IDIOTISMI

Senonché, Bonifazio non dette più notizie di sé per alcuni mesi e Maurizio e gli altri pensarono che stesse facendo la convalescenza a Porto Empedocle, approfittando della stagione estiva per andare al mare. Intuizione che venne confermata dall’arrivo presso la sede dello Zibaldino, di una cartolina, spedita da quella località, con la scritta “saluti” e senza firma, che riportava una bella foto della Scala dei Turchi che Chiara conosceva bene, avendo trascorso, poco tempo prima, un periodo di vacanza proprio nei paraggi di quel posto singolare. La Scala dei Turchi è uno spuntone di roccia di forma semicircolare, che si protende nel mare, raggiungendo una profondità adatta allo sbarco delle navi, una specie di porto naturale ed era così chiamata perché al tempo dei mori e dei cavalieri, tanto rimpianti da Don Quixotte de le Mancia, costituiva un comodo approdo per la navi corsare dei saraceni che, non potevano sbarcare sulla spiaggia di Porto Empedocle, che, per circa un chilometro dalla costa, ha fondali molto bassi.



A settembre Maurizio decise di non attendere oltre ed invitò i suoi amici a cominciare a parlare del progetto relativo alla compilazione di quel famoso Abecedario che avrebbe dovuto dare lustro alla loro piccola comunità di mestatori del linguaggio.

A questo punto, si fece avanti Pancrazio, che si era aggiunto da poco al gruppo, tirando fuori dalla tasca alcuni fogli e sorprendendo tutti con le sue parole:

- Facendo un reset del mio computer, ho trovato una mail sulla posta elettronica del 2016, inviatami da un certo Bruno, che non conosco, che a me sembra contenga qualcosa di interessante. Non so se può essere utile al nostro scopo, ma consiglio di tenerne conto per ogni eventualità. Se permettete ve la leggo e poi ne parliamo.
- Leggi pure, caro amico, siamo tutt’orecchi, disse Maurizio.
- La mail s’intitola “Idiotismi” e dice così:

Sono idiotismi o idiomatismi quelle brevi espressioni dense di un significato particolare, tipiche di una determinata lingua o dialetto, difficilmente traducibili in altre, se non con circonlocuzioni fatte di molte parole. Nel caso dei dialetti, si distinguono i dialettismi che sono espressioni di uso solo locale, dai regionalismi che invece sono modi di dire caratteristici di una intera regione.

Toccare il cielo con un dito, affogare in un bicchier d'acqua, sono esempi di idiotismi che contengono anche un'iperbole, sono cioè modi di dire eccessivi, che stravolgono la realtà in modo paradossale, raggiungendo così il massimo di espressività.

Fare la pozza con i piedi, alzarsi fino alla torre del Duomo, sono invece dei localismi (c'hà fatt' la pozz nc' li pit' ; t'pù zzà fin a' la torr d' lu Dòm) altrettanto efficaci che servono a rendere l'idea, nel primo caso di uno che, in piedi impetra una grazia, il perdono, battendo i piedi per terra, come un bambino, di fronte a colui che la grazia o il perdono deve concedere, il secondo sempre di un soggetto impetrante, che chiede qualcosa e si sente rispondere che non l'otterrà nemmeno se fa l'impossibile per raggiungere lo scopo. In entrambi i casi l'uso dell' iperbole è decisivo.

Rimanere con un palmo di naso, avere più corna di un cesto di lumache, sotto mentite spoglie, ad onor del vero, senza por tempo in mezzo, a ciascuno il suo, senza se e senza ma, a gonfie vele, pagare lo scotto, prendere lucciole per lanterne, andare a cavallo e tornare a piedi, restare con le pive nel sacco, uscirsene per il rotto dela cuffia, sono frasi idiomatiche comuni.

Intermezzo narrativo n. 1
Mario non era il tipo da perdersi in un bicchier d'acqua e quindi non dette nessuna importanza al fatto che Lea non avesse gradito le sue avances. Ma dovette riconoscere che farla cedere non era stata una passeggiata. Aveva toccato il cielo con un dito, quando alla fine lei gli disse di sì, ma, come spesso avviene, una volta ottenuto quello che desiderava, di lì a poco tempo, l'incanto si era perso; Lea era diventata troppo possessiva e Mario insofferente di un vincolo che rischiava di diventare soffocante.

Cercò quindi di uscirsene per il rotto della cuffia, perdendosi in mille facezie ed infine affogando in un bicchier d'acqua, per una scemenza, una scappatella senza alcun significato. Subito dopo però ebbe un moto di resipiscenza e chiese perdono: Lei fu implacabile; e pensare che per convincerla ci aveva fatto la pozza con i piedi, a forza di insistere, ed ora l'aveva persa, forse per sempre. "Ti puoi alzare fino alla torre del Duomo, non c'è niente da fare!" gli aveva buttato in faccia..

Quando se ne andò, lui ci rimase con un palmo di naso : "Cosa credevi, che rimanevo lì a farmi mettere più corna di un cesto di lumache?".

