CORRIVO

- Non sarò certo io a riformare la lingua italiana, ma del “corrivo” avevo un’idea diversa.

Maurizio era piuttosto contrariato per il fatto che Matteo, a proposito delle discussioni, chiacchierate aveva detto lui, pubblicate sullo Zibaldino, aveva affermato che il suo modo di argomentare, era troppo corrivo nei giudizi, avventato nelle ipotesi e fantasioso nelle conclusioni.



- Passi per l’avventato, lasciamo correre quanto alle conclusioni secondo te fantasiose, ma corrivo, no, non l’accetto. – Questa era stata la sua reazione.

- Volevo solo dire che corri troppo con la fantasia, dando a volte interpretazioni avventate e comunque personalistiche. Non intendevo offenderti.

Chiara aveva capito che il suo amico, per un peccato di orgoglio, aveva male interpretato le parole di Matteo ed allora cercò di intervenire, per moderarne i toni ed evitargli così una brutta figura.

- Abbiamo detto fin dall’inizio - esordì disinvoltamente - che questa non è una palestra dove si allenano i campioni olimpionici, ma uno spazio per esprimere pareri, liberi a costo di forzare i margini di una corretta esegesi, secondo il modo di sentire di ognuno di noi. Quello che a te, Matteo può sembrare affrettato, superficiale, è un nostro modo, un po' semplice, un po' corsaro, di esplorare le cose intorno a noi, forse a volte, e qui posso anche darti ragione, uscendo fuori dal seminato, per una nostra vocazione endemica al particolarismo, con la speranza, che può essere una pretesa, velleitaria fin che vuoi, di illuminare zone di senso del discorso, che a parer nostro si prestano ad interpretazioni ulteriori.

- Niente più di quanto tu hai appena detto, intendevo affermare con la mia dichiarazione, visto che nessuno ha messo in dubbio la buona volontà e la capacità intuitiva del nostro amico Maurizio, al quale riconosciamo di essere l’animatore e primo sostenitore di questo ateneo della parola.

- Caro Matteo, - intervenne Maurizio che aveva immediatamente captato il messaggio inviatogli da Chiara con uno sguardo, ed afferrato la ciambella di salvataggio che lei gli aveva lanciato – questo nostro è un ring entro il quale tutto è consentito, tranne i colpi bassi, se si rimane nell’ambito del confronto amichevole e soprattutto giocoso. Il nostro è un gioco e tale deve restare.

- A volte usiamo parole grosse, - riprese Chiara – tu poco fa hai chiamato ‘ateneo’ il nostro circoletto, che in realtà, può essere paragonato tutt’al più ad un’osteria ‘solo-vino-e cucina'- di quelle con l'avviso ben in vista "qui non si bestemmia-non si sputa per terra e non si parla di politica" ; ma non lo facciamo per il gusto di esibire un’erudizione che non abbiamo, ma per prenderci in giro, bonariamente, fra di noi. Siamo coscienti dei nostri limiti. Se venisse qui un Umberto Eco, mentre discutiamo, altro che Gesù con le funi per mano contro i mercanti nel tempio, a calci nel sedere ci caccerebbe!

- Lasciamo perdere, Chiara – insorse Maurizio – e non esageriamo, alcune cose dette da noi non mi sembrano poi del tutto campate in aria! Ecco, è solo su questo ‘corrivo’ che non mi trovo d’accordo. Per me il corrivo è sì, il superficialone frivolo, il lassista, che corre, fa le cose in fretta, con trascuratezza, e passa sopra alle manchevolezze proprie e altrui, perché sa che anche lui agisce in modo raffazzonato e colpevole, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Ma nel corrivo io vedo anche molto di più: il corrivo è in ogni caso un personaggio negativo, in qualche modo abietto, sudicio, nell’animo se non nel corpo, c’è un’onta che pesa su di lui, difficile da riscattare, è un omertoso, è uno che chiude gli occhi anche di fronte all’infamia. Naturalmente è anche quello che sproloquia in maniera inopportuna ed insensata, infestando una conversazione per altri versi, seria.

- C’è del marcio in Danimarca? – disse ridendo Chiara – allora diciamo, corrivo come scurrile? E chi più ne ha più ne metta?

- Più che scurrile direi sconcio - seguitò imperterrito Maurizio senza tener conto dell’ironia fatta apertamente da Clara.

