PRECIPUO

Il Bar dell’Olmo a quell’ora era deserto. Maurizio, entrando, trovò Sebastiano che se ne stava dietro il bancone, seduto su uno sgabello, intento a fare le parole crociate.

- Salute! – disse appena dentro.

Sebastiano non rispose subito. Anzi sembrò concentrarsi ancora di più su quello che stava facendo, quasi a non voler essere disturbato. Poi, senza alzare gli occhi dalla sua Settimana Enigmistica, accennando col mento verso il nuovo arrivato, come a coinvolgerlo nella soluzione di quello che stava cercando, disse:
- ‘Precipuo’ - otto lettere, comincia per ‘bi’, alla terza casella c’è una ‘esse’, cos’è?

Schiena (troppo) dritta di fotografo. 2008

Maurizio riflettè un poco, poi, di getto:
- “Basilare”, la parola non può essere che “basilare”, prova un po’!? .
- Sì, basilare, ci va, bravo. Era da molto che mi arrovellavo con questa maledetta parola: principale, essenziale, primario, le ho provate tutte e nessuna ci andava bene. Meno male, mi hai tolto un assillo. – e posò fascicolo e matita sullo sgabello, alzandosi. – posso servirti qualcosa? Offro io, tu mi sei stato di grande aiuto. Mi voglio sdebitare.
- Non farmi ridere! Per una parola, ma lo sai che è la nostra specialità!
- Ora che ci penso – si fermò un attimo sovrappensiero, poi cambiando tono di voce, – caffè, va bene? – e senza attendere la risposta, si avvicinò alla macchina degli espressi e cominciò ad armeggiare con i suoi congegni, scaricando un po’ di vapore, quindi riprendendo il discorso appena cominciato, seguitò: - Questa mattina, avevo appena aperto, ha suonato il telefono. Indovina chi era? Bonifazio, da Porto Empedocle. Mi ha detto che è guarito e presto sarà da noi. Ora mi ricordo, è stata una strana combinazione. Tra le varie cose, mi ha detto che intendeva collaborare alla realizzazione del nostro Sillabario, ripetendo però più volte che la telefonata aveva il “precipuo scopo di chiedere che lui fosse presente” all’inizio dei lavori, per cui ci pregava di non prendere iniziative prima del suo arrivo. Hai capito, Maurì? Ha detto proprio “precipuo”, come il cruciverba. Non ti sembra una coincidenza un poco strana?

Intanto aveva posato il piattino con il cucchiaino sul banco e subito dopo ci aveva messo sopra la tazzina di caffè fumante. Con gesto automatico aveva avvicinato a Maurizio che tendeva la mano, la zuccheriera, pur dovendo sapere che Maurizio il caffè lo beveva amaro.

- Che vuoi che ti dica… - cominciò, con aria da filosofo, portandosi alle labbra la tazzina calda e facendo con prudenza un piccolo sorso del liquido bollente. – Ci sono più stelle in cielo di quante non siano le vostre filosofie – citò a mente. Poi si rese conto che non si ricordava l’autore della frase e che aveva solo una vaga idea di quale potesse essere il suo significato, fuori dal contesto ignorato. Il Manifesto del Partito Comunista? No, gli sembrava di no. Da lì veniva “il fantasma che si aggira per l’Europa”. Per fortuna Sebastiano non accennò a chiedere spiegazioni. Più tardi si sarebbe ricordato di Amleto, ma in quel momento Amleto era lui, tormentato da mille dubbi; le quattro nozioni che aveva imparato con le sue letture, cominciavano a traballare, tra “convitati di pietra” e “sepolcri imbiancati”. – Certo, precipuo è una parola alta, da usare con le pinze. E che poteva esserci di precipuo nella presenza di Bonifazio alle nostre sedute di “lavoro”? Il nostro sarà essenzialmente un lavoro di compilazione, una cosa da amanuensi, quasi. A meno che non abbia un’idea geniale, ma sarebbe fuori dal nostro programma.
- Precipuo viene per caso da pecuglia? – chiese Sebastiano.
- Cos’è la pecuglia? – chiese sorridendo Maurizio.
- Gli sghei dei romani, no?
- No, caro Sebastiano, quella è la “pecunia” dei romani e il “peculio”, e non ci sono punti di contatto con “precipuo”, che invece deriva da “pre” che vuol dire “avanti” e “capere”, che significa “prendere”, per cui la parola “precipuo” significa “la cosa che si prende prima delle altre.” Ciò che è più importante di tutto. Ora cosa può essere più importante di tutto, nel nostro Abecedario? Forse la nostra presunzione, o la nostra incoscienza.
- Non sono d’accordo – replicò Sebastiano, un poco seccato – ammesso pure che io non so il latino, ma tu che mi hai detto di veramente essenziale? Niente e poi niente.
- Se è per questo non sai nemmeno il congiuntivo: “ammesso pure che io non sappia il latino”, così si dice, intesi?
- Eccolo il saputone – proruppe l’ira di Sebastiano – questa sera voleva venire alla riunione anche mia sorella Marianna, ma adesso le dico di non venire. E giacché ci siamo, la consumazione che hai testé fatta, ti costa un euro e mezzo, eccoti lo scontrino. – e con mossa teatrale, batté i tasti del totalizzatore, strappò la fascetta di carta, che uscì a scatti dal tamburo automatico e la posò sul banco di fronte all’amico, battendoci sopra con la mano ripetutamente.

Maurizio, senza fargli notare che il caffè gli era stato offerto da lui, per orgoglio, fece per prendere il portafogli ma si accorse di essere uscito senza. 

- Ti dispiace se pago la prossima volta? Ho dimenticato il portafogli nell’altra giacca,
- Ecco, ci risiamo; certo che mi dispiace, tanto bravo a chiacchierare, ma quanto a cose pratiche, sei una frana. Vada per la prossima volta, ma fai in modo di non scordartene, non sarebbe la prima volta.

Maurizio, punto sul vivo, stava per rispondere per le rime, ma in quel momento, due uomini, davanti alla porta a vetri del bar, dopo aver risolto un complesso problema di dare e accettare la precedenza, con un simpatico balletto, prima l’uno e l’altro dopo, poi indietro il primo e avanti l’altro, alla fine avevano fatto l’atto di entrare tutt’e due insieme, infilandosi nel vano dell’ingresso a viva forza, a rischio di infrangere la vetrina.

- Tocca a me, disse il primo che riuscì a mettere piede all’interno del locale e, rivolto a Sebastiano che si era portato, nei pressi della cassa, ordinò: - due caffè, grazie. – e guardò in faccia con soddisfazione il compare, contento di essere arrivato per primo a pagare.
- Non dovevi disturbarti. Grazie. Comunque… a buon rendere…- .
- Ciao, Sebastiano, ci vediamo stasera – salutò Maurizio, accennando ad andarsene.
- Non so se potrò venire, fate pure senza di me, vedremo, ciao, - il tono era freddo.
- Ora mi toccherà ricucire. – pensò Maurizio.

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