Ad onor del vero, lei sapeva fin dall'inizio che da quel bell'imbusto non c'era altro da aspettarsi e senza por tempo in mezzo, prese la sua decisione: non lo avrebbe più rivisto neanche se si fosse ripresentato sotto le spoglie di un penitente. Senza se e senza ma, nessun tentennamento, a ciascuno il suo e ognuno a casa sua.

Ma poi il vento cambiò, lui era sinceramente addolorato e roso dal pentimento, lei si sentiva sola, dopotutto è umano sbagliare ed è giusto concedere un'altra schiance.

Vinse l'amore (e la pietà). Da quel momento tutto filò liscio come l'olio; a gonfie vele.

(Fulvio di Ceretola)

Altri idiotismi sono: andare a Canossa, mandare tutto a carte quarantotto, mandare a quel paese, andare per fratte, andare a zonzo, occhio che non vede cuore che non duole, l'occhio vuole la sua parte, a ragion veduta, solo alla morte non c'è rimedio, separare il grano dall'oglio, (non seminare zizzania).

Chi più ne ha, più ne metta.

Intermezzo narrativo n. 2

Se invece di andare a Canossa, Enrico IV di Franconia avesse mandato tutto a carte quarantotto e se ne fosse andato a zonzo per l'Italia, lasciando intendere a quegli zoticoni dei nobili tedeschi che era andato dal Papa Gregorio VII, e facendo sì che prendessero lucciole per lanterne, tanto, occhio che non vede cuore che non duole, anche se l'occhio vuole la sua parte, non avrebbe fatto meglio?

Tanto, tornato in Germania, si accorse di essere stato deposto da quei traditori, che nel frattempo avevano nominato un altro imperatore e un altro papa, l'antipapa, appunto. Allora a che pro umiliarsi a quel modo?

Ma egli si riprese e con una dura lotta sconfisse i suoi rivali, per essere poi nuovamente scomunicato dal papa fedifrago, che aveva chiamato in suo aiuto il normanno Roberto il Guiscardo, che vuol dire il Furbo.

Ma 'chi se ne fotte?' sembra che abbia detto 'tanto solo alla morte non c'è rimedio', ma in ogni caso mai più a Canossa.

(Pipino il Greve)

A questo punto è d'uopo che vi metta al corrente di un modo di dire che usava molto spesso la mia zia Gina, mai troppo lodata, la quale nei suoi numerosi ed arguti motti metteva, senza saperlo dei latinismi derivanti da reminiscenze popolari, tramandate di generazione in generazione, opportunamente trasformate ed adattate. Quando di una cosa, discorso, o iniziativa, non si vedeva la conclusione, o un'opera non veniva portata a termine, o anche quando qualcuno, di fronte a delle difficoltà, rimaneva disarmato e si arrendeva, lei diceva che la cosa. l'opera o la persona erano rimaste 'nd'r 'noss', che con ogni probabilità derivava dal latino 'inter nos', usato parimenti quando un fatto o un disegno dovevano rimanere a conoscenza solo degli astanti. ('resti inter nos', che era un invito a non divulgare il contenuto di una conversazione e quindi a tenere ferma una situazione).

'lu prenòc' era come il 'caipirro', il marcantonio, il sacripante, l'individuo inutile, il ceffo che si metteva in mezzo e non concludeva nulla.

'li tib' t'mburie' erano il 'tempus temporum' il tempo primordiale, il tempo dei tempi. La notte dei tempi.

E molti altri che sarebbe bello ricordare.

18 novembre 2016
(Bruno)

- A parte il contenuto intrinseco della mail, cominciò Maurizio alla fine della lettura, che mi sembra abbastanza arguta nella parte relativa alla descrizione dell’idiomatismo nella lingua, sarebbe interessante indagare sulla personalità degli autori dei due intermezzi narrativi, che rispondono agli strani epiteti di Fulvio Di Ceretola e Pipino il Greve. Chiara vuoi interessarti tu di queste cose?
- Lo farei volentieri, ma credo che non sia necessario: è più che evidente che si tratta di nomi fittizi, inventati e lo sconosciuto autore del brano, ha voluto prenderci in giro. Farei invece qualche accertamento su questo misterioso “Bruno”, che ci ha lasciato una traccia nella menzione di quella zia Gina, che mi sembra di aver sentito nominare qualche altra volta.
- Fai come vuoi, concluse Maurizio, che ormai aveva preso stabilmente la direzione del gruppo; Sebastiano, Matteo, Pancrazio, avete altro da aggiungere? Nooo?! Allora vorrei assegnare un compito a ciascuno di voi. Sebastiano la prossima volta ci illustrerà la parola “Sacripante” e Matteo “Satanasso”, sono curioso di sapere cosa esce fuori se le mettiamo insieme. Pancrazio approfondirà il significato della mail che ci ha letto e ci dirà come potremo utilizzarla per il nostro dizionario. Intesi?

Nessuna risposta.

- Dichiaro chiusa la seduta.

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