FENOMENO

Può accadere allo Zibaldino che uno si metta a parlare e subito tre o quattro gli si fanno intorno per ascoltare ed eventualmente dire la sua (al singolare perché – se parlano - lo fanno uno per volta, altrimenti si dovrebbe dire ‘la loro’). Non come Gesù, intendiamoci, che oltre ai dodici apostoli, radunava sempre un sacco di gente che faceva la ressa per ascoltarlo e anche per metterlo in difficoltà facendogli domande impertinenti, tornando a casa con le pive nel sacco o rimanendo lì con un palmo di naso, per le risposte fulminanti che Lui dava loro (questa volta sono in gruppo). Da noi cosette da poco conto e pochi rischi di vedersi clamorosamente messo alla berlina per averla detta grossa.

E quindi accadde una volta che un tale – si era al Bar dell’Olmo, nella sala sul retro – all’improvviso disse:

- Voglio parlare del fenomeno.
- Di chi? – chiese subito un altro.
- Come di chi? - ribattè stizzito il primo – del “noumeno”.

Silenzio e sconcerto nella sala. Tutti si guardavano l’un l’altro e qualcuno anche fuori della porta, per vedere se c’era qualcuno in arrivo. Niente.

In quel momento il telefonino di Maurizio iniziò ad agitarsi in tasca, annunziando una chiamata in arrivo.

- Qua è successo un fenomeno – disse qualcuno concitatamente all’orecchio già abbastanza sbalordito di Maurizio. “Oggi è giornata” – pensò.
- Che fenomeno? Ma anzi prima chi sei? – chiese.
- Il mio nome non conta – fu la risposta laconica – E’ successo che anche io vorrei parlare di Fenomeni, ma non lo farei mai in pubblico, perché mi vergogno; perciò se per cortesia puoi mettere in Vivavoce il tuo telefono, io posso ascoltare quello che dice mio fratello gemello e voi potete ascoltare quello che risponderò io.
- Ehi, amico – disse allora Maurizio al tizio che si accingeva a parlare. – C’è qui uno che dice di essere tuo fratello gemello e vuole fare un dibattito con noi, in contraddittorio, a mezzo telefono.
- Mio fratello è un tipo molto originale – rispose l’interpellato – sentiamo cosa ha da dire.

Maurizio toccò l’icona del vivavoce sul suo telefono e lo spazio si allargò includendo anche quello dell’altro capo del filo (che non c’era, ma si dice sempre così).

- Giacomino, sei te? – è la voce del gemello presente in sala.
- Sono io, Pasquale. Vorrei dirvi cosa è successo questa sera.
- Parla ti ascoltiamo.
- Era da poco tramontato il sole, ad occidente, quando da oriente si è verificato uno strano fenomeno: il cielo ha cominciato a colorarsi, come fosse l’alba. Sull’orizzonte piatto del mare, di sono levati, da un punto centrale, fasci di luce divergenti, come se da lì dovesse da un momento all’altro, spuntare di nuovo il sole, di cui si vedevano dalla parte opposta, dietro le montagne gli ultimi barbagli nel cielo del crepuscolo.
- C’era qualcuno con te? Quant’è durato?
- Eravamo in diversi a meravigliarci; nessuno di noi aveva visto mai qualcosa del genere. Il fenomeno diventava via via più appariscente, mano a mano che scendevano le tenebre. E’ durato una buona mezz’ora, poi, poco alla volta si è dissolto e tutto è tornato normale.
- Hai delle foto? Mandamele che ne faremo degli ingrandimenti.

Poco dopo nella sala, tutti si passavano di mano in mano il telefono di Pasquale, per ammirare lo strano fenomeno che appariva esattamente come lo aveva descritto il suddetto Giacomino.

6 Settembre 2013 ore 18:41 (la foto è di mamma)

- Questo è uno dei modi di intendere il fenomeno – cominciò a dire allora Pasquale – come fatto straordinario e inspiegabile, che avviene sotto i nostri occhi, di cui vediamo l’effetto, senza avere conoscenza della causa che lo ha generato. Sotto questo aspetto, il concetto di fenomeno si applica a fatti, oggetti o anche a persone, come quando dico, per esempio, “Tuo fratello è un fenomeno!”, che può significare tutto e niente: può voler dire che egli è eccezionalmente bravo in qualcosa, o buono, o intelligente, come pure che gli manca una rotella.
- Ma sempre di qualcosa che si presenta fuori dell’ordinario si tratta – si sentì gracchiare dal vivavoce del telefonino.
- Certo – interloquì Chiara con un po’ d’impazienza – ma quale è l’uso più comune della parola “Fenomeno”?
- L’uso più frequente è quello che se ne è fatto in ambito filosofico, Dai greci, Parmenide...
- Scusa, Pasquale – intervenne Maurizio – hai detto la parola sbagliata. Tutto quanto è filosofia in questo circolo è materia per il nostro amico Valter, che questa sera è assente, quindi ti prego di soprassedere su questo argomento, rinviandolo a quando potremo avvalerci della sua consulenza, se hai altri aspetti di questa parola da sottoporre alla nostra attenzione, invece, fai pure.
- ‘Mbè, in effetti, non avevo la minima intenzione di invadere quel campo, ma certo ho dell’altro al mio attivo e ve lo dimostrerò.
- Lascia perdere, Pasquà – uscì ancora dal timbro metallico del telefonino – il resto so’ cazzate, che ti metti a dire?
- Fenomeno deriva dal greco "fainomenon", che è il sostantivo derivato dal verbo "Faìnomai", che vuol dire "Apparire". Quindi è fenomeno tutto ciò che accade e cade sotto i nostri sensi, può essere un oggetto, un pensiero, un sentimento, o un evento. Anche in ambito religioso si hanno fenomeni, come la Pentecoste, che è la discesa dello Sprito Santo, o la Trasfigurazione di Gesù.