- Mi sembra esagerato – obiettò Matteo – corrivo è un aggettivo che si addice al momento, al fatto singolo, transitorio; non una qualità del carattere. Si può essere corrivi in una certa occasione, e rigorosi e attenti nelle altre.

Chiara era insofferente della piega che aveva preso la loro conversazione e cercò di indirizzarla su un altro binario.

- Non trovate - intervenne con decisione, - una qualche affinità, una strana assonanza con un’altra parola, quasi omologa, come ‘correo’? - Voleva riportare l’attenzione su temi collaterali, per rasserenare l’atmosfera e far cessare quello sproloquio di Maurizio che le sembrava sinceramente esagerato.

- Se il corrivo è il responsabile del misfatto, il correo ne è il complice – disse pronto Maurizio, prendendo la palla al balzo.

- Basta così – disse Chiara, a voce alta, con una certa autorità risentita – tutti fuori! Scendiamo al bar, vi offro l’aperitivo e guai a chi pronuncia ancora una volta la parola ‘corrivo’.

Uscirono ridendo e per le scale fu un allegro risuonare di voci e passi affrettati. Entrati che furono nel bar, prima la ragazza, poi Matteo, ultimo Maurizio, il loro atteggiamento mutò ed essi assunsero l'aria di persone serie, quasi avvertissero sulle loro spalle, la responsabilità di aver portato a termine un'impresa, reduci da una contesa, nella quale ciascuno aveva piantato i suoi paletti ed era soddisfatto del risultato ottenuto. Ed ora si concedevano agli altri, al pubblico, con compunta benevolenza. Avete presente la storiella di Dante che passeggiava, assorto e presente nello stesso tempo agli astanti, con un ciuffo di capelli rossicci che spuntava dal suo complicato copricapo, e i poveri mortali a guardarlo ammirati, "Deve essere uscito adesso dall'Inferno, guarda, ha i capelli affiarati!". (1)

- Ciao Sebastiano - la voce squillante della ragazza risuonò alta nel brusio del bar, - servi ai signori quello che vogliono; per me un bitter.

- Subito, cara – rispose Sebastiano, facendo volteggiare in aria lo sheiker e riprendendolo al volo con mossa molto professionale - Bitter per tutti?

- Col cavolo, - sbottò Matteo. – Per me una bicicletta… Cos'èeee? Vergogna, non lo sai. Un Campari con l’aggiunta di un mezzo bicchiere di prosecco ed uno spicchio di arancia.

- Per me un Bianco Sarti, - azzardò Maurizio - quello dell’ispettore...come si chiamava? 'mbè, tal dei tali, con il trench e la testa pelata, ve lo ricordate? L'aperitivo forte per...

- Quell'ispettore lì, l’abbiamo perso di vista intorno agli anni '70, e se ne sono perse le tracce. Spiacente. Devi scegliere Qualcos'Altro

- Allora dammi un tandem, sai cos’ è, vero?

Pochi secondi di fermo immagine, sul volto tra il perplesso e l'enigmatico del barista, poi, dissolvenza e su schermo scuro, la scritta in bianco:

– The end –


(1) Affiarati, voce dialettale abruzzese, sta per 'bruciacchiati'. Dal Dizionario "Cappadociano-Italiano", "fiara" vuol dire fiamma. Dal latino "afflare" che significa "soffiare sul fuoco". Quindi i capelli di Dante sarebbero stati 'affiarati', perché lambiti dalle fiamme dell'Inferno.

Cappadocia è un comune dell'Aquilano, noto per aver dato il nome ad una sconosciuta regione dell' Asia Minore prima chiamata Anatolia. Erodoto ne parla, dicendo che sarebbe stata grande, quella Cappadocia là, molti secoli prima di Cristo, sotto gli Ittiti, i Persiani e i Turchi, ai tempi nientemeno che, di Dario, "pallido e scapigliato esso tiranno". Ma ritengo la fonte poco attendibile.

"Ah, Maurì, t'aviss ammattit'? Sti arcuntà na frec' d' papun'." "E mii che t' sti zitt!" All'unisono Chiara e Matteo.

L'azione riprende e Sebastiano alza il braccio e dall'alto, fa zampillare nei tre bicchieri precentemente messi in fila, il contenuto di tre bottigliette dai colori diversi.



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