la donna dei boschi, guardandolo in faccia, con fare sprezzante.

In quella entrò Sebastiano che portava un caffè per Chiara.

- Sapete l'ultima - annunciò - Salvini ora dice che toglie le tasse a tutti tranne a quelli che cianno l'aliquota al 15%. Che figata!

Ne seguì un subbuglio generale.

- Ma può essere? -
-Sì, perché così i ricchi non avranno più motivo di portare i soldi nei paradisi fiscali e l'Italia  farà il Pil sotto il 3 per cento , fregando la Grecia e la Spagna.

Tra la perplessità di tutti e l'incredulità di alcuni, la riunione finì qui. In attesa di conoscere il nuovo capitolo di quel presidio contro l'ignoranza rappresentato dal gruppo, ognuno cominciò a calcolare quanto gli sarebbe toccato pagare.

- Accidenti! Qua mi sembra che ci toccherà di pagare a tutti, nessuno di noi supera il minimo! Fu l'amara constatazione di Arcimboldo, il contabile della cassa vuota del gruppo.

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