Vedendo che il discorso stava prendendo una piega troppo particolare, Maurizio decise che per il momento era sufficiente quanto già detto.

- Forse è il caso che rimandiamo il seguito ad una prossima seduta – prese la palla al balzo ed interruppe anche la comunicazione col telefono – io intanto prendo contatto con un astronomo del nostro Osservatorio per chiedere se c’è una spiegazione al fenomeno dell’aurora crepuscolare che ci ha prospettato Giacomino, sul quale spero di potervi riferire in quella occasione. Grazie e buona giornata a tutti.


Qualcuno accennò timidamente a battere le mani, ma fu subito sopraffatto dalle voci di protesta degli altri.

Commenti

  1. (2° parte)

    Andarono via un po’ alla spicciolata. Li guardarono uscire l’uno dietro l’altro, con l’aspetto tra il disorientato e l’assorto, come persone lontane dal reale e dal concreto. Il barista rilevava che non avevano neppure consumato. Li aveva visti sedersi, accendersi in discorsi che dalla sua prospettiva non era riuscito ad afferrare ed ora sgattaiolare via. Le due ragazze che occupavano il tavolo in fondo, nel locale sul retro, avevano osservato con scetticismo quella riunione.
    Due sgallettate, le avrebbero definite loro.
    “L’hai visiti quelli, che fenomeni? L’aurora crepuscolare! Ma che si erano fumati!”. Buttarono giù l’ultimo sorso di spriz, poi Marta raccolse velocemente gli oggetti sparsi sul tavolo e, tirando l’altra per la mano, disse “Muoviti”.
    Metà della sua chioma, liscia e tagliata di netto all’altezza del mento, era di colore rosso acceso e si infiammò di luce mentre attraversavano l’assolata Piazza Martiri. L’altra metà era nera come le penne dei corvi.
    Marta aveva un passo deciso, l’altra la seguiva senza fare domande, la intrigava non capire cosa le passasse per la testa, i loro pomeriggi non offrivano spesso emozioni a sorpresa.
    Percorrendo strade laterali, arrivarono ai margini del centro storico. Marta entrò in un portone semiaperto, con il fare di chi conosceva bene la strada. Salirono le scale di un edificio in abbandono fino al primo piano ed entrarono in un appartamento, attraverso la porta d’ingresso appena accostata. A terra solo detriti, poca luce filtrava dalle imposte chiuse. Si aggirarono nella penombra delle stanze vuote, ognuna per conto proprio, attente a non fare rumore e si ritrovarono assieme nella stanza in fondo, dove Marta avvicinandosi ad una parete disse: “Un giorno ho scritto questa frase sul muro e qualcuno, che poi è passato di qui, l’ha commentata lasciando un suo pensiero. Ora, ogni volta che vengo in questa casa, aggiungo qualcosa e sono certa che leggerò il seguito al mio ritorno”.
    La luce del sole, ormai bassa al tramonto, rimbalzò sull'orlo della finestra senza vetri, un bagliore percorse dal basso verso l'alto lo spazio che separava due sconnessi scuri in legno, accostati alla meno peggio. Tagliò in due la stanza come una lama, fece brillare ogni granello di polvere sospeso in aria e, sul muro opposto alla finestra, illuminò quel componimento a due mani, e l'ultima frase, che Marta lesse con stupore: “Credi nei fenomeni? Ieri sera ero qui e ho visto da questa stanza il tramonto, mentre una luce rosata sorgeva come un’alba, dalla finestra opposta, nella camera dirimpetto. Per una buona mezz’ora la luce di due soli si è incontrata qui dentro e ha riempito le stanze vuote”. Poco più in basso, ancora una scritta “Forse, un giorno …”. Lei aggiunse “… e sarà un'aurora crepuscolare“.
    Nella penombra le due ragazze scivolarono silenziose verso l'uscita.
    “Un fenomeno è qualcosa di straordinario, non per forza di inspiegabile” disse Marta.
    “Inspiegabile è che non vi siate mai incontrati, tu e quel tipo delle scritte sul muro. Avete riempito una parete!”. Poi aggiunse “Perché, tu riesci a spiegarti quella luce rosata? Anche al bar ne parlavano …”
    “No, quella no …” disse. Poi, quasi parlando a se stessa, “Un fenomeno è anche un evento capace di imporsi all’attenzione collettiva, come un movimento di massa. Immagina se d’un tratto ogni barbone di questa città occupasse le case abbandonate, mandate in rovina dall’incuria dell’amministrazione”. Rimase in silenzio per un po’, poi aggiunse “Io e lui ci aggiriamo lì da mesi, come ombre silenziose ci muoviamo in quelle stanze, senza mai esserci incontrati. Ma vivremo lì un giorno”.
    “Si, certo! Due fenomeni!” disse l’altra ridendo, “Sei tutta matta! Ci vediamo domani” e si allontanò.

    Anche questo può accadere nello Zibaldino, che uno scriva una storia e quella, lasciata lì, si incammini in qualche direzione, sospinta da un nuovo vento, altrove.

    (Vael)

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  2. E che vento, ragazzi! Quello che speravo fin dall'inizio, è avvenuto! Un foglio, una storia, cadono per terra ed una mano, un vento li raccoglie e li solleva verso altre direzioni. E' bello questo interloquire, pensare , fantasticare. Quando poi viene fatto col garbo e con la grazia di questo "Anonimo"( Vael), si può dire che lo scopo sia stato raggiunto in pieno.
    Grazie, vento e seguita a soffiare.

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